Gomorra è una serie tv del 2014, andata in onda per la prima volta in Italia nel 2014, diretta da Stefano Sollima.
Fanno bene al cuore, e all’orgoglio italiano, serie tv come Romanzo criminale, Faccia d’angelo e, appunto, Gomorra – la serie di Stefano Sollima, perché vi si respira davvero l’eccellenza tricolore che reclamiamo sempre in ogni campo, dalla cucina alla bellezza territoriale. Grazie a Sky, la televisione ha potuto svecchiarsi della sua concezione di fiction statiche che Rai e Mediaset hanno (delinquenzialmente) prodotto in questi ultimi decenni. Il pubblico fruitore è senza dubbio più giovane, spettatori che in questi anni hanno macinato come hamburger di Macdonald’s serie cult come I Soprano, Mad Men, Breaking Bad, dove la differenza tra cinema e televisione era data solo dalla durata e non dalla grande spettacolarità della produzione.
Gomorra – la serie non ha nulla da spartire con i vari Distretti di polizia o i Don Matteo: è carne, sangue e sperma, tutto da seguire senza possibilità di alzarsi da tavola per lavare i piatti. Certo, del libro di Saviano, e dell’omonimo film di Garrone, ha poco o niente: restano gli stessi paesaggi partenopei, le Vele di Scampia, Fuorigrotta, ma l’approccio è diverso, votato soprattutto allo spettacolo puro con sparatorie, esplosioni, amori traditi e uccisioni selvagge, magari con la colonna sonora neomelodica come in un film di Mario Merola diretto da Alfonso Brescia. L’operazione è speculare a quella del fortunato Romanzo criminale, solo spostando l’asse dal Lazio alla Campania, ma con la stessa idea di fascinazione del male, quella che ha spaventato tanto i napoletani al punto da bloccare le riprese della fiction, che vede una camorra fatta di personaggi quasi omerici nella loro scalata al potere, che rischia di far apparire i boss e i loro attendenti come antieroi da emulare per i tanti “idioti dell’orrore”, come cantava Battiato trent’anni fa.
Il cast di Gomorra – la serie non è composto da nomi altisonanti per il grande pubblico, ma tutti, dal semisconosciuto Marco D’Amore che interpreta Ciro detto “l’Immortale” al boss Pietro Savastano di Fortunato Cerlino, sono perfetti nel loro ruolo, con l’aggiunta di una certa spontaneità, quasi neorealista, nella recitazione. Merito dell’operazione è senza dubbio di Stefano Sollima che gira il pilot con un ritmo e un senso dello spettacolo unici, riprendendo le tante scene notturne a Napoli come fosse il Michael Mann di Strade violente, senza i limiti o le censure che ci aspetteremmo da un prodotto tv. La sua mano la si sente ancora di più quando le puntate sono girate da altri (Francesca Comencini e Claudio Cupellini) perché, anche se ben confezionate, risultano meno coinvolgenti e interessanti. È però un piccolo neo in una serie tv nel complesso eccezionale, unica anche nel respiro internazionale.
Concludendo
Se ci sono persone interessate metterei in cineteca, con cadenza settimanale, un episodio della serie come facevamo per Colombo altrimenti come non detto, me le guardo da solo. Tanto per assaggio faccio mettere in cineteca il n.1 della prima serie così se volete potete vedere di che si tratta.
Per il resto
fatemi sapere attraverso i commenti
Dante
di seguito il preannunciato pezzo di Ronzoni https://www.linkiesta.it/2019/10/roberto-saviano-critica/ su Roberto Saviano.
Non sa scrivere. Ha mentito. Ha plagiato. È stato condannato. È ipocrita. È filoisraeliano. Usa il vittimismo come arma. Non è davvero una vittima. Comunque se l’è cercata. Con i suoi scritti (scritti male, ripetiamo) ha screditato un paese, una regione, un Paese (con la “P” maiuscola). Ha contribuito a rendere la camorra una cosa “cool”. Pensa di essere Pasolini, ma non lo è. Il successo mediatico gli ha dato alla testa (cit. Walter Siti). Parla di cose che non sa. È ossessionato dai migranti. È ossessionato da Salvini. Vive in un attico a Manhattan, ma è solo un appartamento a Brooklyn (cit., velenosa, sempre di Walter Siti). Preferisce i migranti agli italiani. È comunista. Si è imborghesito. È di destra: il suo mito è Ernst Jünger. Ha una visione riduttiva della letteratura. È un eroe di carta. Non è un eroe. È invecchiato. È banale. Ha perso smalto. È pelato
Lo scrittore Walter Siti gli contesta l’idea, propugnata in qualche modo da Saviano, che la vera letteratura possa essere solo quella di impegno civile e che il resto sia solo entertainment. Non ci sta Siti (posizione condivisibile) e allora la Verità, giornale sovranista guidato da Maurizio Belpietro, è ben felice di dargli spazio. Del resto, per il centrodestra Saviano è un nemico consolidato: dal Giornale a Libero nessuno gli ha mai perdonato l’anti-berlusconismo militante, la partecipazione al “salotto” di Fabio Fazio, la semplificazione della questione camorrista (in ordine decrescente di importanza – per loro). Gli attacchi giornalieri all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini e le posizioni nette a favore delle Ong, poi, gli hanno alienato anche il mondo della Lega, parte del Movimento Cinque Stelle ei minnitiani (se mai sono esistiti). Lo detesta anche il Foglio, un giornale solitamente controcorrente, non meno tenero di Saviano su Salvini e certo non simpatetico con agli anti israeliani: l’accusa massima è di essere «banale».
Saviano viene bastonato anche a sinistra: ci pensano, da buoni ultimi, anche i compagni del Bolscevico, organo del partito marxista-leninista italiano che trovano appoggio (ironico) sul Fatto Quotidiano. Sono offesi perché lo scrittore, in una intervista comparsa sul Venerdì di Repubblica, si era dimenticato di citarli tra le sue frequentazioni giovanili. Un rapporto «non breve e pure intenso, durato oltre un anno», che risale a un’epoca in cui Saviano era di tendenza «guevarista/trozkista». Anche lui, denunciano, è cambiato, e ora forse si vergogna di questo passato di fronte «alla classe dominante borghese». Prima di loro, comunque, dal Manifesto arrivavano le bordate del sociologo Alessandro Dal Lago, che lo ebbe a definire, in un libro fortunato, eroe di carta.
È il mistero del personaggio Saviano, corpo estraneo in un mondo letterario /editoriale / intellettuale abituato ad altri parametri. Lo è per la sua biografia letteraria: non è Pasolini e non è nemmeno Salman Rushdie. È difficile trovare una via di mezzo: come scrittore nasce con Gomorra, certo – un romanzo metà fiction metà realtà con una volontà di denuncia che appare autentica – ma prende, a causa della vita sotto scorta e della posizione inequivocabile di vittima, una via diversa. Quasi a compensare i limiti letterari, si trasforma in un’icona di lotta contro le mafie e poi, sempre più in alto, contro le ingiustizie e limitazioni imposte ai migranti.
Ed è un corpo estraneo anche per la sua ampiezza editoriale: Saviano, come ha fatto notare la professoressa Giuliana Benvenuti nel libro Il brand Gomorra, è diventato (o si è ridotto a essere?) il perno attono al quale ruota tutta la produzione del marchio: prima il libro, poi il film, poi la serie tv, gli spettacoli teatrali e i nuovi romanzi. Con la sua autorevolezza (e in questo senso è, con esattezza filologica, autore) ha acquisito la funzione di garante. Certifica, vidima, autorizza. Ruolo ben lontano dall’immagine eroica dello scrittore engagé ereditata dal Novecento, forte della sola macchina per scrivere e del carisma di chi ha ragione. Intorno a lui è cresciuto, efficace ma forse più prosaico, un meccanismo fatto di costi, profitti, marketing, di project management.
Cosa rimane allora del primo Saviano? Cosa rimane di quella battaglia di denuncia? Forse poco. O, forse, una delle più grandi macchine editoriali su più canali che ci siano in Italia, che fa della lotta alla criminalità il suo messaggio centrale ed è costruita su uno scrittore che da 13 anni è costretto a vivere sotto scorta. C’è chi ci vede il tradimento – e anche per questo odia, antipatizza, critica. E chi, invece, il miracolo.
A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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redazione:Dante Venezia on line dalle ore 19:00 alle 21:00
Premetto che non è il mio genere preferito ma la recensione che hai pubblicato mi pare lusinghiera. Guarderò in serata questa prima puntata e poi saprò dirTi il mio parere in merito
RispondiEliminaa una acquisizione in cineteca simile a quella che organizzaste per Colombo, serie che mi ha fatto compagnia per i week end di un anno e più.
Buona Giornata
Giovanni Martinelli
Sebbene i fatti di sangue non mi attirino troppo proverò volentieri anche io questa prima visione.
RispondiEliminaEcco poi un addenda al mio commento di ieri sull' architettura del blog. Ringrazio Zanza che mi ha fatto i complimenti ma in realtà è stato assai grave da parte mia aver tralasciato i GATTI.
Cerco di porre rimedio
I primi furono Benito, detto Ito e Agata detta Gata che frequentavano a Follonica la casa del Nespolo (cosidetta per reminiscenze verghiane ma anche perché a detta di dante il Nespolo c'era davvero). Qui abitò per un certo periodo Dante e qui nacquero 5 meravigliosi gattini due dei quali Esserino e Balena furono adottati da Holly e trasferiti a Venezia. Non ricordo come sia finita Gata. Di Ito sapete tutto. Esserino ci ha lasciati nel febbraio dell' anno scorso. Balena è stato affiancato da due simpatiche gemelle che rispondono al nome di Emma e Alice e dovrebbero adesso avere un anno e qualche mese.
E mi perdonino i Gatti
baci
Patty
e ho scritto Dante colla d
RispondiEliminaperdonami anche Tu sono scema di mio e per il caldo
Patty
Io seguii la terza stagione della serie Gomorra in Tv e la trovai ben fatta e anche interessante per le ricostruzioni delle azioni economico finanziarie della malavita. Se metterete anche le prime stagioni le seguirò volentieri.
RispondiEliminaApprofitto per fare i complimenti a Patty per la sintetica ma perfetta ricostruzione di parentele e rapporti tra i protagonisti del blog
Buona serata
Giacomo
@smartynello: bene aspettiamo la sua opinione
RispondiElimina@prencentrence: ottima integrazione Patty e Dante perdona tutti anche senza conoscere il peccato ha imparato da Don Luigi ahahah
@parmigiamino se ci saranno adepti dedicheremo un giorno settimanale alla serie altrimenti in qualche modo ti accontenteremo
Zanza