sabato 12 ottobre 2013

fatevi i gatti vostri n 521 "la sindrome di Cecco"

A prima vista qualcuno potrebbe pensare ad un riferimento a papa Bergoglio che probabilmente a  Livorno, al bar Nado, è già diventato Cecco. La sindrome quella  che pare colpire mezzo mondo e che ne sta facendo un personaggio che ci riscatta delle figure di merda procurateci  dall' unto del Signore. A me Papa Francesco  non dispiace affatto  ma per favore, senza nulla togliere all' impegno e al coraggio,  rendiamoci conto che quello che sta facendo o altro non è che quello che un uomo di fede e profondamente umano dovrebbe fare. Son certo, del resto,  che il primo ad essere d'accordo sarebbe proprio lui che ritengo uomo intelligente e  come ribadisco coraggioso. Eh sì... perché coi mostri che ha attorno  mi pare strano che sia ancora vivo.  E' però di un altro Cecco che voglio parlare in questo post. Un Cecco che è stato il protagonista di vari racconti  ddi zio Dante. Belle rstituzioni di pezzetti di passato che  ci siam goduti, accanto alla stufa, mentre zio Dante, col rosso in mano, andava a braccio e si concedeva le pause solo per che il vino non si sentisse trascurato. Così è proprio a zio Dante che lascio la parola per mezzo di uno di quei tanti fogliacci  martellati a due dita con la sua lettera 22 e che io e mia sorella ci ingegnamo a travasare nel blog.
Un abbraccio a Tutti da Bobby (per il momento ancora saldamente a casa)

Un abbraccio anche da Dani, ben felice che le italiche cosce (parole di zio)  della ragazzotta di Sottomarina abbian assi più potere dell'affetto fraterno, nel trattenere  il mio Bob sottraendolo alle bave  di voglia  delle biancastre ed efelidose THIGHS .

la sindrome di Cecco

Io la chiamo sindrome di Cecco. Ne soffro da sempre. C'è nel mio animo un velo di tristezza che ho sempre cercato di tenere ben dentro coperto bene sotto  le barzellette, i motti di spirito e tutto ciò che crea allegria. E che c'entra Cecco? Cecco era il clown di un piccolo circo che venne da noi quando ero ragazzino. Il tendone era piccolo, i leoni spelacchiati e le trapeziste avevano la cellulite (questo lo osservò la mi mamma ché io all'epoca di cosce di donna non me ne intendevo punto). Ma Cecco...Cecco era un fuoco d'artificio, saltava e cadeva, poi, da posizioni impossibili. si rimetteva in piedi giusto in tempo per sfornare battute micidiali. Ero molto attratto dai circensi e siccome lo spiazzo dove si erano sistemati distava al massimo 300 metri da casa mia, ero sempre in mezzo ai loro carrozzoni. Una mattina vidi Cecco che sembrava dormisse. Almeno aveva la testa poggiata sulle mani e i gomiti sulle ginocchia, il tutto mentre sedeva sulla scaletta di una roulotte assai malandata. Dopo aver fatto visita ai leoni e alle scimmie che mi attiravano in modo particolare ripassai davanti a Cecco e lo vidi che si stropicciava gli occhi. "O Cecco" gli dissi " ho visto che sonnecchiavi...", 
"no" mi fece lui" non dormivo, pensavo".
"Pensavi al numero di stasera?"
" No quello lo so a memoria, pensavo a cose che non so fare."
 Mentre parlava aveva ancora il viso sbaffato di cerone e gli occhi lucidi ma non pel trucco.
"Cose tristi?" feci io cogliendo quell'aspetto che l'uomo aveva prontamente dissimulato con un colpo di tosse e passandosi la mano sugli occhi.
"Cose della vita" mi rispose, con un tono così serio e grave che non l'avevo mai sentito. Non avevo sentito una voce così seria  nemmeno dal mi babbo, quando m'ero fatto beccare a vendere l' olivo benedetto. Quella volta l'avevo fatta grossa: Erano le Palme e io con alcuni complici avevo venduto, porta a porta, dei rametti di olivo provenienti dal mio ingegno ossia rimediati in campagna. Li avevamo anche benedetti, con una tazzina da caffè prestataci da Nado, il barrista) e riempita da Dino Ciampi nell'acquasantiera della chiesa. La vicenda e il fatto di esserne stato il promotore mi costò l'espulsione dalla squadra dell' oratorio sul quale all' epoca regnava Don Enzo (Don Luigi l'amico partigiano del mi babbo era troppo impegnato colle vedove inconsolabili).
Io giocavo col n.7 e l'espulsione segnò al contempo i miei futuri rapporti colla chiesa. Il giorno dopo infatti giocavo sempre col 7 nella "stella rossa"
la temibile compagine che faceva capo alla casa del popolo gestita dal PCI. Poco importava che invece delle magliette gentilmente inviate al parroco dal Lanerossi Vicenza (le suore che si azzardavano a metter piede a Livorno pareva venissero tutte da Vicenza, da Verona e da Padova) avessi dovuto indossare una canottierina sgualcita e tinta di rosso dalle volontarie dell' UDI, ero un piccolo calciatore che aveva un mercato.
Mentre col pensiero ero riandato a quei fatti, all'epoca non troppo lontani, ero riamasto silenzioso e Cecco mi fece:" ci sei rimato male? Per quel che ho detto sulla vita intendo?".
Poi mi spiegò che aveva due figli ambedue infelici (a Livorno si usa quest'eufemismo per definire ogni tipo di problema gravemente invalidante, dalla cecità alla tetraplegia finanche alla demenza).
"E come fai Cecco a far ridere la gente se nel cuore hai questo peso gli chiesi?"
"Vieni" mi disse " ti insegno un trucco" e in un attimo aveva fatto un mezzo salto mortale e si era messo sulle mani coi piedi in alto. "Adesso ho capovolto le cose e in questa posizione mi viene facile far uscire i pensieri" e detto fatto sputò per terra un grumo di roba che non ebbi dubbi a identificare per i suoi pensieri. Poi si rimise in piedi e in quattro e quattr'otto mi sciorinò davanti un bel pezzo del suo repertorio. Io ridevo come un matto.
Dopo 5 o sei minuti Cecco mi chiese "Hai capito allora?".
"Certo basta che impari a camminare sulle mani e a sputare i pensieri".
Stavolta fu Cecco a ridere e rideva rideva,pareva non riuscisse a smettere. Io ridevo con lui trascinato da quell'euforia.
"Tu hai la battuta naturale" mi disse Cecco "ecco perché ho riso tanto ma quando sei sulle mani che succede?."
"Vedo il mondo da un altro punto di vista".
"Ci avevi mai pensato prima?" riprese Cecco
" No" dissi "ma quando è morto  di leucemia Lucianino che giocava a pallone con me ho cominciato a pensare che era andato a giocare in un posto bellissimo dove non si muore più e raccontavo agli altri che in sogno vedevo le sue partite e i tiri che aveva fatto e i gol che segnava. Don Luigi s' è incazzato e guasi guasi  ci smadonnava  perché ho sostenuto che quel posto non era il paradiso ma la mi mamma ha detto che era vero e c'era forse il paradiso per chi struscia le panche ma di certo  c'era anche  un mondo bello ed eterno senza troppi dii per quelli che in chiesa non ci vanno e m'ha detto anche che era stata contenta quando avevo venduto l'olivo benedetto ".
Quando ebbe saputo la storia dell' olivo Cecco mi strinse la mano così forte che mi fece male.

Poi entrò nella rulotte e tornò fuori stringendo in mano una medaglietta luccicante
"C'è anche un pochino d'oro dentro" mi disse, "a scuola, tantissimi anni fa ero il primo della classe e l' ho vinta facendo i meglio temi d'italiano per tutto un'anno".
Poi continuò:
"Bravo bimbo, t' auguro di diventare un dottore o un ingegnere ma sappi una cosa...
tu sei nato clown, hai fatto ridere me caro mio e non è cosa da poco. Nelle nostre vite c'è la commedia che rappresentiamo e la tragedia che spesso nascondiamo dentro. Sarai amato dalle persone, ma ti troverai spesso solo, specie quando avresti bisogno di qualcuno che fa ridere te. Allora mettiti a testa in giù e ricordati di Cecco".

Non l'ho più visto ma la medaglia è ancora appesa sulla mia scrivania, c'è scritto ex schola vita, dalla scuola ...la vita e non credo che per me avrebbe potuto esserci miglior maestro di Cecco 

venerdì 11 ottobre 2013

fatevi i gatti vostri n.520: la logica di Balena.

Io a serino lo vollio bene e lo protegisco dale nzidie e da tuti i mali che ci posano esere ispecialmente cueli che deriviscono dala cesiva asunsione di cibo sendo che maniare tropo facie male como ava deto la vetirinaia cundo ci ava pesati .



 Sendo che eso no capissie le cose senplici vendo lui la testulina arivolta ale stele mi ci tocava ammé di protegierlo e in ispecie dal cibo che l'unica magnera posibile è che io mangia anke cuelo che era di lui e lui rimaniscie belo snelo.

Poi lo protegisco dai sognamenti cativi che eso facie e no so diciere come che li vengano che sonia topi che maniano i gati etremiscie tuto dala spaventassione e mi svellia anca ammé. e tute le volte che io mi svellio dala nanan si ripetiscie la istesa storia di lui che mi facie la sua domandassione diota:

COME HAI DORMITO  BALENA?




CHE CASSO NE SO SCIEMO.......DURMIVO!!!!

sabato 5 ottobre 2013

fatevi i gatti vostri n.519 "il mito di Atlante"

.
 .
Atlante è un personaggio della mitologia greca Era un titano, figlio di Giapeto e di Climene. Ma secondo una versione più curiosa sarebbe figlio di Zeus e di Climene mentre secondo Platone sarebbe figlio di Poseidone e di Clito.
Secondo Esiodo, Zeus lo costrinse a tenere sulle spalle l'intera volta celeste. La punizione gli fu inflitta per essersi alleato col padre di Zeus, Crono, che guidò la rivolta contro gli dei dell'Olimpo. (da wikipedia)

ma che cazzo avrà combinato Holly per esser stata condannata a tener sulle spalle .....

....