mercoledì 29 gennaio 2020

fatevi i gatti vostri n. 1426 "Teo che dipingeva cavalli"

Nell' anni stupendi in cui bighellonavo per Firenze, raccontando a me stesso la novella che ero lì per fare l' università, vissi, come ho avuto modo di raccontavvi altre volte, in una casa di via dell' Agnolo. Più precisamente al n. 54. Era un' area molto particolare del quartiere di Santa Croce, tra quelle strade in cui a un par di metri e mezzo d'altezza si vedeva ancora la striciata lasciata dala mota dell' alluvione, era ancora pieno di artigiani e anche di gente che s'arrangiava. Chi rubava, chi ricettava, chi vendeva la topa e chi il culo. Difatti la mattina  si vedevano ciondolare qua è là parecchie bionde col 44 di piede e la barba che gli spuntava sotto il trucco.
Chi un era portato a rubà, un aveva l' animo del ricettatore, era contro la droga, per natura non aveva topa da commerciare e per abitudine era abituato a caminare colle mele strette e a sta sempre attento a chi aveva dietro c'erano poche soluzioni. O si lavorava o si faceva l' artista. A quest'ultima sezione afferivano diversi musicisti, parecchi artisti di strada e moltissimi pittori. Io mi ci provai ma l' unico strumento che sapevo sonà  era l'armonica  e a mettemi a sonà in istrada col cappello in terra mi vergognavo. Pe la seconda scianse,
 per quanto, quando andavo a scuola, a disegno avessi un bell' otto,  i cinque quadri a olio che feci rimasero invenduti.
Così mi piegai al lavoro, feci il rigattiere, il recupera-vetro (a Firenze "bottigliaio") il facchino al mercato, il camionista, il fabbro, il postino ma di una dele mie attività di quell' epoca non ho mai parlato.
Proprio a metà di via dell' Agnolo, dove la strada stringe  ed è delimitata dall' incrocio co via de Macci a est e con Borgo Allegri a ovest, c'era casa mia. A sinistra avevo il bar del Trillino, davanti il Corna, abile verniciatore e la lavanderia, a destra andando verso Borgo Allegri, proprio tra la  bottega del Pizzicagnolo Alberto e il barre delle Batacchi, c'era la bottega di Pietro il corniciaio, maremmano trapiantato a Firenze molti anni prima di me. Era un abilissimo maestro d'ascia e si era subito riciclato come corniciaio, gli chiesi se mi potesse far lavorare e lui mi disse: "Vieni" e mi messe a fare le conici povere, quelle che erano ala portata di tutti  mentre lui preparava quelle artistiche.
Appena passato l' incrocio di via de Macci, andando verso le Murate e Santa Verdiana, appena dietro il palo della fermata del 14,
c'era un fondo dove viveva e conduceva il proprio atelierre un personaggio singolare: Un pittore triestino di nome Teo Russo.
A dire il vero si chiamava Teofrasto ma tutti lo si chiamava Teo e lui stesso si firmava Teo. Dipingeva solo cavalli, perlopiù rossi, nevicate, per definizione bianche e qualche piccolo borgo o villaggio consistente in 4 o 5 casette.
Usava poco le tele perché costavano e adoprava tavolette di faesite o quando non poteva comprare nemmeno quelle,il retro delle cassette di legno della frutta o il compensato ricavato dai pannelli posteriori di vecchi armadi. In 4 pennellate tirava fuori un cavallo o un altro dei suoi tre soggetti. Capitava spesso in bottega da noi e Pietro, che aveva buon cuore, gli teneva in conto vendita alcuni quadri per i quali gli anticipava anche qualcosina in soldi. Affidava a me il compito di incorniciarli per valorizzarli un poco e bene o male riuscivamo a venderli. Di solito dalle 3000 lire alle 5000 qualche volta, raramente  a 10000. Tenete presente che io pagavo di affitto 55'000 al mese per un posto  che oggi potrebbe costare 500 euri. Il giornale costava 100 lire, il caffè 50 e un fiasco di vino Chianti, discreto, 500 lire.
Diciamo che 10'000 lire erano i 100 euri di oggi. Teo non sguazzava nell' oro certo e quasi tutte le trattorie di Firenze avevano i suoi cavalli appesi al muro. Capitava spesso, infatti, che barattasse un quadro con una ribollita calda e un bicchiere di vino. Girava sempre con una americana altissima, di nome Ann, che lo faceva sembrare ancora più piccino del suo metro e sessanta. Sempre con un cappellino a quadretti scozzesi, tipo baschetto, con l' eschimo e spessi occhiali neri, si aggirava  coi suoi  cavalli, le nevicate e le cinque casette del borgo dela su fantasia, sottobraccio.
Mi chiamava sempre Livorno perché non si ricordava il nome e gli veniva più facile così.
Circa 16 anni fa, con Holly, per raggiungere Follonica, dopo aver fatto Venezia Firenze, invece di buttarmi verso la costa, toccando Livorno, passai dall' interno per farle vedere l' abbazia di San Galgano. Avevo qualche soldo in tasca e ci fermammo a mangiare in una località 
di nome Palazzetto non lontana all' abbazia. Mentre mangiavamo mi voltai e proprio sopra la mia testa vidi un cavallo rosso e la firma che avevo visto tante volte: Teo Russo. Poteva avere 45 anni quando ne avevo 20, quindi 16 anni fa doveva essere vivo e vegeto e probabilmente in un viaggio doveva aver mangiato "a scambio quadri" pensai e raccontai la storia di quegli anni fiorentini a Holly.
Qualche giorno fa mi è tornato in mente Teo e stranamente ho pensato: che stupido a non essermi tenuto neppure uno di quei cavallini! Tra l'altro ho cercato le sue quotazioni su internet: da 250 a 650 euri, non è De chirico ma un po' di quota l' ha presa.



Passano ancora due giorni e, grazie alla legge di internet per cui, se hai guardato il calendario Pirelli e hai 60 anni per la facile fin troppo ovvia consecutio marketing: modella-topa-culo-senili-voglie il giorno dopo ti arrivano i pop up con l' offerta del Viagra. Avendo io snobbato le toniche carni per gustarmi i rossi cavalli e le bianche nevi, mi arriva un pop up a video: "Compra Teo Russo" e mi passano davanti una serie dei suoi quadri ma tutti sui 200 euri  e oltre. Poi la rivelazione: 4 quadri  e tutti con le mie cornici le riconoscerei tra mille, messi in vendita da una signora di Coverciano. La chiamo, li ha ereditati, le danno noia perché non si adeguano al suo arredamento 200 euro tutti. Me li sono tolti di bocca quei dugento euri ma quei soldi li valevano le mie cornici da sole e poi quei cavallini  erano un desiderio e i desideri, quando si può, bisogna realizzarli senza aspettare troppo diceva la mi mamma.

Eccolo qua, arrivato stamattina, presto posterò anche gli altri


Dante






6 commenti:

  1. Ma sai che sono proprio belli quei cavalli? Dopo le richieste sulla macchina per scrivere non vorrei apparirti come "la sciura cattatutt" ma ne cercherò uno anche io
    magari un bel cavallo bianco chissà se ne ha fatti il Teo?
    Buona giornata
    Lucia

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    1. Buongiorno, si io ne ho uno proprio bianco dal 1988

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  2. Ahah la mia amica Lucia è una entusiasta degli acquisti mi voleva comperare i modelli prima ancora che li avessi disegnati a trovarne di persone così! E non è solo questione di possibilità perché ho degli acquirenti stramilionari ma attaccati al centesimo che non ti dico. Comunque le tue storie sono sempre piene di fascino e umanità e riesco ad ascoltarti o leggerti col mio animo da bambina, non è poco credimi
    un super abbraccio
    Patty

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  3. Tanti anni fa, perché fatevi i gatti vostri esiste e resiste da tantissimo tempo, leggendo le storielle di Dante pensavo: "Ma possibile che capitino tutte a lui?". Poi con la consuetudine quasi quotidiana alla lettura di questi post mi sono reso conto che Dante racconta cose che succedono a tutti, anche a me che conduco esistenza piuttosto monotona e solitaria. Il suo grande pregio è in come li racconta. La dovizia di particolari, l'ambientazione, la memoria dei nomi e dei vezzi della gente (pensate un pizzicagnolo di nome Alberto, il bar delle Batacchi)portano il lettore a immergersi in una scena vera e propria e ti par di vederlo a costruire e dipingere cornici, chi non ha visto un pittore coi suoi quadri sottobraccio? Eppure Dante ne fornisce l' origine triestina mntre i galleristi recensori lo chiamano banalmente pittore toscano, l'altezza, il modo di fare, gli occhiali, il cappellino, l'eskimo, l'accompagnatrice. Dettagli infiniti dettagli, basti pensare a cosa narra nelle puntate del suo giallo nemmeno un veneziano nativo vi saprebbe condurre a parole per quelle calli come riesce a far lui.
    Un ottima compagnia per chi lo legge e per chi lo ascolta posso garantirlo.
    Giovanni Martinelli

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    1. Qualche disgrafia che non toglie il senso della frase, mi scuso con chi avesse l' avventura di leggermi.
      giemme

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  4. Bellissimo anche il,commento del prof., rende molto bene il fascino di questo blog ed è vero che, se pur Dante ha avuto e ha una vita un po' più variegata della media, tanti di noi avrebbero tantissime storie come le sue da raccontare. Lui le racconta, ler l'appunto, e in un modo tutto speciale che te le fa davvero vedere e, nel mio caso, rivivere perché Firenze è la mia città e in quegli anni già facevo il solco nel centro storico. Quei cavalli erano e sono davvero onnipresenti, più di quelli solo i marinaretti di Bueno, mentre paesaggi con la neve non ne ricordo e invece mi sarebbero piaciuti di più. A quell'epoca Firenze era un gran paesone costrllato di turisti un po' specializzati - a volte la cosa mi piaceva, a volte trovavo il tutto un po' provinciale perché ero affamata di modernità. Oggi probabilmente me la godrei di più, ma in quegli anni credo che mi sarebbe andata stretta snche New York. Buona giornata a tutti voi!

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