lunedì 27 settembre 2021

fatevi i gatti vostri 1888 speciale 2. Settembre " Ner padule de ricordi "

Ci fu un un tempo, nela prima metà dell' anni Settanta, in cui io, come avrete ormai ben saputo da altri miei scritti su questo blogghe, vissi una lunga parentesi fiorentina. Fu quello un periodo durante il quale  co Dino si stiede meno appiccicati, voi perché bona parte del nostro tempo libero era mpegnato a raccattare l' immensa quantità di topa che c'era a giro, voi perché il Ciampino andava avanti co su studi di conservatorio e siccome pe lui se i conservatori italiani son generalmente boni, il Mascagni di Livorno era quarcosa ar di sopra dele nuvole. Così appena aveva du menuti liberi montava sur treno e tornava a casa. Io no, a casa un ci tornavo guasi mai. Ir mi babbo passava un discreto periodo di crisi col lavoro e quando pur di non restà a studià a Pisa avevo scerto Firenze m' aveva detto: "Dantino io nele tu scerte un ci voglio entrà, Pisa uné che mi stia simpatica ma ci s'arriva anche cola lambretta, studià a Firenze vole dì trovà armeno un posto letto e mangià fori tutti i giorni. Te li se fatti du conti te costì?"

Gli risposi che ce l' avrei fatta bene da solo ma  che avrei dovuto fammi lo stato di famiglia per conto mio per esse sicuro di piglià il presalario. Una sorta di aiuto elargito dall' Opera Universitaria che, all' epoca, conzisteva in 500mila lire annue di cui mezze in soldi e mezze in boni libro. Io i libri li comprai sempre usati e spesso ne feci anche a meno arrangiandomi a cercare i testi in biblioteca.  Tutti i miei  boni libro li scambiavo coi boni menza appartenenti a parecchi studenti che avevan diritto ala menza gratisse, pel fatto che potevan dichiarare un basso reddito ma che un ce la facevano a sta in pari coll' esami per aggiudicassi il presalario. Avevo trovato una coppia di napoletani, ragazzo e ragazza,  che in cambio dele 250 mila lire mi davano boni pasto per un valore equivalente. Lorodue studiavano sui medesimi libri e poi appena fatto l' esame li rivendevano recuperando un bel po'. I boni menza me li davano prendendone metà ciascuno dai loro. Poi, quando andavano a mangià, riescivano a faccela cor un bono solo perché lei, che aveva du occi verdi che sdraiavano solo a sbircialli, quando passava davanti al banco dela pasta e dela carne guardava l' inserviente con fare da gatta e diceva " datemene  assai, se potete, perché tengo un amica mia che non si può permettere la mensa". Figuratevi se un gli riempivano una scodella! Ar massimo quarcheduno un po' più arzillo gli domandava se la su amica fosse bona come lei ricevendo la prevedibile risposta: "meglio assai, meglio assai". Barcamenandomi così,  un chiesi mai neppure un centesimo a casa ma un fu per niente semplice. Assolto il problema libri e pancia, dovevo pagà l' affitto, la luce, r gasse, l' acqua, mettemi quarcosa addosso da vestì ed avé un minimo d' argian de posce pe poté sortì con quarche ragazza e magari portalla al cinema all' Universale o a ballà all' Auditorium Flog al Poggetto.  Lavori ne trovavo a bizzeffe, ero giovane e avevo forza da buttà via. La mattina ale tre, sarebbe guasi meglio dì la notte, a quei tempi, si poteva ancora andà fori der mercato ortofrutticolo di Novoli e c'era sempre da aiutà a scaricà quarche camio rimediando un po' di sordi e restando liberi già all' otto di mattina. Era quer che ci voleva per poté andà a seguì le lezioni in Piazza Brunelleschi. Volavo in bici fino all' aule di Lettere ma, quando arrivavo, di solito m' addormentavo e facevo il semplice atto di presenza pe avé la firma sul libretto o perchè la mi faccia fosse abbastanza conosciuta al professore ar momento dell' esame. Ci girava poi un ber campionario femminile e io, co la solfa che ero uno studente operaio, avevo un ottima entratura per chiedere loro  dell' appunti o infilammi in qualche gruppo di studio. Avevo la barba, i baffi e i capelli che m'arrivavano un pezzo in giù pe la schiena e, anche se un' ero propio un adone di fattezze, quer pelo n testa sommato a na bona stazza fisica mi bastavano pe avè la mi parte di paradiso. Dino ricordando qull' anni coniò una volta una espressione sintetica che riassumeva come andavano le cose: "L' anni in cui un si doveva chiede nulla". E' vero, bastava sta lì e ala fine t'arrivava addosso quarche dono der celo incartato magari in una gonna lunga che sembrava fatta cole tende dela mi mamma e un un gilettino da omo. Le ragazze un sembravan tante aspiranti veline o aspiranti tegami come ora. Il rossetto se lo davano in poche e la minigonna un se la mettavano più. Il viso di solito era privo di trucchi e l' unica concessione era a qualche treccia o a quarche scignonne. A me mi garbavano così: quando potevì vedé le cose ar naturale. Ormai avevo passato l' età in cui mi attiravano r culo le zampe e le poppe, probabilmente mi sentivo pronto per quarcosa di più serio e scimmiottando il Ciampi ala ricerca dela sintesi direi che quella fu: la stagione dell' occhi e deli sguardi. Se da un lato le donne avevano messo all' indice tutto quello che poteva sembrare mercificazione del corpo o asservimento alla cultura maschilista dela donna oggetto, d'altro canto erano state nvestite da na ventata di libertà e d'indipendenza per cui un serviva più un fidanzato anche pro tempore pe confrontassi coll' altro sesso. Ragion per cui se non eri classificato come stronzo maschio sciovinista eri ammesso ner paradiso terrestre dove le ragazze un avevano problemi a fa r bagno gnude in ogni specchio d'acqua che si prestasse a ciò e nemmeno a infilassi ner tu sacco a pelo dentro a na tenda piccina che a fatica ci si respirava. Capii presto che quer paradiso aveva un prezzo. Non era possibile goderne appieno se si lavorava di notte e così smessi d'andare a scaricare al mercato e m'arrangiai in mille altri modi che un vi racconto perché son certo d' avevveli digià raccontati. Vi dico invece di un posto magico che una mia compagna di università aveva fatto conosce al nostro gruppo e che fu scenario di bellissime giornate tra la natura. Leilì abitava a Firenze ma era nata a Campi Bisenzio e un giorno, che s'aveva in mente una cena per festeggiare l' esame di antropologia culturale ,che era andato bene a tutti, ci disse: " vicino a dove abitavo anni fa, c'è un padule bellissimo, 


pericoloso nel periodo di caccia ma ora un ci dovrebbe esse guasi nessuno. In de punti  che so io ci si pole fa il bagno e se si mette le tende un ci rompe le palle nessuno. Almeno ci si leva da queste serate in Santo Spirito che sono sì carine ma ala fine rompano anche un po'."

Io allora lavoravo da Sergione, un fabbro in via De' Serragli. Mi permetteva di fare mezza giornata di pomeriggio, così la mattina andavo a scuola. Il mio compito era di andare a caricare e scaricare nell' officina il ferro che trasportavo cor un vecchio camioncino. S'era di venerdì e gli chiesi  se potevo tenere il camioncino per fare un piccolo trasloco nel fine settimana, quando la bottega era chiusa.  Avuto il permesso caricai tutta la banda di amici e amiche co zaini e tende  dentro al camio e, seguendo l' indicazioni di Rènni (che ar secolo si chiamava Serenella ma siccome gli faceva schifo  lo aveva scorciato così) s'arrivò ar Padule di Focognano che conta di 4 o 5 bacini lacustri 

che si estendano fra i comuni di Campi Bisenzio e Firenze. Non fu un revve come quei casini che fanno oggi e a parte quarche spinello un ci corzero altre droghe, nessuno morì o si sentì male e l' uniche musiche furon la chitarra di Dino, che pell' occasione restò a Firenze,  la mi armonica e, di notte, parecchi mugolii e qualche bercio che sortivano dale tende.  Nessuno però ci faceva caso, tanto meno noialtri che s'era mpegnati nela gestione  dela nostra...di tenda.

Si  mangiò dunque,  si dormì si fece ir bagno e tutte quell' altre cose che era normale ci scappassero in quer contesto.

Poi sta piccola dolcissima parentesi dela mi gioventù sparì ingollata nel padule del tempo e nela melma de troppi ricordi e difatti un l' avo più rammentata né a veglia ne in quarcheduna di queste mi melenze rievocazioni bloggali.

Poi ieri, mentre co Holly si girava pe un mercatino  di roba usata a Venezia, vedo un signore con barba bianca che aveva esposto una diecina di quadri.

Li guardo, li riguardo e Holly mi fa: "Sono carini peccato che ormai  abbiamo la casa piena di cavalli di Teo Russo

"Boia dè -replico- per forza son carini lo vedi che sono quadri toscani?"

"Ecco il solito sottutto -mi dice lei- come farai mai a capirlo? Sono campagne che potrebbero essere anche venete o lombarde"

"Boia Holly ma un lo vedi che accosto a ogni case c'è un cipresso o due o vialetti di cipressi. Qui li trovi ne cimiteri i cipressi."

"E poi questo- continuai- mi pare mi pare...." e rigiravo un quadro cor uno stile ala neo macchiaiola che mi portava la mente a ripassare tante immagini archiviate "questo- ho seguitato- mi pare un posto indove so stato tantissimi anni fa"




"Mahahah! A me pare una barena veneta".

"Holly questa un è una barena! Se un so rimbecillito der tutto per me è un padule" e mentre dicevo ste parole il venditore che mi aveva sentito si è avvicinato dicendo:

"Ha buon occhio il signore li avevo comperati ad un asta a Firenze, anni fa" poi ha rigirato il quadro l' ultimo che avevo esaminato e m'è preso un corpo



A Holly gli ho detto solo che  a Campi c'andavo a caricare il ferro. A volte a indugià su ricordi c'è il rischio di falla impermalì e poi del resto anche lei c'avrà i sua da ricordassi senza bisogno de mia. Ovvio che il quadro ora è a casa nostra.


Dante


mercoledì 22 settembre 2021

fatevi i gatti vostri n. 1887 speciale settembre "na vorta ar mese e Mattia fece le spese"

Na cavarcata ar giorno, diceva la mi zia, ti caverà di torno 'gni malinconia

Bisse in Ebdomada dicevano i greci e da loro mutuò la scuola Salernitana co le su "due  ala settimana", ma quando Alvaro alla su sposa Agnese disse: na vorta ar mese armeno la vorrei, le pronta lo riprese, questi son cazzi miei, modera le pretese e datti na carmata cara la mi caata, te e la tu vorta ar mese.

Nzomma si parlava di frequenza dei post, come averete senza dubbio capito. E allora siccome l' autunno è arrivato e io. che dopo tanto sfoggio di ciccia ho riposto le cosce ne carzoni lunghi, alternandoli, quarche volta, ala sottana corta, mi faccio obbligo di raccontavvi varche cosellina di noialtri perché se è assiomaticamente vero che il nostro blogghe unnè morto, bisognerà anche tenello n vita! O no?

Eccovi allora le Bone Nove:

Coll' incassi dell' estate siamo riesciti a tené a galla il barre e si sono messi a recupero 15000 euri per ripianare i cinquantamila avuti dalla SA Svizzera. Che poi si farebbe prima a dì da Costanza ma lei s'offenderebbe di brutto se si mettesse anche menomamente  in discussione la su creatura gestionale.

Ir mi babbo è contento e mentre prima un faceva altro che parlà di riposassi e di andà in penzione ora ha cambiato musica e dice che tutto sommato stiantà ala macchina der caffè un gli dispiacerebbe punto. La mi mamma, quando lo sente dì così, di ribotta, lo manda n culo. Non perché gli piacerebbe stassene a casa ma una gita for d'Italia purché un sia a Lurdesse la farebbe volentieri, ma vorta ogni tanto. 

E ora eccovi le Nove così così ma abbastanza buffe da rideci:

Ir mi fratello Riccardo, ir Tafano, a seguito d' uno scazzo settembrino, proprio dei primi, s'è lasciato co Valentina e anche Il Mosca, r più piccino de due, ha leticato con Camilla, la sorellina di Samatta, ma in maniera meno grave mentre la rottura di Rik cola tatuata pare nsanabile anche perché su quer culo che ha fatto sognà Livorno per anni ci si so buttati tanti di que pretendenti che parevano mosche su na merda fresca e il rimpiazzo der fratellino è  stato così  rapido da farmi dubitare che ne fossero state gettate le fondamenta già  da tempo. Ora leilí sta co Mattia, che gestisce na palestra e sembra l' abbino gonfiato cor compressore da quanto è grosso. Nel su palmaresse sportivo brucia però una terribile doppia sconfitta a Braccio di Ferro subita proprio qui al barre. 


Ma mica co Dantino! Come potreste penzà voi tutti. Macchè....! E' co  George, il semi fidanzato di Daria, che ha perzo sto omaccione, che quando camina gli stanno i bracci arzati da quanto è pompato. Ora intendiamoci George un' è che sia proprio na mezza sega, a su tempi era n' istruttore de Marinze americani e faceva le flessioni cor una mano sola ma ora se gli fanno n' ecografia ar fegato  e si vedano l' etichette nere der Jek Danielse e paragonato a Dantino a Don Luigi e a Uliano un si pole di che a braccio di ferro sia il vessillifero der Bar Nado. Difatti il tórzolo, pe la vergogna, un' è più venuto neppure a beve ir caffe. L' episodio risale ala metà d'agosto quando il ragazzone venne ar barre nzieme ad amici e amiche fra le quali c'era anche la sorella maggiore di Valentina, belloccia e tatuata anche lei ma meno vampe dela sorella più piccina. Ir mi babbo, che per piglià pel culo la gente ha na predisposizione naturale, gli fece ir caffè nela tazza der cappuccino e gli disse " Bada Còcco te l' ho fatto in questa bella grossa come te, armeno un certo sforzo pe alzalla lo devi fa sennò co quella normale un ci trovi nemmeno gusto
".

Mattia (l' omone si chiama così) messe le mani sotto all' incavo der bancone e lo smosse in arto facendo trillare tutte le tazzine e aggiunse sogghignando: "Io le tu tazze l' arzo cor banco e tutto".

"Intanto, bischero che nsei altro, m' hai scollato la modanatura" replicò  Ampelio  " Eppoi- seguitò-  mi sarebbe garbato vedetti a fa braccio di ferro con Don Luigi o co Uliano."

"Siee o a fa la lotta coi leoni der Colosseo o a buttà giù r tempio come Sansone ma com'è che i vostri eroi so sempre tutti morti?"

"Ci fosse qui r su figliolo, d' Uliano, replicò r mi babbo abbasseresti la cresta ma se un avessi l' ernia ala cervicale ti darei del filo da torce anch'io".

"Du morti, un latitante e n' invalido hai qualche altro campione in questo cesso di barre?"

 "Ehi Palleii ci li hai ciento dolari da buttarei  via?" Si sentì dire da na voce n fondo al barre.

"Da buttà via? semmai da raddoppialli chi è che s' è fatto sta pera di coraggio, n mercenario straniero?"

S'alzo George, alto e robusto anche lui ma con una pancia in odore da ascite da arcole . In compenzo aveva  una manica tirata su che mostrava un braccio asciutto e nodoso come il tronco di un albero.

Messisi ar tavolino la pratica durò pochino, Mattia aveva il bicipite e l' avambraccio enormi e pintava che pareva si dovesse cacà addosso da un momento all' altro pelo sordo. George opponeva una resistenza all' apparenza passiva ma che non permetteva all' opponente di guadagnare un centimetro in più di quanto gli avesse concesso nella fase iniziale. Alla prima bestemmia di Mattia il buon Dalton prencipiò a recuperare la verticale e poi come una pressa stese l avambraccio dell' altro fino a fagli toccare il piano der tavolino.

Ormai stremato dalla prima prova e reso poco lucido dalla rabbia, il gigante non ebbe sorte  migliore nella rivincita. 

Signorilmente George evitò di sfotterlo e disse semplicemente: "whiskey per tutti Ampelio, il miglior bourbon che hai, paga il signorei."

Pare che ir mi fratello, sta storia l' abbia raccontata a Vale, irridendo il palestrato omaccione ma Vale, che ha una quota della palestra di Mattia, ha preso in maniera così decisa le difese del socio che alla fine ir mi fratello ci s' è incazzato. Non credo che scazzi simili guastino coppie solide a meno che un ci sian già segni di sgretolamento a monte. Non so il seguito, un se ne parla fatto sta che, lapidario, il Tafanino mi ha detto "Con Vale oramai pratica archiviata, tanto più che ora sorte co Mattia". Poi ha fatto la cosa più imbecille che poteva fare. Ricordandosi che Dani aveva un debole per lui, ha preso la macchina ed è andato a Venezia. Questa però è nantra storia e merita d'esse raccontata in altro poste.

Un abbraccio a Tutti

Zanza 

di seguito du note a proposito del somigliantissimo Popeye ritratto nella foto che ho inserito poco sopra, nel post.

Forse non tutti sanno che Popeye (Braccio di Ferro) è esistito veramente. Frank “Rocky” Fiegel, ispirò il personaggio di Popeye. Era un marinaio polacco, emigrato in Illinois negli Stati Uniti, che era sempre coinvolto in combattimenti e scorribande. Frank era anche noto per la sua forza fuori dal comune. Batteva avversari molto più grandi di lui al punto che a volte non si alzavano da terra quando li colpiva con un uppercut. Viene anche ricordato per il suo buon cuore e affetto verso i bambini. Il fumettista Elzie Crisler Segar era vicino a Frank e ha creato il personaggio Popeye nel 1919 per un fumetto comico del New York Journal ispirandosi al suo amico.  Frank aveva un occhio più grande dell’altro, quindi il fumettista battezzò il personaggio “Pop-Eye” che in inglese è il nome di una malattia che colpisce alcuni pesci lasciandoli con un occhio più grande dell’altro. La lattina di spinaci che dà forza al marinaio esisteva anche nella vita reale ed era lo spuntino di Frank durante la pausa di lavoro al porto. Olivia Oyl è stata ispirata a una vera donna di nome Dora Paskel, mentre Bruto è stato ispirato a un ragazzo molto forte che arrivò al porto dove si trovava Franz “Rocky” Fiegel e combatté contro di lui. Frank – Popeye, ovviamente, vinse l’incontro.