martedì 15 giugno 2021

fatevi i gatti vostri 1871 " guasi sfinente come Angela "

Occhio non come Mariangela detta Zanza lei è inimitabile e quanto a sfinitti è nsuperabile sennò che cazzo l' avrebbero nikkeneimata Zanzara affà?. Cerco invece di imitare gli Angela padre e figlio macinandovi le palle reali o metaforiche fino alo sfinimento. Vi porto a quel mare che ieri m' ha rimesso n mente i verzi di Paolo Conte e m'ha dato l' occasione di favvi sentì un Ciampino in grandissima forma, ho veramente voglia di riabbraccialo per moi mandallo n culo dopo cinque menuti ma ar momento mi manca come mi manca ir Bar Nado.

Donque prencipiamo questo viaggio verso l' uniche spiagge per me accessibile da dove si sta di casa senza dové bestemmià cor incolonnamenti di macchine o busse affollati. Al lido da casa nostra ci si potrebbe andà anche cor 6 un vaporetto che raggiungo in 10 menuti a piedi ma trabocca di gente  e anche se ho fatto ir vaccino completo ho paura lo stesso d'impestammi.

Cos' tiro fori la graziella dala cantina e ale 6 e 10 pedalo verzo il tronchetto. Da casa nostra devo attraversà solo un ponticello un po' ritto e poi ho il ponte di Calatrava che si deve fa a mano ma a quell' ora io lo fo in sella tanto ha i gradini bassi bassi. Poi traverso piazzale Roma risalgo pe un pezzetto verzo r ponte dela liberta e mi butto a sinistra l' con 700 metri di paedalata arrivo al Ferry boat come lo chiamano pomposamente, io lo chiamerei motozzattera ma un voglio che si dica che sono un detrattore della grandeur dela città che m'ospita e mi sopporta da tant'anni.

Ci s'imbarca ale 6e40 precise prima le bici e i motorini, poi le macchine i furgoni e i camioncini diretti al Lido.

Appena sortiti dal tronchetto il nostro traghetto prencipia a costeggiare la lunga riva della Giudecca

e ala nostra destra appare il Mulino Stucky


Il Molino Stucky fu costruito tra il 1884 e il 1895 per iniziativa di Giovanni Stucky, imprenditore e finanziere di nobile famiglia svizzera, il cui padre si era spostato nel Veneto con un'italiana della famiglia Forti. La progettazione dell'imponente complesso fu affidata all'architetto Ernst Wullekopf, che realizzò uno dei maggiori esempi di architettura neogotica applicata ad un edificio industriale.

L'edificio colpisce per le sue proporzioni anomale rispetto a quelle delle tradizionali architetture veneziane presenti su entrambe le sponde del Canale della Giudecca.

L'idea originale di istituire un mulino nella laguna veneta venne a Giovanni Stucky intorno alla metà dell'Ottocento in seguito allo studio del funzionamento di diversi mulini in paesi esteri. In base a tali studi, l'imprenditore decise di sfruttare il canale veneziano per un veloce trasporto via acqua del grano da destinare al mulino dell'isola di Giudecca.


Rilevata nel 1994 dalla società Acqua Pia Antica Marcia (gruppo Acqua Marcia), l'antica area industriale è stata posta quattro anni dopo sotto la tutela della Sovrintendenza alle Belle Arti. Lasciandone inalterata l'architettura neo-gotica, è stata poi sottoposta ad uno dei maggiori restauri conservativi d'Europa riguardanti direttamente un antico opificio.

La fine delle traversie dell'antico complesso è giunta a metà degli anni 2000 con la stipula di una partnership economico-finanziaria fra Acqua Marcia e la catena di alberghi Hilton, in base alla quale l'area è stata destinata a complesso immobiliare dotato di residence, centro congressi e sede alberghiera capace di 379 stanze, ristorante e piscina panoramici, una sala convegni da duemila posti.

Il 15 aprile 2003, quando i lavori di ristrutturazione erano già in corso, il Hilton Molino Stucky Venice è stato colpito da un vasto incendio che ha distrutto l'intera parte centrale dello stabile, danneggiato in particolare la torre, la piccola loggia e il cappello - ovvero il punto più alto dello stabile - nonché il prospetto laterale della struttura, la parete est, quasi interamente crollata nel rio sottostante. L'incendio è stato domato dopo intense ore di lavoro da parte dei vigili del fuoco, giunti con due grandi motobarche e due elicotteri per l'opera di controllo e spegnimento, contrastata dal forte vento e resa complessa dalle grandi dimensioni dell'edificio.

Il complesso ha avviato l'operatività nel giugno 2007.

Nel 2016 la proprietà viene in parte ceduta dal gruppo Acqua Marcia, in amministrazione controllata, al gruppo The Marseglia Group per quanto riguarda la sola parte gestita ad uso hotel e non quella residenziale che rimane di proprietà dei primi rispettivi privati residenti... Mentre una perizia del tribunale di Venezia ha valutato il complesso in 350 milioni di euro, il prezzo finale concordato e per la cessione è di 280 milioni di euro (737.000 euro a camera).

Subito accanto vediamo un edificio tipo old factory, si tartta del Fortuny  un luogo all’apparenza inaccessibile, storia della Venezia industriale, impreziosito da un giardino magico. Qui dagli anni ’20 si narra la storia del tessuto, e di una creatività del tutto speciale. La fabbrica Fortuny non è visitabile, vi si custodisce infatti un segreto sulla produzione per volontà del suo stesso fondatore, mentre lo showroom, il solo ed ufficiale a Venezia, vi farà immergere in un fantastico mondo di stoffe e tessuti sorprendenti, materiali, disegni, cuscini, accessori pregiati e vetri d’arte. Le collezioni esposte sono raffinate e portano chiari i segni di una sofisticata artigianalità.

Mentre una caligine che non so se si dissiperà rivelando un sole in cui spero superiamo sulla destra la chiesa del Redentore

Nell'estate del 1575 scoppia a Venezia una terribile epidemia di peste che in due anni provocherà 50.000 morti, quasi un veneziano su tre. Nel settembre del 1576, quando il male sembra invincibile dagli sforzi umani, il Senato chiede l'aiuto divino facendo voto di realizzare una nuova chiesa intitolata al Redentore.  Scegliendo rapidamente fra diverse opzioni circa forma, localizzazione e progettista cui affidare la costruzione, nel maggio del 1577 si pone la prima pietra del progetto di Andrea Palladio (che dal 1570 era il Proto della Serenissima, architetto capo della Repubblica di Venezia). Il 20 luglio successivo si festeggia la fine della peste con una processione che raggiunge la chiesa attraverso un ponte di barche, dando inizio a una tradizione che dura ancora oggi.


La chiesa è destinata ai padri cappuccini, che ne determinano sia l'impianto planimetrico secondo il modello dei Francescani osservanti (di cui i Cappuccini costituiscono una filiazione) sia la scelta, in ossequio alla loro Regola di povertà, di rifuggire l'uso di marmi e di materiali pregiati, preferendo mattoni e cotto anche per la realizzazione dei bellissimi capitelli all'interno della chiesa. Nel rispetto della griglia funzionale dei cappuccini, per la definizione della planimetria Palladio riflette a fondo sulle strutture termali antiche (in un rilievo delle terme di Agrippa è possibile ritrovare molti degli elementi che caratterizzano la pianta) come fonte delle sequenze di spazi che si susseguono armonicamente una dopo l'altra.


Proseguiamo di poco e sulla sinistra ci appare la punta della dogana e la Chiesa della Salute

qui si vede meglio i foto ripresa dall' alto



La Punta della Dogana o Punta della Salute o Punta da Màr è una zona di Venezia, sottile punta triangolare di divisione tra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, prospiciente il Bacino San Marco.

La zona, parte del sestriere Dorsoduro, ospita tre importanti complessi architettonici (Basilica di Santa Maria della Salute, il palazzo del seminario patriarcale e il complesso della Dogana da Mar, da cui l'area prende il nome) e la principale stazione di rilevamento mareografico della laguna di Venezia, da cui deriva il termine "Zero Mareografico Punta Salute" - ZMPS.



Santa Maria della Salute (o chiesa della Salute o semplicemente La Salute) è una basilica di Venezia eretta nell'area della Punta della Dogana, da dove risalta nel panorama del Bacino di San Marco e del Canal Grande. Progettata da Baldassare Longhena con attenzione ai modelli del Palladio, è una delle migliori espressioni dell'architettura barocca veneziana. La sua costruzione rappresenta un ex voto alla Madonna da parte dei veneziani per la liberazione dalla peste che tra il 1630 e il 1631 decimò la popolazione, come era avvenuto in precedenza per la chiesa del Redentore. Il culto divenne così radicato a Venezia che la Vergine Maria venne aggiunta all'elenco dei santi patroni della città di Venezia. Nel dicembre del 1921 papa Benedetto XV l'ha elevata al rango di basilica minore.

Questo qui un c'è bisogno di divvelo cos'è e ir palazzo ducale o meglio Dogiale dove Balena ha una sala riservata con scritto sull' uscio Gabinetto del Dogie Serenissimo Gato Balena Primo. In terra invece del marmo c'è la sabbietta perché Balena appena entro disse Gabinetto na sega con tanti architetti ditemi dove piscio e caco io e cos' gli messero la sabbietta profumata e che fa la palla quella da diversi euri a sacchetto pe intendesi. Capolavoro dell’arte gotica, il Palazzo Ducale di Venezia si struttura in una grandiosa stratificazione di elementi costruttivi e ornamentali: dalle antiche fondazioni all’assetto tre-quattrocentesco dell’insieme, ai cospicui inserti rinascimentali, ai fastosi segni manieristici. Esso è formato da tre grandi corpi di fabbrica che hanno inglobato e unificato precedenti costruzioni: l’ala verso il Bacino di San Marco (che contiene la Sala del Maggior Consiglio) e che è la più antica, ricostruita a partire dal 1340; l’ala verso la Piazza (già Palazzo di Giustizia) con la Sala dello Scrutinio, la cui realizzazione nelle forme attuali inizia a partire dal 1424; sul lato opposto, l’ala rinascimentale, con la residenza del doge e molti uffici del governo, ricostruita tra il 1483 e il 1565. L’ingresso per il pubblico di Palazzo Ducale è la Porta del Frumento (così chiamato perchè vi si trovava accanto l'”Ufficio delle Biade”), che si apre sotto il porticato della facciata trecentesca prospiciente il Bacino San Marco.

Propio mentre si supera la Piazza san Marco s' icrocia un traghetto come il nostro così vi rendete conto di come è fatto e credo concorderete che è na motozzattera perché ha i bordi tarmente bassi che cor un onda ser mi mare si empirebbe come na vasca da bagno ma in questa pozzanghera qui basta e avanza.

Siccome ir materiale è tanto, io mi stanco facile e voi mi immagino eguale. Il seguito dela giornata al mare lo metto nel post di domani

Statemi bene


Quanto al firme

oggi dirrei che si possa metta la presentazzione di Veleno  un film drammatico del 2017 diretto da Diego Olivares, tratto da una storia italiana vera. È stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica a Venezia 2017 se gli è garbato un lo so.

Presentazione da my movies

UN CREDIBILE 'WESTERN CAMPANO' CHE PROCEDE IN MODO SEMPLICE E LINEARE FINO ALLA SUA "NATURALE" CONCLUSIONE.
Recensione di Paola Casella
venerdì 8 settembre 2017

Cosimo e Rosaria lottano ogni giorno per tenere la loro fattoria e il loro allevamento di bufale al riparo dal progressivo avvelenamento delle terre del casertano ad opera di chi continua a sotterrare in quelle terre rifiuti tossici. La loro piccola impresa agricola è in comproprietà con Ezio, il fratello di Cosimo, e sua moglie Adele, genitori di tre bambini piccoli. Anche Cosimo e Rosaria scoprono di aspettare finalmente un figlio, e questo li stimola a tenere ancora più duro nella difesa della terra di famiglia. Ma i responsabili dello "smaltimento rifiuti" fanno pressioni per impossessarsi di quell'appezzato che confina con le loro discariche abusive impedendone l'ampliamento attraverso un sordido avvocato, Rino Caradonna, che aspira anche a diventare sindaco del paese. Ed Ezio e Adele sembrano inclini a cedere a quelle pressioni insistenti.

Diego Olivares, al suo secondo lungometraggio di finzione dopo I Cinghiali di Portici, struttura il suo Veleno (ispirato ad una storia vera) come un western, di quelli dove il padrone della ferrovia vuole fare fuori il contadino la cui fattoria gli ostruisce il tracciato, e lascia che la sceneggiatura (scritta dal regista) proceda in modo semplice e lineare fino alla sua "naturale" conclusione.

Le interazioni fra i personaggi sono credibili, soprattutto quella fra un'inedita Luisa Ranieri e il sempre affidabile Massimiliano Gallo nei panni di Rosaria e Cosimo (la cui chimica di coppia funziona a meraviglia), e un cast di attori campani di qualità, fra cui spiccano Salvatore Esposito nei panni di Caradonna e Miriam Candurro in quelli di Adele, fa sì che il tono del racconto, seppure (volutamente?) monocorde, risulti convincente.

Il problema semmai è che la storia è così uniformemente (melo)drammatica non dà tregua allo spettatore. È evidente il tentativo di mettere il pubblico nello stesso "imbuto" in cui si trovano molte famiglie contadine del casertano, strette fra la miseria e la camorra, ma filmicamente una mano occasionalmente più leggera e qualche attimo di tregua avrebbero giovato al risultato finale. Il personaggio più interessante resta Caradonna, a sua volta stritolato fra le pressioni della malavita e le proprie ambizioni di riforma, fra il desiderio di ripulirsi la coscienza e le lusinghe del denaro e del potere. E il vero protagonista della storia è quel veleno che permea non solo il terreno ma anche le vite di chi, volente o nolente, in quel terreno è nato e cresciuto. Un veleno che prima o poi intossica anche chi ne fa uno strumento di sopraffazione e una fonte di guadagno. 


1 commento:

  1. Ho aspettato per tutto il giorno a commentare perché non vedevo apparire l'apertura col commento di redazione e quello del gatto Esserino che ormai sono diventati un consueto segnale. Però la cineteca funziona e quindi deduco che Dante vessato da tanta responsabilità abbia semplicemente dimenticato di inserire i due commenti iniziali, grazie per il post vedere Venezia con gli occhi di uno che ci vive non è male, restiamo in attesa delle spiagge inesplorate meta del nostro Dante
    Buona Notte
    Giovanni Martinelli

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