mercoledì 3 marzo 2021

fatevi i gatti vostri 1768 "mi sa ammé che siamo ner bottìno e un c'è versi di sortinne"

Diamo r cambio a Zanzina che n questi giorni c'ha da sgambettà dimorto e poi cor capo è dietro a penzà ar cinesino che dé e ve lo posso anticipà fin d'ora  vedrete che lo lascerà scappa come fa sempre leilì coll' omini perché se su na cosa potrei mette la mano sur foco è che se i tegami fossero tutti come Zanza e ci toccherebbe cucinà ner càntero. Se un sapete cos'è r càntero ve lo spiego subito

partiamo da na canzoncina livornese che si cantava da bimbi:

Ecco tumà

ecco tumà cor cantero

se gli stacca r manico

se gli stacca r manico

ecco tumà

ecco tumà cor cantero

se gli stacca r manico

tutta la piscia n giro




Così avrete digià bell' e capito, senza dotte spiegazioni, che r càntero è ir vaso da notte artrimenti detto orinale o pitale. Nzomma quell' attrezzo, una vorta di ferro smartato, poi di plastica, che si teneva sotto ar letto e quando ci scappava da piscià di notte lo si tirava fori e si evitava d'andà ar camerino  a piglià freddo. A Livorno poi dimorti gabinetti che da noi appunto si dice camerino erano sur terrazzino o nelle scale di case magari in comune co altre abitazioni e nzomma era più confortevole e anche più discreto piscià ner càntero. Se poi s'andava di grosso, dopo avé caato si sentiva sempre la voce stentorea der babbo:

"Boia bimbo metti ver cantero for di finestra sennò ci fai venì r colera te costì".

Nelle case più povere, io ebbi modo di vedenne quarcheduna, addirittura un c'eran camerini di sorta e l' unico modo pe liberassi di quer che pigiava nele budella o pienava la vescica era d' addoprà ir càntero che, probabilmente, si chiamava così con vocabolo onomatopeico rimandante al tamburellio argentino della piscia che colpendo ir vaso smaltato lo faceva risonare come se cantasse.

In quelle case dunque, dove mancava ogni sorta di gabinetto, c'era  ir vaso da notte, che serviva anche anche da giorno perché quando scappa un si pole mica aspettà che faccia buio. Sorgeva tuttaviai  ir problema d'indove svotallo. Pare l' idea sia stata d' un fiorentino, tale Lorenzo Feci (omen nomen), che ar tempo de Medici, o forsanche prima, messe fori dalla finestra di casa una sorta di largo imbuto in coccio detto anche bràca  che si copriva cor un tappo di legno con manico e che, attraverso una tubatura sempre in coccio, raggiungeva il pozzo nero o fossa di raccolta delle deiezioni domestiche. Quando il càntero era stato usato si allungava il contenuto coll' acqua e si votava in tale imbuto for di finestra, poi si sciacquava ancora r cantero coll' scopino e si versava l' acqua indove  prima, quando ala fine il canterò era nettissimo, guasi da potecci mangià dentro, si buttava gù l' urtima acqua chiara e si tappava l' imbuto. La  tubatura,  che partiva dalla braca, poteva passare internamente  o esternamente alla facciata della casa mentre il pozzo nero era sempre o sulla strada o in una corte interna. Quando ir pozzo nero era pieno veniva ir vòtabottìno. Anticamente (ma io so arrivato a vedenne ancora quarcuno nela mi infanzia) aveva un carretto cor cavallo o coll' asino e sur carro c'era una sorta di botte grande con una larga apertura in cui si infilava un imbutone per travasacci quel che veniva levato dar pozzo nero, tale botte sul carro   si chiamava la botte der bottìno guasi a formare un gioco di parole tanto che io avevo nventato n'altra canzoncina pe piglià pel culo il Ciampi:

ndov è andato ver bambino

che  si chiama Ciampi Dino?

poverino poverino

è cascato quer bambino

nela botte der bottino

boiadé com è conciato

io dar puzzo ho rigettato

se un lo lavan perbenino

saprà sempre di bottino




L' omo scoperchiava ir pozzo nero che in Toscana appunto vien detto anche bottino e con pazienza un secchio e una pala svotava il tutto caricandolo poi sul carro. Un vi potete immagina ir puzzo, c'era da stiantà. Da noi si dice c'è un puzzo di bottìno che appesta poi la locuzione è stata abbreviata in semplicente boia dé che bottìno, e s'appesta.   Per estensione «trovarsi nel bottìno» può indicare una circostanza estremamente critica, talvolta senza via d'uscita. " Siamo ner bottìno» (Siamo nei guai)". Bottìno per ulteriore estensione pole anche essere attributo che si  rivolge a dele persone. Boia dé hai visto Emilio? Si rigirava dele tope da paura e ora si confonde con quer bottìno di pisana.

Argomento alto vello d' oggi come avrete avuto modo di apprezzare,

ner caso siate lillì pe dà di stomaco vi s' offre la presentazione d' un firme che fa meglio del Plasille come antinausea

eccolo sempre co recenzione da my movies

Bona Giornata

Dante


UNO DEI FILM PIÙ BELLI SULL'ADOLESCENZA 
DEGLI ANNI '80.

Un semplice, ma ricco film tratto da un romanzo di Stephen King. Quattro ragazzi, il tenero Gordie Lachance, il saggio Chris Chambers, Teddy Duchamp occhialuto estroverso e Vern Tessio, il ciccione pauroso (tutti con problemi con il padre) decidono un giorno di partire da Castle Rock, nell'Oregon dove abitano, per una escursione verso il bosco, incamminandosi lungo i binari della ferrovia. L'occasione è anche eccitante, Vern ha sentito il fratello parlare con un amico del ritrovamento del corpo di un ragazzo. Battendo sul tempo una banda di ragazzotti, i giovani esploratori incappano nel cadavere. 

Francesco Rufo
venerdì 10 luglio 2009

Stand by Me è il racconto di un viaggio iniziatico che porta i quattro protagonisti dall’infanzia all’adolescenza. I ragazzi affrontano, come gli eroi delle fiabe, prove che sono lezioni di vita. La 1ª prova è la discarica, luogo avvolto dalle sinistre leggende di un feroce guardiano, che è in realtà un imbranato grassone, e di un terribile cane, che è in realtà un innocuo cagnolino: i ragazzi sperimentano la distanza tra mito e realtà. La 2ª prova è l’attraversamento del ponte lungo il quale i quattro rischiano di essere travolti da un treno: è una prova di coraggio. La 3ª prova è il bosco immerso nella notte vista come spazio tipico delle paure dell’infanzia: intorno al fuoco i ragazzi si raccontano, fronteggiano le loro paure, assaporano il senso profondo dell’amicizia, dell’appartenenza al gruppo. La 4ª prova è il bagno nel laghetto in cui i corpi dei ragazzi si coprono di sanguisughe: è una prova di dolore fisico. La 5ª prova è incentrata sul corpo di Ray: i ragazzi conquistano la consapevolezza dell’umana mortalità, della finitudine della vita e dell’infanzia, acquisiscono il senso della comunione generazionale, si scontrano con gli “altri”, che non sono gli adulti – quasi tutti assenti – bensì i ragazzi più grandi, gli adolescenti, appartenenti a un’altra, precedente generazione. Tra bambini e adulti c’è estraneità; tra bambini e adolescenti c’è scontro aperto. Il percorso di Ray verso la morte corrisponde a quello dei quattro verso la fine dell’innocenza. Ray è una presenza fantasmatica costante per i ragazzi, prima di apparire come corpo, come realtà concreta. Il ritrovamento del corpo segna il passaggio dal predominio della fantasia al predominio della realtà. Il film celebra l’immaginazione creativa, l’attività dello scrittore, che conserva il segno dell’infanzia. Nelle speranze dei ragazzi, il viaggio è un tentativo di realizzazione delle loro fantasie d’avventura, che si spingono oltre la ristretta realtà della provincia. Stand by me è anche un film sulla memoria, sulla nostalgia per il tempo perduto, sul ricordo dell’infanzia come momento di massima apertura delle possibilità.

Su MYmovies il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini

Estate del 1959, nell'Oregon. Quattro ragazzini partono per un'escursione di cinquanta chilometri lungo la ferrovia, affrontando varie avventure e scoprendo il cadavere di un ragazzo scomparso giorni prima. Da un racconto ( The Body , 1982) di Stephen King, sceneggiato da Raynold Gideon e Bruce A. Evans, nominati all'Oscar, uno dei film più belli sull'adolescenza degli anni '80, nel miracoloso equilibrio della memoria tra sentimento e avventura. Sarebbe piaciuto a Truffaut. Bravissimi i quattro ragazzini. Fotografia stupenda di Thomas Del Ruth. Musica: Jack Nitzsche con la canzone "Lollipop". Il titolo è lo stesso di una canzone di Ben E. King.


7 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    Redazione: on line dalle ore 20 alle 23:00

    www.esserinoebalena.blogspot.it

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  2. In vena di esprimere il mio talento culinario pensavo a un classicissimo "risòtt cunt el zaffran"
    ovviamente a Miliano è inutile dire risotto alla milanese per cui lo si chiama come sopra o anche "ris giald". Poi ho letto il post. Lo faccio domani il risotto.
    Un caro saluto
    Lucy Milano

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  3. Io ho visitato dei paesi dove un rigagnolo passa fuori delle porte delle abitazioni e viene buttato tutto lì, a cielo aperto, pèer la gioia dei passanti. In altri posti il cesso è ancora una buca leggermente distante dalla porta di casa, non c'è bisogno di chiedere della toilette, basta guardare dove si addensano le mosche. In confronto il ritrovato del Feci era qualcosa di spaziale.
    Baci Patty

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  4. Reminiscenze di indiscutibile interesse storico e sociologico. Leggo adesso ben lontano dai pasti e pertanto al sicuro da ogni reazione viscerale.
    Grazie Dante
    Giovanni Martinelli

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  5. Vorrei vedere la presentazione di un vecchio film che si chiama scacco mortale . A dire il vero mi pare che forse ne abbiate anche parlato molto tempo fa in qualche post che riguardava film o libri aventi per tema gli scacchi ma con la finestra di ricerca che appare in blogger non riesco a risalire a nulla. Grazie per ogni illuminazione in merito.
    Davvero simpatico il post odierno, i pozzi neri li ricordo anche io e tuttora sopravvivono nelle nostre campagne ma il resto lo ignoravo. Ottimo pezzo.
    Buona serata
    Giacomo

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    1. Visto il tema trattato concludere con "Ottimo pezzo" è tipico humor inglese ah ah ah
      Un abbraccio a entrambi
      Dani

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