venerdì 30 aprile 2021

fatevi i gatti vostri 1825 " Un Gato Mamone Maremano a Venessia "

Vulite vui metere un upo manaro mericano allondra ad cumfronto cula terificante presentia et potenzia del Gato Mamone? Io aveva nasciuto indela cita de Fulonica que istà indela mamrema tusciana. Unque puoto ad plenio titulo ciamarme  Gato Maremano que erat una rassa de gato toctona cun dimenzione colporea magiore de onni gatto cumune tagliano.




 Pre sempio Ema erat una gata asai bien faciuta, arta de sanpa e cun peso curporeo quasi de cincue chilamenti.

Idem diciase pe gata Alicia, anca dita Cicia, que ava culum plù grando que Ema et sanpe minu onghe et imenza pelicia et cauda inpelosisima. Sendo anca esa de pesamento din torno de cincue chilamenti,que indui gate favano diese. Ese Gate sendo dulte et cum svilupasione cumpletata potensi diciere duie bele gate no obstante que ese erino meno dela meza partissione delo Gato Balena. Et anca valiscie pe lo Gato Serino sendo eso istato de iguale nancimento dimé, erat  eso unque invita gato maremano rivante ad ultra oto chilamenti. Cuando esa mama lumana ciava purtati indela suia cità de Venessia et nos ava istati viduti de cuesti puverisimi gati ischiletrici que ci avano cuì indela guna ,  tuti subbito avan  dito: Balena Dogie! Balena Dogie Serenisimo! Sendo cuesta esa verisima istoria delo uniquo Dogie Gato dela Ripublica Vegneta. La tributamento de "mamone" vole diciere que iomé pole manniare qual unque esere viviente que puota intrare indela bucca mea intiero aut in pessi. Sendo tuta via prisente ugna cundissione perla cuale iomé ava lumana mama que cacia et mete in scatula anare, viteli, ucieli et antri nimali boni da manniare nol ciera cesità ancuna de manniare eseri lumani aut nimali massandoli iomé istesso. Unque  dita cualifica de Gato Mamone siera tribuita sulamente al lesere me babo et mamo  dotivo dele giemele. Vendo fato cuesto indela magnera plus perfeta pusibile ava cuisito lo titulo de Gato Dogie Mamone.

Penzato dito et inscrito cuesto die tentra de Prile dumilavintuno in Venessia.

Gato Mamone Dogie Serenisimo

Balena 


Eh sì col Gatto mammone non esiste paragone! Comunque presentiamo questo lupo mannaro americano. E' pur sempre un esercizio terrificante nel quale si cimentano degli umani che, si sà, per limiti conosciuti e riconosciuti insiti nella loro stessa natura difficilmente possono competere con chi per destino naturale nasce Mammone e trova addirittura il terreno per esercitare questa sua disposizione.

presentazione da my Movies

Buona Giornata a Tutti

Dani

LA TRASFORMAZIONE IN LUPO MANNARO.

Azzannato da un lupo mannaro in una brughiera inglese, Jack (Dunne) si rende conto di essere a sua volta diventato un licantropo che, nelle notti di plenilunio, si trasforma in mostro sanguinario. Landis si cimenta con successo in un film nel quale coniuga elementi classici del genere horror con uno spiccato senso dell'umorismo tipico di altri suoi lavori ( The Blues brothers). Oscar per il make-up. 

Su MYmovies il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini

Due studenti americani in vacanza nella brughiera inglese fanno una brutta fine: attaccati da un mostro, uno diventa un uomo-lupo, l'altro si trasforma in zombi. Landis mescola allegramente orrore e ironia, paura e buffoneria, gioca con spregiudicatezza anche se non sempre governa bene il cambio delle marce e dei toni. Oscar per il trucco a Rick Baker. Seguito nel 1997 da Un lupo mannaro americano a Parigi .



giovedì 29 aprile 2021

Fatevi i gatti vostri 1824. "Sorze sepulto"

 Il gato Boscio ava viduto deli pessetini de  cauda sortisciere dinsoto tera  sendo  eso  gato ditetive ava in tuito  que  esi pessi dovevino esere di un sorze.  Sendo que a Venessia  lo ,"topo" dito in tagliano, diciesi  "Sorze" que tal uni lo inscribe cume ammé  cu dui essi antri  lo iscribe sorse cun ese sognora sed sendo la izzieta  venessiana dulcie  senpre  sorse  auscultando apariscie. Cuesto li nissio sed vulendo voisi  cognosciere cume indava cuesta instoria, ciera   indela manniateca del gato Serino que anca deso  que  eso  ave  dimorassione  indel  cundomigno de il Sinior Gato Eternisimo senpre  trova locca  sione pe faciere  videre  cuanto eso isteso  erat bravisimo et sacentisimo et iomè  no lo iera afato. 

Vonstro  Gato Balena Dogie Serenisimo.

come sempre in cineteca l' indicazione per poter seguire la serie sui canali che la trasmettono via tv o streaming


BOSCH 1a stagione secondo episodio

Segreti sepolti

TRAMA EPISODIO

Un furgone della Sunset, azienda lavavetri, si aggira per le strade di Hollywood: una volante della polizia intima al conducente, Raynard Waits, di fermarsi perché la targa non è registrata. All'apertura del retro è rinvenuto un cadavere, assieme a un cappuccio e un teaser: prove sufficienti per procedere all'incriminazione di Waits, il quale si professa innocente anche al momento dell'interrogatorio in centrale effettuato da Stanlio & Ollio. Waits compare davanti al gran giurì, assistito dall'avvocato Kell. Nel processo sulla morte di Roberto Flores, l'avvocato di Bosch prova a smontare la tesi del procuratore Chandler sul passato del detective e l'odio nutrito verso i magnaccia. Il dipartimento di polizia continua a credere nella responsabilità di Bosch, spingendolo al patteggiamento per chiudere al più presto questa faccenda.



mercoledì 28 aprile 2021

Fatevi i gatti vostri 1823 " Tonn & Sorcey di Mangèster "

Pensavate che ci fossimo dimenticati di Mangèster? Forse noi sì ma non Balena che ha richiesto perentoriamente le avventure di Tonn & Sorcey, sua gattesca rivisitazione di Scott and Bailey. Anche zio Dante che segue con attenzione le loro avventure ha rincarato la dose chiedendo: "ma quelle du tope dell' ingresi che fine hanno fatto? Un l' avrà mica mangiate r gatto di Londra?".

Il "tope" dello zio significante dotate di una ragguardevole avvenenza era indiscutibilmente ironico  ma sicuramente Rachel e Janet piacciono a molti proprio per il loro essere assolutamente normali.

Per chi dunque è affezionato alle due inglesotte a caccia di criminali ecco il terzo episodio della seconda stagione.

Dovevano ricominciare a darlo su GIALLO, canale 38 del digitale terrestre, ma la programmazione che pure è pre appare sballata. Comunque in cineteca trovate, come al solito tutte le info per reperire i canali tv o streming che mandano in onda la serie.

Ovviamente non dimentichiamo i lettori che ci hanno espresso il loro favore per l' altra serie, quella di Bosch il famosissimo detective nato dalla penna di Michael Connelly. Anche il loro desiderio troverà appagamento al più presto. 

Vorremmo invece sapere da voi affezionati lettori se incontrate qualche problema nel reperire i siti tv o streaming segnalati in cineteca. Un paio di voi avevano lamentato, via mail, alcuni problemi di loop al pc, usando i files di word, così abbiamo provveduto ad apportare alcune modifiche semplificandoli in txt files. Fateci sapere se così il servizio risulta ben fruibile, altrimenti cercheremo di modificarlo ancora. Lo zio aveva promesso un piccolo tutorial sull' uso dei cavetti HDMI, dovesse procrastinare ancora questo intervento provvederò a farlo io oppure Zanza.

Buona Giornata

Dani




LA RAGNATELA

Titolo originale:
Episode 3
Uscita originale:
26 Marzo 2012
Durata:
60 Min
Uscita ITA:
09 Ottobre 2012
Diretto da:
China Moo-Young
Scritto da:
Sally Wainwright

Rachel accompagna Gill a Bristol, a far visita ad un uomo che 13 anni prima aveva commesso un omicidio, dal momento che in città sembra che qualcuno abbia deciso di imitarlo e commettere un delitto identico.

martedì 27 aprile 2021

fatevi igatti vostri n 1822 "discalculia cronologica"

Ora magari quarcheduno che si interessa di studi sule sindromi che affliggano chi un riesce a fa i conti leggerà i primi du righi e mi manderà affanculo dicendo fra sé "boiadé quanta merda si trova in rete! Io cercavo roba scentifica e trovo le seghe mentali di questo bischero che un sa nemmeno scrive n italiano".

Il mi problema sull' errato calcolo der tempo m'è tornato prepotentemente ala mente in questi giorni ma ve lo ntroduco andando a ritroso ner tempo cor una sorta di raccontino, una maniera d'intrattenimento che mi sembra sia gradita a bona parte di quelli di voi che hanno la benevolenza di stammi a legge.

Il mi babbo pigliò  una  decente gratifica per quer Natale del 61 e portò a casa un giradischi Lesa verde e avorio fatto a valigia che conservo ancora (funzionante ovviamente!)




co du dischi a quarantacinque giri da ascortà che glieli avevano dati in omaggio nzieme a quer grammofano.  In uno c'era ner blu dipinto di blu di Modugno. In quell' altro na ragaza cola testa ramata cantava flamenko rock.

Dino viveva già con noi e quando sentì questo secondo vinile, pur essendo piccino come me sporverò la su più arta talentuosità musicale ed esclamò:

"Boia dé che caata sta roba! Però leilì sa cantà".



Era Milva che, da li in poi noi. noialtri si considerò sempre antica come si consideravano antichi Claudio Villa, Modugno, Rascel, Dorelli. Ad esse sinceri quando si prencipiò ad avé una dozzina d'anni a noi ci sembravano antichi anche Gianni Morandi, Bobby Solo Little toni e Celentano, I complessi italiano tipo L' Equippe, I dikke dikke  e poi anche i Pooh s'ascortavano e si prencipiava a rifà quarche canzone di lorolì ma un c'incantavano troppo. Dino sostenevava che facevan tutti la stessa roba e se vocarmente potevano èsse nteressanti, musicalmente mettavan ttutti le stesse 4 note n croce e aspettavano che n croce ci morissero quelle 4 note. Ci garbavano parecchio i Beatles e i Rollin Ston e poi più ancora Dilanne e Nilliianghe. 

Milva la risentii tanti anni dopo a Firenze mi pare all' 'Andrea del Sarto ma mi potrei sbaglià co la Flogghe ar Poggetto. Era doventata na cantante dall' impegno politico notevole e quell' impegno mi piacque, le musiche meno ma quello che contava per me, a quell' epoca, erano l' idee. 

Comunque se devo esse sincero la sentivo grande, tanto più grande di me e non parlo musicalmente. A esse più grande di me n musica  ci vole meno di  niente, la sentivo più grande d'età. 

Quarche anno fa ni dettero il premio ala carriera a Sanremo e io dissi ar Ciampi "Boia hanno fatto bene era da quando s' aveva sei anni che cantava" e lui pe une sforzassi troppo rispose "Eh già!" . 

L'altro giorno la televisione ha dato l' annuncio che era morta ma quando hanno detto che aveva 81 anni mi so fermato a penzà. 14 anni soli in più di me. O come aveva fatto a sembrammi così lontana da me per tutta la vita. 

14 anni cosa sono?  

Un abbaio di cane! No sputo che appena ti sorte di bocca è digià ricascato in terra.

La vita der povero Esserino che mi sembrava fosse ancora un cucciolo quando ci ha lasciati.  

Quindi fra un po' ci siamo anche io e Dino. Pe la prima volta mi so sentito vicino, vicinissimo a Milva e mi dispiace che io abbia dovuto aspettà che andasse di là per capillo.


Quando mi vengano sti pensieri mi resulta difficile penzà ai filmi e allora voglio mette quello che ha preso l' oscare l' altra notte: Nomadland cola speranza che garbi a quarcheduno

Bon Martedì

Dante

Qui di seguito trovate tutti i sigilli de premi che sto firme ha conquistato, se tanto mi da tanto dovrebbe èsse un pezzo da collezione e poi c'è di mezzo un furgone camper e la cosa mi move l' animo, ora che ir mio ha passato la revisione voglio prencipià a riportallo in giro e non ad adoprallo solo come mio uffico rifugio.




















UN CINEMA SENZA PAURA 
CHE RACCONTA UNA 
NAZIONE NEL RITRATTO 
DI UN'ANIMA IN PERPETUO
MOVIMENTO.
Recensione di Paola Casella
sabato 12 settembre 2020

Empire, stato del Nevada. Nel 1988 la fabbrica presso cui Fern e suo marito Bo hanno lavorato tutta la vita ha chiuso i battenti, lasciando i dipendenti letteralmente per strada. Anche Bo se ne è andato, dopo una lunga malattia, e ora il mondo di Fern si divide fra un garage in cui sono rinchiuse tutte le cose del marito e un van che la donna ha riempito di tutto ciò che ha ancora per lei un significato materico. Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l'età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.

Chloé Zhao, cinese di nascita, racconta ancora una volta l'America che ama: quella dei grandi spazi, di cui filma i limiti tanto quanto l'assenza di confini, e della solidarietà fra coloro che si ritrovano ai margini, in questo caso a causa di un welfare e di un sistema sanitario inesistenti.

Fern non è nomade per scelta, ma entra a far parte di quella Nomadland del titolo che sono diventati gli Stati Uniti a cominciare dalla fine degli anni Ottanta, generando un vagabondaggio speculare e contrario allo spirito di frontiera degli inizi, ma che in qualche modo ne contiene ancora il respiro.

Nomadland, basato sull'omonimo racconto di inchiesta di Jessica Bruder, è il ritratto circolare e olistico di una nazione ma anche di un'identità femminile che si è definitivamente sganciata da tutto ciò che fa parte del vivere comune (occidentale): come un domicilio fisso, o una famiglia pronta a sedersi intorno al tavolo nel Giorno del Ringraziamento. Fern lavora sempre, si prende cura delle cose e delle persone che incontra, ma non può più trattenersi in un luogo o in una situazione affettiva. Conosce bene la differenza fra una dimora e una casa del cuore, e non si presta al ricatto della stanzialità, allontanando da sé ogni coinvolgimento permanente.

Zhao entra nel suo sguardo e allarga il mondo intorno a lei, un mondo che è pieno di buchi: nella roccia, nel corpo, nello stesso passato della sua protagonista, nella dignità degli esseri umani, nella coerenza di una società che va incontro al declino perché perde i suoi pezzi lungo una di quelle strade che sembrano non finire mai. E si riconferma regista, sceneggiatrice e montatrice di film che sono suoi visceralmente, e che come il van di Fern (ri)compongono tutti i pezzi della sua anima straniera.

Zhao non ha paura di affrontare di petto il tema centrale del lavoro, o meglio, la sua assenza come vortice che ingoia le esistenze di tanti, e permette a pochi di prosperare sulle sfortune altrui. Non abbassa lo sguardo, non teme la tenerezza, lo strazio, lo smarrimento esistenziale, e li restituisce intatti nella loro forza emozionale primaria. E ciò che può sembrare retorica è in realtà reiterazione poetica, ritracciamento, ripetuta conferma.

Il suo cinema è fatto per gonfiarsi dentro a chi sceglie di aprirle l'anima e lo sguardo, i suoi personaggi sopravvivono alle loro ferite senza negarne lo strazio. Zhao ne condivide i percorsi di guarigione, che non comportano necessariamente una cura, ma forniscono un balsamo da portare con noi a schermo spento, sostenuta dalla fotografia alternativamente intima e dilatata di Joshua James Richards e dall'afflato lirico di Ludovico Einaudi. E racconta quando restare e quando mettersi in cammino, quando trattenere i ricordi e quando finalmente lasciarli andare.

lunedì 26 aprile 2021

fatevi i gatti vostri 1821 " the butter theory" raccontino by DDD

Oggi n redazione si so invertite le parti. Il titolo lo ha dettato Dani la quale sostiene che, parlando di teorie, l' ingrese conferisca un alone osfordiano ar tutto. Il poste, nvece, lo scrivo io. Siamo in corsa per andare a fa sta revisione al mi vecchio Ford. Dani guida e io provo a digità cor su telefonino che un mi c'entra nemmeno ir porpastrello der mignolo su quella tastierina virtuale. Si voleva mètte la presentazione  der tango  più famoso, vello a Parigi, di Marlonne  e Maria, richiestoci da Lucy, ma quando s' è aperto r frigo era fenito r burro e allora r tango a Parigi perdeva di senzo senza poté untà la pellicola. Eh sì erano altri tempi vando sortì sto filme. Correva l' anno 72 e io e r Ciampino si faceva la seconda liceo perché, ar liceo classico, si faceva 4a e 5a gennasio e poi 1a, 2a e 3a liceo. S'era dunque ragazzotti, comunque  digià abbastanza avvezzi ala topa e ale su sfumature, quando s'andette a vedello ar cine, 'n prima.  Poi pe na settimana, a scuola e anche fori, un si parlò d'altro . In classe io avevo Dino ala mi destra e ner banco davanti c'erano du Marie: Maria Cristina e Maria Giovanna che noi chiamavamo  Cristi e Margi. Noi due brutti brutti un s' era, il Ciampi era lunghissimo e allampanato ma si sa artezza fa mezza bellezza. Io ero piuttosto alto e le tartatughe invece che sull' addome l' avevo anche sula groppa e sule mele ma loroduelì erano dimorto ma dimorto  meglio. "Tope a attopate" come si dice a Livorno d'una ragazza  che ha le doti di natura  quanto a bellezza (è na topa) e fa anche di tutto per esaltarle con la scelta dei capi di vestiario che meglio la valorizzano (attopata). C'era  poi la moda degli Hot Pants. (Ecco un po' di foto d'epoca tanto per rendere l' idea)






A quell' epoca noi maschi s'era vestiti in borghese invece le femmine portava il grembio nero. Di  grembi ce n'eran du tipi; appottonati dietro la schiena o sur davanti . lorolì, un c'è nemmen da chiedesselo avevano scerto ir modello co bottoni davanti. Appena l' aria si scardava un pochino, che fosse in grazia dela stufa di terracotta che io, fuochista designato della classe, facevo svalvolare come na locomotiva oppure per la crescita naturale delle temperature, nel periodo primaverile ed estivo, le du marie prencipiavano a sbottonassi e ci sfoderavano sotto l' occhi quattro zampe da brivido. L'argomento di solito partiva da me che chiedevo a Dino " Oh Dino ma gliela vedi te la topa a Margi?". Ovviamente ognuno di noi aveva sott'occhio la panoramica di quella che gli restava sula cosidetta icchisse o croce di S. Andrea.  Cristi sedeva davanti a Dino che le vedeva solo la schiena e i capelli mentre io sula diagonale avevo di lei una visione paradisiaca. Per lui era l' inverso e poteva rimirare le infinite cosce di Margi che era arta come me e per Dino sarebbe stata na dama perfetta, sarvo ir caso che a lei piacevano solo quelli che avevano il gt Alfaromeo o la Lancia Fulvia hf mentre noi s'aveva, in due, la lambretta di Renatino, ir babbo di Dino.Ll' unica concessione  che 
quella motoretta regalava all' erotico era data da un plaidde a scacchi legato sulla sella che pareva dire a ogni tipa alla quale veniva offerto un giro: " se poi ti facesse voglia d'un po di ciccia d'omo si stende la coperta sula spiaggia o in un campo e  si vede cosa succede". Con Dino ci salì solo, tanti anni dopo, Costanza che ancora un so se s'innamorò propio di quella lambretta, davvero inconsueta per lei che aveva già all' epoca una Renault Alpine colore argento con centinai di cavalli sotto r vano motore. Io ebbi la sorte, se sorte la si pol chiamare, di portacci in giro Maila di Stagno, una ragazzona cor un fisico degno d' un omo e na misura di reggipetto che bisognava ordinalla apposta. Appena gli dissi se voleva venì a fa na girata in lambretta e andavo sur sicuro perché sapevo di piacegni, lei mi fornì un esempio di pensiero sintetico ncredibile. Roba da fallo studià a filosofia. "Su codesto troiaio ci monto se hai ntenzione d'andà a trombà, sennò poi anche andà a caà da solo". Per come m' aveva fatto cascà le palle co tanto prosaicismo l' avrei lasciata anche a piedi ma c'era mezzo bar Nado ad assiste ala scena e c'era soprattutto  da difende quell'  onore virile al quale Emilio, r portiere d'albergo, zio di Dino e Don Luigi avevan fatto guadagnare un lustro e un pubbrico riconoscimento che arrivava a confini dela Spezia stiacciando sotto piedi Pisa, Lucca, Viareggio il Forte e dintorni. Così la lambretta di Renatino provò r brivido di si sentissi cavarcata da uno strapossente deretano femminile e poco dopo, scesi che si fu dala lambretta, quarcosa di simile mi toccò anche a me. Ma torniamo n classe perché il divagar m' è dolce ma a volte mi porta fori tema. S'era rimasti ala posizione de banchi e a su occupanti. A Cristi, vella che vedevo io dele macchine gliene fregava poco ma leilì ballava il rokke acrobatico e il su partner di ballo era partner anche d'amori sicché sorrideva ale mi avancesse e mi diceva: " Oddai Dantino e lo sai, oramai so mpegnata" lasciandomi in bocca vell' amarognolo dovuto al pensare che se l' americani, malidetti loro, un avessero nventato ver ballo io sarei potuto sortì in giro per Livorno co no stianto di bimba che a bellezza e bontà faceva ir pari co Margi ma forse essendo meno spilungona era anche un po' più graziosa ner modo di movessi. Come ho scritto un po' più n' sù, di solito, domandavo a Dino, vando lo vedevo particolarmente rapito ir che significava coll' occhi sfavati e la lingua a penzoloni : "Oh Dino ma che gliela vedi la topa te a Margi?"

"A ciccia no" mi rispondeva lui "ma c'ha quei cazzo di pantaloncini  che sembra gli ci s'infilino dentro, gli formano na specie di sobborro cola divisa ner mezzo. Bada mi butta di fori di cervello leilì". Ci si renda conto della valenza erotica di vello spettacolo perché il Ciampi un era solito lasciassi prendere da tali estasi e col passare degli anni  poi è doventato ancora meno propenso ad ammettere tali interessi.

"Boia dé- replicavo io- co Cristi è la medesima". 

Po arivò  quer filme e un si parlava d'altro che dell' ànalle ar burro tra i du protagonisti e siccome le nostre du compagne un l' avevano ancora visto, intendo ir firme, l' ànalle penzerei di sì, ni si raccontava noi la scena arricchendola di particolari inediti e corredandola di domande a latere der tipo: "Ma voi  l' adoprate r burro?" Interrogazzione indiscretissima che di solito conduceva alla classica replica: "O perché un lo domandate a tegami dele vostre mamme o a budelli dele vostre sorelle? O  magari lo sapete digià  brutti finocchi e pezzi di merda che un sete altro!" Oggi una tale sortita originerebbe un dibattito  in tv  ma ricordiamoci che parlo di 50 anni fa ed il mio è solo un resoconto storico fenomenologico della locuzione  vernacolare  di du' vecchie compagne di classe, frase  della quale non condivido affatto i contenuti e le modalità espressive specie laddove possan resultare omofobe.

Poi si faceva la pace ma, nel frattempo, il brusio  era doventato sempre più fastidioso e la proffe d' italiano una vorta,  esasperata ci berciò co tutta la forza che aveva n gola: "Ciampi e Davini ora bastaaaaa! Avete rottooooo !" E Dino gelido come sapeva essere lui quando voleva apparir più merda di quanto fosse per dote di natura:

"ROTTO, appunto proffe  propio vello era r tema!  Ni si diceva a lorolì che ci vole r burro senno c'è il rischio di rompiselo". 

La classe esplose.

E così visto che il burro un ci s'ha si ripiega su un artro tango sempre chiestoci da Lucy. Intanto siamo arrivati al posto indove si farà la revisione, poi appena  s'è sbrigata sta pratica che un mi fa sta per niente tranquillo si passa anche dalla Còppe pe comprà r burro da rimètte  n frigo che pe fa saltà arcune verdure in padella o pe la pancetta dela carbonara funziona meglio dell' olio.

Bona Giornata 

Dante

Il commento è da my movies

STORIA D'AMORE 
SINCOPATA E ANCORATA 
A UN PAESE, L'OPERA DI 
KRAL È METAFORA DELLA
VITA E DELLE SUE 
IMPREVEDIBILI E INFINITE COMBINAZIONI.
Recensione di Marzia Gandolfi
martedì 12 aprile 2016




Per una coppia l'apprendistato del tango non è meno difficile di quello della vita (in) comune. Troppo vicini, troppo lontani, troppo simbiotici, troppo indipendenti, l'uno fa troppo, l'altro troppo poco, l'uno occupa troppo spazio e invade quello del partner, l'altro fa troppi passi indietro e si lascia portare. I due sono in concorrenza permanente. L'armonia è allora il traguardo da raggiungere e il risultato di un lungo lavoro per tutti ma non per loro, María Nieves e Juan Carlos Copes, incontrati a diciassette anni in una milonga di Buenos Aires e allacciati nel tango per sempre. Perché anche adesso che non si vedono e nemmeno si parlano più, María e Carlos non smettono di essere un miracolo scenico che trama passi e figure fino a farsi espressione di lirismo universale.

Prodotto da Wim Wenders e diretto da German Kral, Un ultimo tango è la testimonianza di un genere musicale, di un ballo, di un uomo e una donna, di una poetica nutrita di sentimenti eterni come la malinconia, la nostalgia, la sensualità, la passione, la rabbia. "Pensiero triste messo in musica" scriveva Borges, il tango è la linea musicale su cui scivola la storia di una coppia che ha danzato con la stessa intensità con cui ha vissuto, che ha contagiato il mondo con un ballo popolare a cui insieme hanno dato dignità di palcoscenico.
Intervistati a turno sulla materia che conoscono e praticano meglio, melting pot di tradizioni americane, africane e europee che si incontrano nel 1880 nelle periferie delle capitali di La Plata, Buenos Aires e Montevideo, María e Carlos ripercorrono vita e carriera in primo piano, inframezzati con la 'ricostruzione' coreografica della loro storia, immagini di repertorio e discussioni sulla messa in scena.
Sbilanciato significativamente dalla parte di María, sedotta, accompagnata e abbandonata da Carlos che sposa a Las Vegas nel 1965, Un ultimo tango è metafora della vita e delle sue imprevedibili e infinite combinazioni. Orfana di padre e bimba indigente nell'Argentina degli anni Quaranta, María impara il tango con un manico di scopa e le note 'suonate' alla radio. A seguito della sorella, incontra Carlos nel 1947, lui è ancora un principiante impacciato ma lei ne registra i lineamenti con un'occhiata esplicita e udibile come lo scatto di una macchina fotografica. Per Carlos sarà lo stesso. Passa un anno, un anno di pratica e sale fumose, prima che María e Carlos si ritrovino per caso, danzino per azzardo e scoprano per sempre la sintonia perfetta. Da quel momento si innamorano, si scontrano, si lasciano, si feriscono, si rincorrono e si ritrovano proprio come in un tango. Un tango che da copione si tinge di desiderio e gelosia mentre i loro corpi, nelle immagini d'archivio, e quelli dei loro doppi, nella rappresentazione, si compenetrano con prepotenza e morbidezza.
L'afinidad tra María e Carlos come una trance ipnotica incanta lo spettatore travolto dai ritmi languidi e scanditi del tango e da una vicenda sentimentale nata nell'Argentina di Perón, spezzata dagli anni della dittatura militare, (ri)sperimentata nell'America di Reagan ma sempre ritrovata sulla scena e nel nome del tango. Danzare insieme li rende folli ma María e Carlos non sanno fare altro, non possono fare a meno l'uno dell'altra, non riescono a trovare nessuno che possa rimpiazzare l'uno o l'altra. "Se con le altre danzo", ripete Carlos con riguardo, "con lei posso brillare". Sopravvissuti all'odio e ai tradimenti della Storia, la coppia non regge al tourbillon emozionale e privato: Carlos si risposa, diventa padre e congeda la partner di una vita, precipitandola nella depressione da cui riemergerà trovando tardi la sua autonomia creativa. Storia d'amore sincopata e ancorata a un Paese, il film-documentario di Kral, che combina finzione e frammenti di realtà, svolge con tensione e languore l'avventura artistica ed esistenziale della coppia faro del tango argentino. Cerimonia misteriosa che si presta più di altri balli ad essere rappresentata al cinema, il tango è soprattutto una danza di sentimenti. Lontana dall'essere movimento neutro e accademico, riflette uno stato emozionale dietro gli abbracci, le sospensioni di peso, gli slanci, gli abbandoni, gli agganci sui fianchi. Impossibile resistere, perché resistergli. María e Carlos si concedono un ultimo tango che procedendo in senso antiorario, risale la pista, due vite, due opposte individualità compatibili e inconciliabili ma irriducibilmente avvinte.

domenica 25 aprile 2021

fatevi i gatti vostri 1820 " quando ti entra un gatto nel cervello ...."

Alla fine è andato tutto bene e allora festeggerò questa domenica come quella del dopo paura. Lo zio è partito presto con la mia macchina per andare a finire il lavori del camper. Gli vuole costruire un tettino mobile perché ha trovato infiltrazioni di acqua ma non è ancora stagione per agire con la vetroresina, poi deve finire l' impianto elettrico perché al momento non fanno fari frecce e luci di posizione, ma dice che è una cazzata e rifarà tutto ex novo bypassando il vecchio impianto che ormai è decotto dal tempo. Speriamo in bene. Le gomme le ha sostituite l' altro giorno con quatto rigorosamente usate ma assai meglio delle sue che gli ha procurato un benzinaio suo amico. Cento euri col montaggio. Ci può stare in confrono agli oltre trecento che ci volevano per delle nuove. Poi quelle che ha messo su avevano erano su un camper che è stato dismesso ed avevano fatto al massimo 3000 km, infatti hanno ancora quei pallini che si consumano piano piano e testimoniano lo stato d' uso. Io e la zia, invece abbiamo deciso di farci una bella biciclettata e partendo da Venezia andremo a trovarlo. Siamo tra quei fortunati che a Venezia possono quasi usare una bici e ne abbiamo due a casa, Spiego l' arcano. A Venezia è proibito l' uso della bici pedalando, spingerla si può ma è cosa davvero poco utile e a seconda del sestriere nel quale si abita può rappresentare davvero una sorta di percorso a ostacoli a causa degli innumerevoli ponti con scalette da superare. Noi però da Piazzale Roma e da Santa Marta abbiamo un percorso agevole perché abitiamo in una zona comodissima da raggiungere.  L' unico neo della zona sono le strutture delle case che furo edificate ex novo in epoca mussoliniana e che a Venezia stanno come un pugno in un occhio. Comunque un solo ponte dalla stazione e due ponticelli piccoli da piazzale Roma. Al mattino presto varcati i ponti siamo praticamente già in zona pedalabile. Partiremo verso le 10 e mezza e  Raggiungeremo lo zio sul mezzogiorno. Per pranzare insieme a lui. Ha tutto quello che serve, perfino un enorme ombrellone verde che apre accanto al camper. Non mancano sedie tavoli, fornelli da campeggio. Una efficiente cucina c'è anche dentro alla cellula abitativa del vecchio Ford ma se si può cucinar fuori tanto meglio. Il ritorno credo che lo faremo con la mia macchina visto che stanotte starà ancora a Santa Marta per consentirmi di accompagnarlo domani mattina alla revisione.

La zia ha deciso per gli spatzli fatti da lei condito con  gorgonzola (che a venezia si chiama formaggio verde) e noci. Li spatzli lei li fa con tutti gli avanzi di verdure consistenti, ad esempio le spuntature dei carciovi, parte dei gambi e mette dentro anche altre erbette. Li macina sottilmente poi le impasta con la farina. Debbo dire che un sapore buono come quello degli spatzli della zia non l' ho mai sentito altrove, specie il carciofo messo negli ingredienti dà loro un gusto amaricante che si sposa perfettamente con il gorgonzola fuso. Per secondo polpette già preparate a casa che friggeremo all' aperto. Il vino è già sul posto. Se il sole ci assiste si rischia di passare una bella giornata.

Auguro altrettanto a Voi

Dani

Il film odierno è un po' particolare ma lo zio che lo conosce sostiene che sia un vero cult da collezione, difatti in rete ad alcune stroncature si contrappongono recensioni con giudizio totalmente contrario. Da vedere dunque  non tanto per la qualità ma per quanto vi anticipa questo commento tratto dalla rete (presentazione amazon 2020)


Traumatizzato ed ossessionato dal proprio lavoro, un regista di film horror deve rivolgersi ad uno psicanalista: finisce, però, nelle mani di un pazzo assassino che fa ricadere su di lui la colpa dei propri crimini.






Il gatto nel cervello di Lucio Fulci” è un'ossessione. L'ossessione di fare film, di fare cinema a tutti costi, anche quando questi ultimi sono davvero ridotti all'osso, anche quando si produce un'opera povera e raffazzonata. Ma con sincera passione. Un gatto nel cervello, ultimo film del maestro dell'horror italiano Lucio Fulci a essere uscito in sala, è un'opera emblematica e definitiva in questo senso, una chiave di volta per ca(r)pire i meccanismi del cinema popolare più povero e avventuroso. Ma anche, grazie alla interpretazione di Fulci nei panni di un possibile se stesso, l'apice artistico del cinema “di recupero”, una scatola cinese metacinematografica con infinite possibilità di lettura. Un film davvero emblematico che, nell'anno del suo trentesimo anniversario, ci piace ricordare e omaggiare.

sabato 24 aprile 2021

fatevi i gatti vostri 1819 " primo round favorevole a Dani "

Il tampone rapido, fattomi dal medico ieri sera,  è stato negativo e, comunque, questa mattina ho fatto anche il molecolare. Avrò la risposta questa sera. Direi che almeno  sotto questo punto di vista il servizio sanitario qui da noi funziona bene. Il mio medico mi ha detto subito che, come mi aveva chiaramente anticipato Anna, in questi casi è bene  seguire la regola "sempre meglio avere paura" anche perché, mi spiegava "con una diagnosi precocissima adesso ci sono le terapie con anticorpi monoclonali che riescono in altissima percentuale  a evitare guai grossi, l' unico limite è che ci vuole proprio una diagnosi precoce". Mi sovviene una domanda, chissà quanti saranno stati le morti dovute a quella cavolo di "vigile attesa" che venne tanto sbandierata nel 2020? Comunque non mi pare si faccia adeguata informazione sull' importanza di riferire subito al medico anche segni non tipici dell' apparato respiratorio. Io leggo molto mi tengo aggiornata sul covid ma se Anna non mi avesse dato in rapidità quella spiegazione non avrei mai pensato a possibili connessioni col virus. Magari sì ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male oppure ho preso freddo allo  stomaco l' unica cosa di cui ero certa era di non essere incinta mancando da  mesi, nel mio caso, ogni possibile causa di gravidanza anche accidentale che non ho, da inizio covid tempo contatti  con l' altro sesso. Speriamo in una estate ricca di sani divertimenti anche sotto questo profilo ma il mio è un ottimismo estremamente cauto.

La zia è ancora in giro con la barca, lo zio ha accompagnato me a fare il tampone con la giardinetta (termine usato da lui per definire una station wagon vecchitta e non troppo grande) della mia mamma. Poi io lo ho lasciato al suo camper a Malcontenta perché lunedì deve portarlo alla revisione e ci sono ancora decine di piccole cose da mettere a posto. Io sono tornata in macchina poi se tutto va bene con l' esito di questo esame più approfondito andrò a riprenderlo stasera e lasceremo la macchina a Santa Marta dove abita Giulia una mia vecchia compagna di scuola. Santa Marta insieme a Piazzale Roma è uno dei pochissimi posti dove un residente può arrivare in auto.  Lei ha un posto auto in abbonamento e dato che ha la macchina in riparazione a Mestre mi farà usare il suo posto. Così domani mattina lo accompagnerò di nuovo  al suo camper che  porterà i alla revisione poi andremo a riportare la macchina a Mestre alla casa del mio papà. Ormai quell' auto (che era la macchina di servizio della mamma) è praticamente stata assegnata a me, ma serve sempre un posto dove lasciarla. Lo zio risolse il problema del camper  anni fa affittando a 100 euro mensili un fazzoletto di terra in campagna dove ha anche il suo box ma è veramente lontano e se tieni tutti i mezzi a motore là poi ci devi andare in bici e ci vuole più di un ora pedalando con vigore o in barca e va via quasi lo stesso tempo. Il mio papà ha un piccolo spiazzo intorno casa dove riesco a parcheggiare dietro la sua auto. Se poi arrivo di pomeriggio dopo le sei mi accompagna anche volentieri a Venezia e sono le poche occasioni nelle quali posso far due chiacchiere con lui.

Bene, aspettiamo il responso del molecolare e speriamo confermi il risultato di ieri.

Il film odierno,  richiesto da Patty, è a tema micesco, Un Gatto a Parigi.

Buona Giornata

Dani


Presentazione da My Movies


UN DISEGNO INTERESSANTE 
PER UNA STORIA CHE PUÒ 
ESSERE MESSA A CONFRONTO
CON MODELLI CLASSICI 
USCENDONE VINCENTE PER ORIGINALITÀ.
Recensione di Giancarlo Zappoli

Dino è un gatto dalla doppia vita. Di giorno vive con Zoe, una ragazzina la cui mamma, Jeanne, è agente di polizia. Di notte lavora con Nico, un ladro dal cuore grande. Zoe si è chiusa nel silenzio dopo la morte del padre, avvenuta per mano del gangster Costa. Un giorno il gatto Dino porta a Zoe un bracciale preziosissimo. Lucas, vicecomandante di Jeanne, si accorge che il bracciale fa parte di una collezione di gioielli rubati. Una notte Zoe decide di seguire Dino. Sul suo tragitto intercetta per caso una conversazione tra alcuni malviventi e scopre che la sua babysitter fa parte della loro banda.
Felicioli e Gagnol sono due firme ben note a chi si interessa di un cinema di animazione che esca dagli schemi della ripetitività grafica. Entrambi fanno parte del prestigioso studio Folimage e hanno collaborato alla realizzazione di La profezia delle ranocchie e in questo loro primo lungometraggio mostrano come sia possibile coniugare un disegno interessante anche per un pubblico adulto con una storia che può essere messa proficuamente a confronto con modelli classici uscendone vincente per originalità.
Vengono infatti subito in mente Gli Aristogatti e La carica dei 101 (quest'ultimo per la descrizione dei malviventi e per un possibile parallelo tra Crudelia Demon e Costa).
L'obiettivo però qui non è tanto quello di creare di caratteri quanto piuttosto di affrontare il lato umano dei personaggi. Il rinchiudersi nell'assenza di parola di Zoe così come il suo rapporto con la mamma sono trattati con misura e sensibilità. Lo stesso accade per Nico, ladro dal cuore d'oro destinato a un futuro meno avventuroso ma più appagante. A Dino spetta di fare da trait d'union tra gli umani e lo sa fare conuna nonchalance da gatto...parigino. 

UN FILM D'ANIMAZIONE DIRETTO DA JEAN-LOUP FELICIOLI.
a cura della redazione

Il gatto Dino ha una doppia vita. Di giorno vive con la piccola Zoé, figlia unica di Jeanne, capitano di polizia. Di notte invece sale sui tetti di Parigi con Nico, un ladro abile e di buon cuore.
Zoé ha smesso di parlare da quando suo padre, poliziotto come la moglie Jeanne, è stato ucciso da un noto criminale, Victor Costa. Jeanne è totalmente votata al lavoro e non dedica molto tempo alla figlia: è impegnata a organizzare la sorveglianza del Colosso di Nairobi, una preziosa statua presa di mira da Victor Costa.
Dino, di ritorno dai suoi giri notturni, porta spesso a Zoé dei doni: un giorno le porta un braccialetto che l'assistente di Jeanne, Lucas, riconosce come parte del bottino di una rapina. Qualche sera dopo, Zoé decide di seguire di nascosto il suo gatto. Incappa così nella gang di Victor Costa, e scopre che Claudine, la sua fidata baby-sitter, fa parte della banda.
di Francesco Rufo