Siccome stamattina sto poco bene devo sta a letto e un mi riesce di addoprà il pc dal letto perché so abituato al mio vecchio e grosso e con questi seghini piccini mi ci trovo male e mi si storge r collo, scrivo poco riferendo le conzegne dela mi nipote:
Monica ci s'ha ma la qualità video è piuttosto scadente comunque il filme si vede. Per non perde definizione meglio guardallo sul pc o su una televisione ma co schermo non troppo ampio.
Maddalena è a posto si vede bene anche su schermo grandissimo.
Il pezzo musicale che recuperiamo oggi e che oltre che qui si mette anche nela su cartella "bar Nado", nell' audioteca d'Esserino, lo dedicai ala mi Holly e allora glielo ridedico anche oggi. Averete bell e capito che si tratta del magnifico brano di Henry Mancini Munrive. Qui il Ciampi disponibile un l' avevo e la feci dammé col metronomo e la canzone in originale messa pianissimo in sottofondo. Colluilì sarebbe venuta meglio ma in que giorni doveva esse storto per quarcosa di suo ignoto all' umani.
Bona Giornata
Dante
Le recenzioni me l' ha lasciate pronte la mi nipote quindi le incollo e via. Ah dimenticavo, sono sempre prese da My movies integralmente perché citare le fonti è cosa bona e giusta. Le du pellicole saranno in cineteca dopo le dieci e mezzo perché ale 10 torna la mi nipote, pochissimo lavoro ormai.
In un caffè due giovani si incontrano, sono Monica e Henry, fanno entrambi i commessi, conducendo un'esistenza senza sorprese in una città portuale. Cominciano a frequentarsi e poi decidono di farsi licenziare per andare a vivere su un'isola, da soli, lontano da tutto e tutti. Finita l'estate, tornano a casa. Sposati in fretta perché in attesa di una figlioletta, vedranno presto il lento sfiorirsi del loro rapporto, specialmente per uno strano dolore esistenziale che lei non riesce ad esprimere.
Accolto da larga parte della critica come un lavoro minore all'interno dell'itinerario di Ingmar Bergman, Monica e il desiderio è poi diventato, soprattutto grazie ai "Cahiers du cinéma", il film più noto e celebrato del primo periodo del cineasta svedese. Al di là della celebre inquadratura in cui la protagonista fissa la macchina da presa, definita da Jean-Luc Godard come «il primo piano più triste della storia del cinema», siamo dalle parti di un'opera oltremodo sensibile e moderna, in grado di chiudere, in maniera esemplare, quella riflessione cominciata con i precedenti Un'estate d'amore e Donne in attesa. Scritto dal regista insieme a Per Anders Fogelström, autore del romanzo omonimo (Sommaren Med Monika, letteralmente L'estate con Monica), è un racconto esemplare e duro che si sviluppa intorno all'illusione nutrita dall'ingenuità, dalla giovinezza e dalla ribellione, condotto per scandagliare la rottura inevitabile che porta la conoscenza della maturità. Il pessimismo di Bergman tocca qui una delle sue vette: neanche l'amore in sé può nulla contro le maglie di un'esistenza per tutti oppressiva, contro un disagio che non può trovare certa definizione. Interprete magnifica, di superba e conturbate presenza scenica, è la ventenne Harriett Andersson, che diventerà una delle attrici cui Bergman ricorrerà più spesso nella sua carriera.
È il film per il quale Godard dichiarò l'autore svedese "cineasta dell'istante": «Un film di Bergman è, per così dire, un ventiquattresimo di secondo che si trasforma e si dilata per un'ora e mezza. È il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra due battiti di cuore, la gioia di vivere tra due battiti di mani» (Jean-Luc Godard, Il cinema è il cinema, Garzanti). A conferma di quanto i futuri registi della Nouvelle vague avessero amato Monica e il desiderio, in una sequenza di I quattrocento colpi, François Truffaut farà rubare al piccolo Antoine Doinel la foto della Handersson con le spalle scoperte.
Delusa e annoiata dalla vita grigia di commessa, Monica, che sogna un'evasione da fotoromanzo, la realizza finalmente unendosi ad Harry, commesso come lei e andando a vivere in piena libertà su un isolotto. Ma finita l'estate, venuto meno lo slancio del felice abbandono ai sensi e alla natura, i due si accorgono che la loro è stata una parentesi di illusione. Si sposano, ma riaffiorano il tran-tran e la delusione che Monica tenta invano di vincere con una relazione extramatrimoniale. Inevitabile la rottura.
Due proletari non ancora ventenni di Stoccolma passano un'estate nell'isoletta di Orno. Monika rimane incinta. Si sposano, ma lei lascia Harry solo con il figlioletto. L'inizio e la fine a Stoccolma sono deprimenti, all'insegna di un naturalismo tinto di nero, in linea con il romanzo di Anders Fogelström che l'ha sceneggiato con il regista. Conta la parte centrale sull'isola, fugace fase di transizione tra l'adolescenza e l'età adulta. Fece sensazione l'insolente sensualità della ventenne Andersson che nel finale tiene "il piano-sequenza più triste della storia del cinema" (J.-L. Godard). Diventerà con 9 film, ex aequo con Liv Ullman, una delle attrici preferite di Bergman, dopo Bibi Andersson (11 film). Distribuito in Italia nel '61 e scoperto in Francia nel '58.
Maria di Magdala è una fervente religiosa che fatica all'idea di doversi sposare. Poco accettata nella sua famiglia patriarcale, abbandonerà quest'ultima per seguire Gesù di Nazareth e farsi apostola tra gli apostoli accanto a lui. Imparerà il significato dell'amore e sceglierà di soccorrere gli oppressi, aprendo al dialogo con le donne e all'accoglienza degli ultimi.
Una figura rivoluzionaria, quella su cui ha scelto di soffermarsi il regista Garth Davis. Una donna che sceglie con forza di non volersi adeguare, nè cedere ai ricatti patriarcali, e di voler essere padrona del suo destino.
Maria di Magdala - perfettamente interpretata da una Rooney Mara in stato di grazia, capace di rendere tutta la gamma espressiva ed emotiva di una donna passata alla storia - è il perno vivo attorno a cui ruota la narrazione. Una narrazione inaspettatamente suggestiva e avvincente, capace di rendere emozionante, commovente e nuova la trama più risaputa della storia.
Prima il focus sulla violenza della vocazione di Maddalena, con tutta l'incapacità a resistere alla silenziosa chiamata di Gesù. Poi il suo ardore femminista in un tempo in cui non era concesso alle donne neanche concepirsi come proprietà di se stesse e non dei padri, quindi la devozione assoluta di una donna che si fa povera tra i poveri e macina chilometri pur di dare da bere agli assetati e diffondere, più che messaggi, veri atti di amore.
Ad interpretare il Messia troviamo quel Joaquin Phoenix per cui ogni aggettivo è ormai superfluo: continua a collezionare performance incredibili, qui mostra un talento raro nell'incarnare l'umanità dirompente di chi si rende conto che sta per 'morire'. Lo incontriamo nella fase finale, quella della consapevolezza e del tormento, ma anche della convinzione e della fede estrema. Come estremi sono i sentimenti descritti ed espressi nel film. Estremo è l'amore che mette in scena, così alto e nobile da svincolarsi da ogni traccia di interesse terreno.
E chi lo sa? Forse uno diverso forse più di uno. Per quanto ti affanni la psiche femminile è troppo complessa. bei films comunque e ottimo il pezzo di Mancini. Vai avanti così che vai bene ma riguardati per la salute. Fino a Natale niente barca, motorini e simili.
RispondiEliminaBacioni Patty
Ah mi pare che ti sia scordato il commento redazionale col quale iniziate spero di non essermi frapposta
RispondiEliminaPatty