Purtroppo per voi mi dovrete sopportare anche oggi 30 giugno.
Oggi finiscono i lavori dei nostri veneziani e lorolì si rapproprieranno della redazione. Son stata bene nzieme a voi e mi ha fatto piacere conversare nei commenti e raccontavvi qualcosa della vita qui a Livorno. Dante non ci ha ancora anticipato se e quando verrà. Forse nelle ultime due settimane di Luglio. Ho invitato a più riprese Dani qui da me anche perché volevo sapere quanto le possa interessare lavorare nzieme nel caso decidessi di mantenere il bar e riscattarlo piano piano al mi babbo. Lui dela licenza e dell' avviamento un ci chiederebbe nulla e si contenterebbe di una cifra onestissima pele mura. Questi soldi sarebbero in pratica il tfr suo e dela mi mamma ma per noi acquirenti resterebbero come un assegno circolare perché la posizione è bona e tanti farebbero le corse pe avello a quel prezzo quindi se andasse male o si decidesse di smètte un si perderebbe nulla. Ovviamente si tratta di ipotesi. Venezia esteticamente è parecchio più bella di Livorno anche se a viverci non è facile. Dani dal canto suo mi aveva proposto d'essere io lì a trasferimmi lì ma lavoro per me ce n'è poco e sinceramente se la città mi piace, adoro Holly, Dani e Bobby la gente in genere non mi fa impazzire e gli omini peggio che mai. Poi adesso Dani ha preso la patente da motorista e il suo rimpiazzo è utilissimo a Holly, insomma penso che ci si vedrà anche spesso, se possibile, ma si resterà un'adriatica e una tirrenica. Bobby dovrebbe tornare a Londra in settembre, spero venga a trovarci e che un si senta guasi obbligato a portacci fori tutte quattro (me Sama e le trombanti) perché capisco che magari è un bel vedere ma un po' scomodo pe n' omo solo.
Oggi vengano dell' operai a pranzo e la mi mamma è in subbuglio. Dopo la pandemia ogni volta che prenotano un minimo di tre persone, lei viene presa dall' agitazione che pare un sia mai stata dietro ai fornelli quando nvece c'ha speso la vita.
Murasaki m'aveva chiesto "i 2 presidenti" ecco la recenzione apparsa su my moovies, anzi le recenzioni visto che riporta anche quella del Morandini. Non mi sembrano granché lusinghiere ma aspettiamo di avello visto di persona.
Il firme è sur palchetto in cineteca.
Baci, ci si risente a Luglio
Zanza
LA VERITÀ SUONA PIÙ FASULLA
DELL'IMMAGINAZIONE, LA RICOSTRUZIONE
MENO CREDIBILE DELL'INVENZIONE EX NOVO.
1996. La relazione speciale tra Stati Uniti e Inghilterra, individuata e auspicata da Churchill, vive un momento d'oro con Clinton e Blair, entrambi di centrosinistra, entrambi mossi da una reale volontà di cambiare le cose e da una visione comune. L'uomo più potente del mondo prende il primo ministro britannico sotto la propria ala, inaugurando un idillio non solo diplomatico ma soprattutto personale e amicale, che scricchiola sotto il peso dello scandalo Lewinsky e tramonta definitivamente, poco dopo, alle prese con la strategia bellica da adottare in Kosovo.
Michael Sheen veste per la terza volta l'aria ingenua ma determinatissima di Tony Blair, nel terzo capitolo della trilogia firmata Peter Morgan, che ha visto il televisivo The Deal e il film The Queen affidati alla regia di Stephen Frears e questo The Special Relationship a Richard Loncrain, dopo una defezione dell'ultima ora dello stesso Morgan.
Nonostante il film si guardi da cima a fondo senza cali di attenzione, è evidente che siamo nuovamente più in zona racconto televisivo ed episodico che non in zona cinema puro. La ragione non sta soltanto nell'uso differente della macchina da presa ma nell'assenza volontaria di quel filtro che Frears allentava ma ancora manteneva tra coscienza privata e coscienza politica, quella zona di mistero e di vuoto che il rituale e il simbolico esigevano, complice la presenza di un'istituzione altrettanto vuota e misteriosa come la monarchia. Qui, al contrario, anche poiché i temi trattati hanno ben altro peso, la scrittura è improntata ancora alla mimesi ma sottomessa alla responsabilità e asservita alla verificabilità di ogni parola ed ogni azione. Col risultato che, curiosamente, come spesso accade al cinema, la verità suona più fasulla dell'immaginazione, la ricostruzione meno credibile dell'invenzione ex novo.
Il film racconta il rapporto tra i due presidenti come una relazione sentimentale, nella quale il delfino Tony s'infatua del più vecchio ed esperto Bill, prende a vestirsi come lui, lo cerca al telefono nel cuore della notte, gli parla dal bagno, quasi in clandestinità, o dal talamo, pende irrazionalmente dalle sue labbra e gli si dichiara apertamente, citando la bibbia, nel momento del bisogno. Dall'altra parte dell'oceano, anche Clinton commenta con la consorte il fascino del nuovo alleato, almeno fino a quando questo non lo "pugnala alle spalle", con un discorso pubblico inaspettato, niente meno che sul suolo americano.
Per trattarsi di una trilogia su Blair stupisce quanto maluccio ne esca il protagonista, peggio persino del ridicolo Dennis Quaid in una caratterizzazione superficiale e macchiettistica di Clinton, perché il giudizio sul primo ministro non è di ordine estetico bensì morale.
I tempi del film sembrano di primo acchito non tornare: troppo veloce la vampata d'ambizione di Blair, troppo rapido il cambiamento d'avviso, l'approdo al livello di Bush e dei suoi scherzi privi di classe: eppure forse, a ben pensarci, non sono lontani da quelli della Storia.
Michael Sheen veste per la terza volta l'aria ingenua ma determinatissima di Tony Blair, nel terzo capitolo della trilogia firmata Peter Morgan, che ha visto il televisivo The Deal e il film The Queen affidati alla regia di Stephen Frears e questo The Special Relationship a Richard Loncrain, dopo una defezione dell'ultima ora dello stesso Morgan.
Nonostante il film si guardi da cima a fondo senza cali di attenzione, è evidente che siamo nuovamente più in zona racconto televisivo ed episodico che non in zona cinema puro. La ragione non sta soltanto nell'uso differente della macchina da presa ma nell'assenza volontaria di quel filtro che Frears allentava ma ancora manteneva tra coscienza privata e coscienza politica, quella zona di mistero e di vuoto che il rituale e il simbolico esigevano, complice la presenza di un'istituzione altrettanto vuota e misteriosa come la monarchia. Qui, al contrario, anche poiché i temi trattati hanno ben altro peso, la scrittura è improntata ancora alla mimesi ma sottomessa alla responsabilità e asservita alla verificabilità di ogni parola ed ogni azione. Col risultato che, curiosamente, come spesso accade al cinema, la verità suona più fasulla dell'immaginazione, la ricostruzione meno credibile dell'invenzione ex novo.
Il film racconta il rapporto tra i due presidenti come una relazione sentimentale, nella quale il delfino Tony s'infatua del più vecchio ed esperto Bill, prende a vestirsi come lui, lo cerca al telefono nel cuore della notte, gli parla dal bagno, quasi in clandestinità, o dal talamo, pende irrazionalmente dalle sue labbra e gli si dichiara apertamente, citando la bibbia, nel momento del bisogno. Dall'altra parte dell'oceano, anche Clinton commenta con la consorte il fascino del nuovo alleato, almeno fino a quando questo non lo "pugnala alle spalle", con un discorso pubblico inaspettato, niente meno che sul suolo americano.
Per trattarsi di una trilogia su Blair stupisce quanto maluccio ne esca il protagonista, peggio persino del ridicolo Dennis Quaid in una caratterizzazione superficiale e macchiettistica di Clinton, perché il giudizio sul primo ministro non è di ordine estetico bensì morale.
I tempi del film sembrano di primo acchito non tornare: troppo veloce la vampata d'ambizione di Blair, troppo rapido il cambiamento d'avviso, l'approdo al livello di Bush e dei suoi scherzi privi di classe: eppure forse, a ben pensarci, non sono lontani da quelli della Storia.
Su MYmovies il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini
Lo stretto rapporto di collaborazione e di amicizia che legò Bill Clinton e Tony Blair e le loro due mogli dal 1992 al 2001, quando entrambi non erano più presidenti, l'uno sostituito da Bush e l'altro da Gordon Brown. Il titolo originale è ambivalente: l'aggettivo conferma il sostantivo, ma insieme lo confuta. Lo si capisce nel finale che retroattivamente illumina e demistifica quel che fino a quel momento era un film storico di finzione, fondato sull'umanità e sui sentimenti dei rapporti. È una sequenza di repertorio. Non si sa se attribuirne la scelta al regista o a Peter Morgan, sceneggiatore più dotato di lui. Quel finale, comunque, mostra che quasi al 90% la finzione storica del film "nulla ha a che fare con la Realpolitik" di un'alleanza militare e politica tra due nazioni che, dai Balcani all'Afghanistan e all'Iraq, ridisegnò sanguinosamente "lo scenario geopolitico del Medio Oriente" (A.G. Mancino). Prodotto da HBO e da BBC, distribuito in Italia da Medusa.