giovedì 17 giugno 2021

fatevi i gatti vostri 1873 " chiamate chi l' ha visto "

"Zio ma il post di oggi?"

"E te l' ho detto ieri un riesco a scaricà le foto, o come faccio a fallo?"

"Sì ma pensavo che poi tu avessi risolto"

"Penzavi male"

"E adesso dove sei?"

"All' orto".

"A quale orto?"

"Vicino al camper ho fatto un orticello".

"Ma scusa zio è da stamattina che ti cerchiamo e non rispondi al telefono, il post non c'è....."

"Chiamate chi l' ha visto e ditegli che  la Sciarelli è qui da me che mi racconta di perzona la storia di quella povera bimba di Mazara. Pensava che un avessi ancora capito come stavano le cose e sai repetita juvant, ha preso l' aereo ed è venuta a raccontammela dar vivo"

"Dai non scherzare che facciamo adesso?"

"Il post fallo te, poi mi sistemi lo scarico dele foto e domani lo fo io".

"Ma per cena torni?"

"Boia dé ho anche un sacco di verdure da portavvi".

"Ma come torni in bus?"

"No no torno in bicicletta".

"Con la Graziella magari..." 

"No so venuto col mulo (è una bici robusta da lavoro) ma ritorno colla bicicletta da corsa". 

"E quanto pensi di metterci?"

"Na cinquantina di menuti so 9 chilometri pe arrivà a Marghera e altri 10 scarsi da Marghera a Venezia".

So che riesce ancora a viaggiare sui 20 / 25 all' ora e quindi la stima è attendibile. Avverto la zia che commenta scuotendo la testa: " Poveraccio lui se sta fermo si spegne ma ogni volta che sale in barca sta per due giorni a cortisone. Meglio che scorrazzi in bici che non gli fa male e gli irrobustisce le gambe".

Ogni giorno se ne inventa una per scappare al mattino e tornare alla sera. Io e la zia ci alziamo presto e lui sebbene possa restare a letto non ne vuol sapere. Scende a prepararci la barca, risale, sistema i gatti e poi parte, o va al mare o va al suo camper laggiù sul naviglio del Brenta, gli manca Livorno, il Ciampi, il Bar Nado. Gli manca Ito ed è preoccupato di non trovarlo. Purtroppo la pandemia prima ci ha immobilizzato e ora ci lega al lavoro. Potrebbe andare da solo, la zia glielo ha detto ma lui dice che adesso non è il momento.

Intanto gli ho sistemato le foto era solo un problema di cavetto da trasferimento. Domani riuscirà a terminare il post iniziato due giorni fa.

Sono un po' stanca e un po' bruciata dal sole. Mi faccio una doccia mangio un boccone e poi a nanna.

Ciao a tutti

Dani

La presentazione del  film di oggi, richiestoci via mail  dall' amico Fausto di Jesi, riguarda la vita di Renato Vallazasca

da my movies.it la recensione


UN'ADESIONE TOTALE AD UN SIMPATICO NEMICO PUBBLICO.
Recensione di Giancarlo Zappoli
lunedì 6 settembre 2010

1985. Renato Vallanzasca, 35 anni, è detenuto in isolamento nel carcere di Ariano Irpino. È lui stesso a raccontarci le sue prime imprese adolescenziali che gli frutteranno la prima reclusione nel carcere minorile. È l'inizio di una carriera che, con il supporto di alcuni amici d'infanzia, lo condurrà a divenire "il boss della Comasina". All'inizio degli Anni Settanta inizia ad insidiare il dominio, fino allora incontrastato di Francis Turatelo ma la rapina a un portavalori gli procura un arresto con conseguente evasione dopo quattro anni e mezzo. La battaglia con il clan Turatelo si fa sempre più dura così come sempre più sanguinose divengono le rapine ascritte alla Banda Vallanzasca. Vallanzasca sta scontando una condanna complessiva a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione con l'accusa di sette omicidi di cui quattro direttamente compiuti, una settantina di rapine e quattro sequestri di persona nonché numerosi tentativi di evasione. È detenuto da 38 anni.
Michele Placido potrebbe diventare il Lizzani (quello migliore) dei nostri tempi se non si facesse prendere dal desiderio di applicare ogni volta chiavi di lettura e angolazioni 'originali' alle storie che intende trattare. Dopo averci raccontato il '68 dal punto di vista del giovane poliziotto che egli era in quell'epoca oggi afferma: "Non mi interessava entrare nel merito della vicenda. Quello che trovavo stimolante da un punto di vista artistico e creativo era entrare nella mente di un criminale per capire, con un approccio asettico e quasi entomologico lontano da qualsiasi giudizio morale, cosa si prova a stare in bilico fra la normalità e la devianza, a trovarsi al bivio fra il bene e il male e a scegliere deliberatamente il male". Il problema sta proprio qui. Non c'è nulla di più lontano dal Placido regista (ma anche dall'attore) della freddezza dell'entomologo. Il suo è un cinema che, quasi per inerzia, aderisce vigorosamente alle situazioni e ai personaggi che porta sullo schermo. Solo che qui, a differenza di quanto era riuscito con grande lucidità a fare in Romanzo criminale, sta 'addosso' al suo protagonista mettendo quella Milano e quegli anni sullo sfondo.
Un film non può e non deve essere un saggio sociologico ma nella precedente occasione, forse perché sostenuto dall'acuto libro di De Cataldo, Placido ci aveva offerto non solo la storia di una banda ma il ritratto di un periodo buio della nostra storia. In Vallanzasca invece l'adesione al personaggio è, potremmo dire, totale grazie anche a una superlativa interpretazione di Kim Rossi Stuart (ma tutto il cast, a partire da Filippo Timi è all'altezza). Purtroppo l'asserita lontananza dai giudizi morali finisce con il trasformarsi nella descrizione delle imprese di un uomo consapevole del proprio fascino ma incapace di trovare un equilibrio tra le sue pulsioni in cui lo sguardo che si vorrebbe distaccato nei fatti non lo è e l'adrenalina che percorre le oltre due ore di proiezione ne fornisce un'ulteriore prova. Ma ciò che dimostra con grande precisione la non attuazione dell'asserito distacco è l'ultima scena. Che non vi riveliamo ma che fa da sensore dell'ottica in cui Placido, anche senza volerlo (vogliamo dargli credito), ha finito con il collocare il bel René. Un simpatico nemico pubblico. 


Su MYmovies il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini

Nel 1985 Renato Vallanzasca (1950), condannato a 4 ergastoli, detenuto in isolamento nel carcere di Ariano Irpino (AV), racconta la sua storia, a partire dai furti che gli costarono la 1ª detenzione in un carcere minorile, per culminare, negli anni '70 a Milano, a capo di una banda che fece decine di rapine con 7 omicidi (di cui 4 attribuiti a lui). È la 2ª volta, dopo Romanzo criminale (2005), che Rossi Stuart recita in un film di genere gangster con la regia di Placido, qui come protagonista nella parte di un bandito fascinoso, intelligente e razionale che piaceva alle donne (centinaia di lettere in carcere). Ne esce una interpretazione notevole, frutto di mesi di allenamento (anche per imparare, lui romano, a parlare in cadenze lombarde), che ne fa un degno erede di Volonté, meritandogli anche un posto tra gli 8 sceneggiatori. Che da questo script sia uscito un film stringato, fitto d'azione, ben costruito, recitato benissimo, specialmente da Scianna che fa Turatello, prima rivale in rapine e poi amico di Vallanzasca, rasenta il miracolo. Oltre a Placido (il suo film più riuscito?), i meriti vanno condivisi tra Consuelo Catucci (montaggio), Arnaldo Catinari (fotografia), i Negramaro (musica). Fuori concorso a Venezia 2010, dove più di un critico gli rimproverò l'assenza del contesto socio-politico.

4 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    Redazione: on line dalle ore 20:00 alle 22:00

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  2. Mi avete ricordato un film che rivedrò volentieri anche se la teoria della simpatica canaglia per me veste male chi si lascia dietro una lunga scia di omicidi. Dante forse ha trovato in queste lunghe tirate in bici uno dei suoi tanti modi per scaricarsi o per caricarsi, chissà?
    Buona serata
    Giovanni Martinelli

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  3. Povero Dante, è vero che ieri avevo quasi perso le speranze di leggervi ma anche lui ne fa veramente tante. Tutti quei chilometri in bicicletta mi spaventano. La bici è sempre stata un mio sogno e anche una frustrazione indicibile da bambina e da ragazza, finché mio marito ha trovato il modo di fare andare una non vedente in bici. Tranquilli non è una invenzione alla Dante, si tratta di un normalissimo tandem. Dapprima faticai per apprendere l' equilibrio ma lui è robusto e praticamente mi trascinava senza che pedalassi. Poi ho imparato e andavamo alla grande. Purtroppo tra lavoro suo, lavoro mio e 2 figli, dopo il secondo figlio il tandem è rimasto appeso in garage e ci sta da 13 anni ma mi riprometto di usarlo prima o poi.
    Buona giornata da
    Eliana

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