Il titolo a luci rossastre è del solito sboccato di famiglia che mi lascia l' onere di inserire nei miei resoconti anche queste sue brillanti sortite.
Il problema delle connessioni è stato brillantemente risolto da Germano, il nostro amico tecnico che per noi è più amico che tecnico dato che i problemi di pc li ha sempre risolti Bobby oggi grande assente. Non voglio chiamarla la rottura ma il cambio di menage con Martina lo ha colpito in una maniera imprevedibile anche per me che lo conosco bene. Credo che in cuor suo ipotizzasse una vita familiare con dei bambini, magari nella pacifica Oxford che non crea gli stress di Londra e delle grandi città. Martina non parla molto di sé e della storia con Bobby e in questo periodo non la vedo ma da quel poco che so da Zanza ha assorbito la cosa assai meglio, del resto era stata lei a manifestare una certa insofferenza (e come non capirla) per una vita strettamente a due , quasi relegati in casa per il covid e lontana dalla famiglia, dalla sorella, dalle amiche dai suoi gruppi musicali. In fondo deve aver pensato che non le andava di diventare l' ombra di Bobby e che non se la sentiva di cercare di buttarsi nel mondo della musica londinese mentre faceva la compagna o la moglie di Bobby. Forse da sola avrebbe anche tentato come ha fatto un paio di volte Samatta in Francia ma con un compagno inserito e integrato nella vita di una piccola città universitaria coi suoi ritmi e le sue regole è piuttosto difficile.
In un certo qual modo quando ho visto il film La la Land, presentato recentemente lo ricordate? ho pensato subito a loro due. Credo che ricorderanno sempre la passione che li aveva travolti ma che sarà difficile che le loro strade possano incontrarsi di nuovo almeno per una relazione stabile e con obiettivi a lungo termine.
Tornando alla wi fi, Germano ha bestemmiato quasi alla pari di zio Dante guadagnandone la stima e il supporto psicologico consistente in vari bicchieri di rosso. Alla fine quando ha visto che non veniva a capo del problema ha enunciato: "Se sto cancaro de problema no ze qua dentro ga da esser fora de qua" e zio Dante lo ha guardato con lo stupore e l' ammirazione che provò quando a suo dire udì per la prima volta il 4o enunciato assiomatico di Archimede che recita: Enunciato d' Archimede: Chi l' ha in culo non lo vede. Conseguenza pertinente: non lo vede ma lo sente. Testuali parole dello zio comunque credibili in base alle leggi di Lapalisse. Così Germano fiero d'esser stato associato al grande Siracusano è uscito con apparecchio che rivela la presenza e l' incidenza di connessioni ed è tornato trionfante. "I zé sti cancari dea Banca che i ga schermà na connesione e crea interferenza I morti cani che i gà." Germano parla solo in dialetto con l' eccezione dei termini inglesi che usa e capisce bene e non potrebbe essere altrimenti visto il lavoro che fa. Ovviamente far ridurre la potenza dell' apparato che usa la banca o comunque dirigerlo in modo che non interferisse è stata cosa più complessa e Germano si è fatto carico della cosa interloquendo con lk' addetto ai servizi informatici dell' agenzia stessa che ha dovuto chiedere non so quanti permessi ma alla fine ha sistemato tutto anche perché è proibito installare apparecchiature che interferiscano con la corretta trasmissione delle reti cellulari usate da utenti diversi dalla banca.
Il conto è stato assai onesto. Dovaria chiederve almanco 100 euri ma quando che gavaro da far na conzegna granda ti m'ajudarà coa to topa (che non è quella tra le gambe della zia intendiamoci ma la barca che si chiama mototopo e in veneziano stretto anche topa mentre quella che per zio Dante e Zanza è "topa" qui a venezia è "mona" o al massimo "figa" lemma caro alle nuove generazioni che contaminano il sacro dialetto con acquisizioni dalla rete . Germano ha fatto elementari e medie con la zia Holly e sono cresciuti giocando nello stesso campiello e la zia gli ha fatto spesso il favore di consegnare qualche pc o stampante pesante o da trasportare troppo lontano così i baratto era quasi d'obbligo. Comunque zio Dante temendo che non fosse imbenzinato a bastanza lo ha mandato via con un bel fiasco di rosso di Bolgheri, uno dei suoi preferiti.
Overnight provvederò agli inserimenti dei doni promessi.
IL film odierno va visto almeno così suggeriscono il nome consolidato del regista, i numerosi premi e la critica tratta da mymovies che di solito si sbilancia poco. In cineteca fornisco le indicazioni per reperire il canale che lo trasmette. Sconsiglio quelli in streaming che trovate cercando su google in quanto il film è lungo (oltre 2 ore) e pesantissimo per cui la visione spesso si interrompe.
Buona Giornata a Tutti
Dani
L'ascesa, la caduta e la vita tumultuosa del miliardario Jordan Belfort in un biopic tratto da un suo romanzo autobiografico. Il film ha ottenuto 5 candidature a Premi Oscar, 1 candidatura a David di Donatello, 2 candidature e vinto un premio ai Golden Globes, 4 candidature a BAFTA, 6 candidature e vinto un premio ai Critics Choice Award, Il film è stato premiato a AFI Awards, In Italia al Box Office The Wolf of Wall Street ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 11,7 milioni di euro e 3,8 milioni di euro nel primo weekend.
Jordan Belfort è un broker cocainomane e nevrotico nella New York degli anni Novanta. Assunto dalla L.F. Rothschild il 19 ottobre del 1987 e iniziato alla 'masturbazione' finanziaria da Mark Hanna, yuppie di successo col vizio della cocaina e dell'onanismo, è digerito e rigettato da Wall Street lo stesso giorno in seguito al collasso del mercato. Ambizioso e famelico, risale la china e fonda la Stratton Oakmont, agenzia di brokeraggio che rapidamente gli assicura fortuna, denaro, donne, amici, nemici e (tanta) droga. Separato dalla prima moglie, troppo rigorista per reggere gli eccessi del consorte, Jordan corteggia e sposa in seconde nozze la bella Naomi, che non tarda a regalare due eredi al suo regno poggiato sull'estorsione criminale dell'alta finanza e la ricerca sfrenata del piacere. Ma ogni onda cavalcata ha il suo punto di rottura. Perduti moglie, amici e rotta di navigazione, Jordan si infrangerà contro se stesso, l'inchiesta dell'FBI e la dipendenza da una vita 'tagliata' con cocaina e morfina.
Alla fine di un film di Scorsese ci si convince ogni volta che non si possa andare più in là, che non ci sia più spazio per un'altra inquadratura dopo l'immersione subacquea de Le royaume des fées (Hugo Cabret), che non ci sia un altro sguardo ammissibile dopo gli occhi celesti di un orfano dietro agli orologi e aggrappati alle lancette che scandiscono l'unico tempo che può vivere. Poi vedi The Wolf of Wall Street, commedia nera e stupefacente senza redenzione, e ti accorgi che è possibile. Navy Seal del cinema, Martin Scorsese si spinge daccapo oltre e questa volta negli angoli oscuri dove vivono le cose (molto) cattive e dove ingaggia una battaglia ad alto volume con gli avvoltoi di Wall Street, immorali gangster ma socialmente più accettabili di un gangster.
Jordan Belfort, trader compulsivo impegnato a consumare (letteralmente) il mondo, è in fondo il fratello di quel bravo ragazzo di Henry Hill (Ray Liotta in Goodfellas), che proprio come lui non è frutto dell'immaginazione ed è materia prima su cui si edifica il film. Recitato in prima persona da Leonardo DiCaprio, imperiale nella performance e imperioso nel film, The Wolf of Wall Street afferra in piena e frontale autarchia un personaggio incontinente e talmente brillante che non smette di rilanciare e sperimentare i suoi limiti. Alla maniera del suo 'eroe' le immagini di Scorsese, brillanti e smaniose, sature e vuote, si rigenerano con la costanza di un moto perpetuo, svolgendo l'oscenità bestiale del mondo della finanza e proseguendo la sua analisi antropologica sull'avidità attraverso l'economia americana. Scrupoloso studioso di ambienti, di cui L'età dell'innocenza è il vertice incomparabile, Scorsese introduce in un'ouverture rapida e vorticosa l'universo degli operatori finanziari, un regno delirante e fuori controllo che fa fortuna a colpi di bluff e di transizioni più o meno legali, che pratica il piacere e il cinismo dentro un programma quotidiano di feste decadenti popolate da spogliarelliste, puttane, nani volanti e bestie da fiera. Un'orgia senza fine e senza altra ragione che perseverare nella perversione e nel vizio del denaro e della droga, il primo serve per ottenere la seconda. Così per 'montare' il toro furioso di Wall Street Jordan Belfort tira la cocaina, per restarci in equilibrio ingoia sedativi.
Se si vuole accedere nei luoghi di The Wolf of Wall Street è necessario seguire la 'striscia' bianca e mettere in conto la tachicardia, un'accelerazione di ritmo e un aumento della frequenza delle immagini, in cui non si può fare a meno di leggere l'esperienza psicotropa e autodistruttiva che ha segnato la vita del regista e lasciato un'impronta indelebile nel suo cinema. Una conoscenza estrema e febbrile della 'materia' che ha forgiato il suo stile, l'eccitabilità della macchina da presa, il montaggio vertiginoso e incalzante, le atmosfere paranoiche, quelle ansiogene e quelle insonni. Gli abusi degli anni Settanta poi hanno prodotto un'identificazione primaria tra il giovane Scorsese e Jordan Belfort, di cui l'autore coglie assai bene i comportamenti ossessivi e la grottesca esuberanza, figurando un personaggio irrecuperabile, che cavalca ininterrottamente una cresta isterica e amorale fino al punto di rottura, un'onda di trenta metri che lo inghiottirà senza inghiottirlo davvero mai. Perché Belfort, in cima al suo yacht o sul palco(scenico) del suo ufficio, è un eruttante 're del mondo', di un serraglio di animali selvaggi e predatori. Lupo, leone (il logo della sua azienda e della sua immagine pubblica), toro (l'emblema di Wall Street), scimmie in stato di eccitazione permanente, ubriachi di potere e dipendenti da tutto. Scorsese non fa sconti, figuriamoci lezioni morali, per quelle rimandiamo a Oliver Stone e Michael Moore, rinunciando a qualsiasi forma di empatia col suo personaggio, escludendo la traccia sentimentale di Casinò, la storia di un 'asso' che costruisce un impero per offrirlo a sua moglie, e mettendo in scena niente altro che la pura e semplice ambizione di dilapidare il mondo senza scrupoli e senza rimpianti.
The Wolf of Wall Street è (anche) lo stand-up di un buffone, corruttibile e corrotto leader di una gang disfunzionale, da cui emerge l'ambizione smisurata del trader di Jonah Hill, grande improvvisatore e habitué della commedia 'per adulti' a cui Scorsese regala una delle sequenze più prodigiosamente oscene e fuori misura del film. Maître in materia di cinismo e profitto personale resta nondimeno Jordan Belfort, che il regista riduce a un verme paralizzato dall'abuso di una sostanza chimica, costretto a strisciare fino alla sua vettura, vittima di un'umiliazione che ha contribuito a creare. Un uomo impossibile da redimere che quando infine cade non ha che un'idea nella testa: ricominciare. Un imperatore moderno e wellesiano, che fallisce il successo ed è un fallito di successo, senza 'Rosebud', traumi infantili o segreti da scoprire. Oscillante tra picchi e crisi, ansiolitici ipnotici e droghe stimolanti, The Wolf of Wall Street agisce direttamente sulla chimica cerebrale dello spettatore, che rimane con una penna in mano e la rivelazione di qualcosa di mostruoso e appassionante sulla natura umana. Scorsese ripete la magia, questa volta nera e distruttiva.
Film di 3 ore con 8 personaggi principali (DiCaprio, strepitoso protagonista assoluto), che nasce dal libro omonimo e autobiografico di Jordan Belfort, sceneggiato da Terence Winter: è la storia vera di un Robin Hood che ruba ai ricchi per dare a sé stesso, un uomo che vola su un elicottero personale, possiede 8 auto di lusso, veleggia su uno yacht di 50 m, colleziona conti da 700 000 dollari per alberghi e prostitute, inghiotte ogni giorno una quantità di pastiglie fra sedativi e farmaci vari, mescolati con morfina e cocaina. Poi arriva la débacle ma, alla fine, non paga nemmeno un prezzo troppo alto: restituisce una parte di soldi, scrive un libro e diventa protagonista di un film. La Giustizia non esiste. Scorsese racconta il tutto con alto livello di follia, intensità e umorismo: "... ha il dono di prendere qualcosa di scritto in una pagina e di renderlo un capolavoro di narrazione visiva. Ha creato uno tsunami di follia" (T. Winter). È un film, insieme, onesto e divertente.
A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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AI LETTORI TUTTI SALUTI MICIOSI
EliminaLegge inconfutabile alla quale si può credere senza bisogno di prova! Valerio ringrazia sentitamente per il Lupo e ti stringe la mano per il commento, nel post precedente, in risposta al mio, secondo lui sono, o meglio ero quando mi conobbe, un tipo di ragazza alla quale a Roma gridano: A bionna scenni! traducendo Ragazza bionda, oppure mora o rossa che a Roma si dice roscia, te la stai tirando troppo, scendi dal piedistallo sul quale ti sei posta. Per me invece è solo una questione di autostima, io ce l' ho alta, prima più di adesso, mica è un peccato no?
RispondiEliminaBaci
Patty
p.s. Oggi ho solo lo smartphone che non mi fa mai loggare, come sapete, quindi commento da url rinunciando a malincuore al mio avataruccio col trence
Piaceva anche a me questo film! Grazie. Fa piacere vedere che ci sono ancora vecchi amici che si scambiano favori. Verità sacrosanta quella enunciata da Archimede e non solo in matematica.
RispondiEliminaUn abbraccio
Giacomo
Senza Archimede non lo avremmo mai saputo......
RispondiEliminagrazie per le belle presentazioni
Lucy Milàn