venerdì 7 agosto 2020

fatevi i gatti vostri n 1569 "La katana dantiana"


Certo voi tutti saprete cosa è una katana  ma per chi non lo sapesse basta wikipediare:
 La katana (刀), italianizzato catana, è una spada giapponese corrispondente ad una scimitarra o sciabola ma con impugnatura a due mani. I giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada, infatti il termine più corretto è uchigatana (打刀), il quale si riferisce nello specifico ad un'arma bianca a lama curva e a taglio singolo, di lunghezza superiore a 2 shaku (più di 60,6 centimetri), usata dai samurai.
Nonostante permettesse di stoccare efficacemente, la katana veniva usata principalmente per colpire con fendenti, impugnata principalmente a due mani.
La katana dantiana
 Quando uscì  il film di Tarantino nel 2003 zio Dante si era ripreso da un periodo buio e aveva appena conosciuto la zia.  Vide il film solo nel 2004, quando già da 2 anni frequentava casa di zia Holly e noi ragazzi. Di tutto il film la cosa che gli eccitò maggiormente la mente fu la katana usata nella maggior parte delle scene e disse: "Ne voglio fare una meglio di quelle dei giapponesi." "Bobby esultò e lo incoraggiò io mimai le mosse di scherma con la katana. La zia fu lapidaria: "NON QUI IN CASA". Così zio Dante si mise al lavoro in un sottoscala del palazzo dove viviamo.  L' impresa era ovviamenteai limiti del possibile non perché nella sua caparbietà non potesse elaborare un processo di fabbricazione identico a quello usato dalla tradizione giapponese ma perché gli mancavano soprattutto le materie prime. Dato che era testardo anche allora ma non ottuso ripiegò su qualcosa di più semplice, comprò una replica di katana di quelle che si vendono a San Marino per una ventina di euri la spogliò di tutti gli inutili e pacchiani fronzoli e portò la lama a nudo. Era di un decente acciaio inox ma scalfibile e soprattutto non affilabile. Allora zio Dante costruì una forgia artigianale con mattoni refrattari e un bruciatore a gas. alimentato da una bombola a propano. Vi risparmio le mille fasi del procedimento mi limito a dire che il lavoro durò settimane e che nelle fasi critiche ci mostrò due boccettine di vetro e con fare misterioso ci disse: "queste non ce l'hanno neppure i maestri della forgia giapponese daranno l' invincibilità alla nostra katana". Alle nostre domande in merito fece il prezioso poi ci rivelò il contenuto: nella prima c'era acqua di Lourdes avuta da una amica della zia che ogni anno andava a visitare la grotta sacra, nella seconda, che  appena aperta liberò un intenso odere di ammoniaca, aveva raccolto la pipì di Ito.
Passarono ancora giorni e giorni nei quali lo zio tirò a lucido il metallo e affilò la lama poi il collaudo:
lo zio prese un ceppo di legno di cerro (durissimo) che era destinato ad esser bruciato nella nostra stufa sollevò la katana a due mani e lo colpì con forza al centro. Il ceppo si divise a metà. Non contento impugnò ancora la katana e la scaricò con forza sull' incudine sulla quale l' aveva pazientemente battuta. Rabbrividimmo, pensando che si spezzasse, volarono scintille ma la la lama resse l' urto e quando lo zio provò il filo col dorso dell' unghia riscontrammo che l' orrendo colpo non aveva provocato deformazioni o scalfitture. Felice lo zio la sollevò in aria come fa il prete con l' ostensorio e disse "O questa è la più bella katana che ho visto oppure ne ho viste poche" poi piantò due chiodi nel muro del sottoscala ce la depose sopra come una reliquia e la lasciò lì senza ricordarsene più, come sempre quando si esaurisce il fuoco sacro che muove tutte le sua azioni. Quando gli ho chiesto una foto per metterla qui è parso rianimarsi: "tela ricordi? o quanti anni avevi quando si fece?"
" credo sui tredici"
"Boia come passa r tempo"
comunque con l' aiuto della zia ha mandato la foto. Il fodero è quello commerciale nel quale la comperò il manico fu rinforzato e rintrecciato con seta nera che sostituì il nylon col quale era nata. Si vede bene che la lama è stata completamente riforgiata e a parte qualche piccola imperfezione è ancora un simpatico pezzo da collezione.
Ovviamente in cineteca metto Kill Bill 1
Buona visione
Dani

da my moovies


UN (QUASI) CAPOLAVORO CHE OMAGGIA IL CINEMA E LE OSSESSIONI TARANTINIANE.
Recensione di Andrea Chirichelli
Prolisso e geniale. È tornato Quentin. La lunga e snervante attesa è finalmente finita ed il "suo" quarto film (o meglio la prima parte del suo quarto film) scorre sullo schermo. Già dai titoli di testa, i fan si tranquillizzano: l'elenco dei personaggi in stile lista della spesa, il primo piano del volto tumefatto dell'attrice con uno sparo e relativa dissolvenza in nero ci dimostrano che "colui che era conosciuto come genio" (da molti), è tornato brillante come un tempo.

Kill Bill è stancante, una piacevole fatica per lo spettatore che dovrebbe rivedere alcuni momenti in slowmotion o più volte per apprezzarli appieno. La struttura stessa del film, a episodi con continui flashback tra passato e presente disorienta e stordisce. Tarantino inonda letteralmente ogni scena di forma e contenuti: occhiali da sole disposti in ordinate file sul cruscotto d una macchina, aerei di plastica che volano su scene di cartapesta, tute gialle indossate da Bruce Lee, alluci mobili, occhi cerulei e tanto, tantissimo sangue. Kill Bill è un Helzapoppin. Ed il gusto per la battuta spiazzante, per l'umorismo cinico e beffardo è rimasta la stessa.

Se Jackie Brown voleva essere un omaggio al Blaxploitation, Kill Bill è exploitation puro e semplice. Quentin si circonda di un team che sa il fatto suo e spende parecchio: il risultato si vede. Non un'inquadratura fuori posto, non un movimento di camera infelice. Kill Bill, formalmente si avvicina alla perfezione. Gli anni hanno permesso di affinare una già ottima tecnica.

La brillantezza di Tarantino è palesemente dimostrata anche dall'attenzione che il regista-spettatore mostra verso le tendenze cinematografiche che hanno dimostrato maggiore dinamismo negli ultimi anni, in primis l'animazione. Vero e proprio film nel film, i venti minuti firmati I.G. Production, che raccontano la tragica infanzia di una delle future vittime della bionda protagonista, nella fattispecie la strabica Lucy Liu, killer della Yakuza, rappresentano una rara gemma di intensità emotiva e spessore drammaturgico. Le sequenze animate della casa nipponica, oltre ad essere un felicissimo esempio di contaminazione metacinamatografica, dimostrano inequivocabilmente la maturità raggiunta da un mezzo espressivo, troppo spesso bistrattato dal cinema "tradizionale".

Una grande differenza rispetto alle passate produzioni si nota nella gestione degli attori da parte del regista. Le precedenti opere erano quadri corali in cui era difficile trovare un personaggio smaccatamente preponderante rispetto agli altri (ed infatti clamore suscitò ai tempi la decisione dell'Academy di candidare all'Oscar come attore protagonista Travolta e non protagonista Samuel L. Jackson per Pulp fiction, visto che la presenza sullo schermo era pressoché identica per spessore e minutaggio), in Kill Bill la Thurman, splendida e affascinanante, è in ogni inquadratura, in ogni scena, occupa da sola l'intero schermo e storia. Tarantino ha fatto bene ad aspettarla (il film trova tra le numerose cause del ritardo accumulato, la inaspettata gravidanza dell'attrice all'inizio delle riprese): Kill Bill segna la sua migliore performance di sempre. In ogni caso la presenza di nomi storici del cinema di serie B (ma dove?) come Sonny Chiba e Gordon Liu, nobilità e da spessore e sostanza ad un cast invero un po'atipico e non perfettamente amalgamato (basta con Lucy Liu!!!)

Straordinaria la colonna sonora che spazia da brani dance anni 70 a motivi tradizionali giapponesi, per finire in morbide ballate blues: il giro del mondo in una ventina di pezzi che vanno a comporre un quadro fecondo come quello che accompagnò Pulp Fiction dieci anni fa. Impossibile descrivere appieno il carico di significati alti e bassi che Kill Bill lascia alla libera interpretazione dello spettatore. Se è facile notare un collegamento tra il coma da cui si risveglia la protagonista ed il sonno creativo di Tarantino (entrambi hanno la stessa durata... 4 anni), più sottili sono i riferimenti estetici e filosofi ad una violenza che, pur brutale, assume connotati parodistici e cartooneschi.

Purtroppo però, come e forse più di altri film del regista, Kill Bill soffre in maniera drammatica di un difetto di non poco conto. È troppo lungo, anzi, troppo tirato per le lunghe e la durata di certi segmenti del film, specie la battaglia che porta al primo regolamento di conti (che in questa prima parte del film è l'ultimo in ordine temporale) stanca attori e spettatori. Intendiamoci, le coreografie e l'impatto scenico dei duelli ridicolizzano per intensità ed ferocia le laccate evoluzioni di Matrix et similia ma dopo venti minuti, la misura è colma. Evidentemente in fase di totale autocompiacimento, Tarantino allunga, distorce, plagia situazioni che potrebbero e dovrebbero risolversi con maggiore velocità. Il difetto,evidente, non nuoce però alla valutazione globale del film che de facto è agli stessi, alti livelli di Pulp Fiction. In effetti un altro difetto ci sarebbe: il dover aspettare altri quattro mesi per vedere la fine delle avventure della vendicatrice più determinata della storia del cinema. Ma questa è un'altra storia...

(Quasi) capolavoro.
Da Il Morandini
Soggetto (con la Thurman) e sceneggiatura: Tarantino. L'inesorabile vendetta di Black Mamba, killer al soldo dell'invisibile Bill, data per morta nel giorno delle sue nozze in un'imboscata tesa da sadici membri della Deadly Viper Assassination Squad, capeggiata da Bill. Tornata in vita dopo quattro anni di coma, si propone di uccidere uno per uno i suoi aggressori. Qui ne fa fuori due, Vernita Green e O'Ren. Dopo 6 anni di assenza, Tarantino torna in una storia di vendetta che parte da una resurrezione. Nonostante l'accumulo madornale di uccisioni, squartamenti, decapitazioni e il conseguente fiume di sangue, la morte non esiste in questo film influenzato dall'Estremo Oriente (Giappone nel volume 1, Cina nel volume 2), dal suo cinema, dalla pop art. È come se, distaccandosi da un certo realismo che permea ancora Le iene e Pulp Fiction , Tarantino voglia portare a fondo la sua concezione del cinema "come apoteosi e ‘spremuta’ di generi, summa di citazioni e omaggi" (A. Morsiani). Nel suo alambicco distilla anime, kung-fu, cartoon giapponesi, "spaghetti-western", teatro d'ombre, action movie di Hong Kong, Opera di Pechino, teatro kabuki, chambara (film di spada giapponesi), wu xa pian (cappa e spada in mandarino), Ennio Morricone e Bernard Hermann. Più che collisione e collusione di due mondi, il reale e l'immaginario, c'è fusione e identificazione: qui la realtà è il cinema. Da notare, infine, che, partito nel 1992 con Le iene , tutto al maschile, Q. Tarantino arriva al 2003 a un film quasi tutto al femminile dove il maschio è un potere malefico da distruggere. Collaboratori di alta classe: Robert Richardson (fotografia); Yohei Taneda, David Wasco (scene); Kumiko Ogawa, Catherine Marie Thomas (costumi); Rza, Lily Chou Chou, D.A. Young (musiche).

5 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    redazione: Dani Livorno on line dalle ore 21:00 alle 24:00

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  2. Ho saputo solo da accenni che facevi "anche" l' arrotino! Ho cominciato a seguire il blog quando se ne parlava molto poco ma è un mestiere affascinante.
    La tua Katana è bellissima si vede che è stata riforgiata e martellata tutta. hai fatto bene a lasciare visibili le tracce di lavorazione Grazie per il film
    Giacomo

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  3. Ma sai che a vedere la locandina con la splendida Uma Turman e a vedere quella meraviglia che realizzasti mi viene voglia di imparare ad usarla? In fondo sono un maschiaccio lo diceva sempre mia madre. Non chiedo film adesso per non sovraccaricarvi c'è tanta roba buona tra le richieste degli altri lettori
    un abbraccio da Patty e fateci sapere dei corsari.

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  4. Magnifico il racconto della katana, la mia anima wagneriana ha esultato quando la spada è stata collaudata direttamente sull'incudine ❤️🎵🎶🎵 Non hai spaccato l'incudine, ma non hai nemmeno spaccato la spada, dunque hai lavorato bene!
    Vedo che c'è già chi ha chiesto kiki, consegne a domiciolio, il primo capolaviro di Miyazaki con il più delizioso gattino nero di tutta l'animazione giapponese.
    Cartonizzo anch'io chiedendo Kirikù e la strega, di cui ho sempre sentito dire un gran bene, e guarderò molto volentieri Kill Bill - non sono affatto sicura sia il mio genere ma è assolutamente un classico!

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  5. Ha ragione la mia collega Murasaki. Davvero un bel resoconto che contempla buona parte degli elementi necessari alla narrazione mitologica integrata con motivi fantasy. La vedo quasi quella scena con la fucina di Vulcano sudato e compiaciuto della sua opera e i due ragazzi rapiti nel seguire quella magia. L' acqua di Lourdes e la pipì di Ito sono il tocco d'artista che pongono sia il manufatto sia il racconto a livello sublime
    Giovanni Martinelli

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