sabato 3 marzo 2018

fatevi i gatti vostri n 886 " alle radici della burla"

Continuando un excursus di carattere storico culturale inerente il burlesque riportiamo oggi un interessante artico di Lorenza Fauci

che ci permette di ripercorrere il fenomeno del Burlesque dai suoi esordi a oggi. Chiedo scusa per afferire a testi non miei, dei quali cito fonti primarie e secondarie, purtroppo la vicenda del Bar e della SIAE mi sta assorbendo non poco. Conto tuttavia di risolverla entro domenica e di raccontarvene gli sviluppi.

a presto Zanza



STORIA DEL BURLESQUE
Il boom del Burlesque come fenomeno di costume e di moda
di Lorenza Fruci
Il testo è estratto dal saggio THE BURLESQUE BOOM: A PHENOMENON OF COSTUME AND FASHION pubblicato all’interno dei volumi Fashion through History Costumes, Symbols, Communication (Volumi I e II) a cura di Giovanna Motta e Antonello Biagini. LINK AL VOLUME.
.Di cosa parliamo esattamente quando parliamo di “burlesque”? L’etimologia del termine indica che deriva dal francese, sia come aggettivo che come sostantivo, e definisce un genere parodistico della letteratura del XVI° e XVII° secolo che faceva il verso ai grandi testi classici. Successivamente questi testi parodiati vennero rappresentati a teatro dando vita ad un vero e proprio genere teatrale evolutosi negli anni. Le prime tracce si trovano nell’Inghilterra Vittoriana e la prima artista inglese di burlesque annoverata nella storia fu Eliza Vestris, interprete di opere comiche e di canzoni dell’epoca. Negli anni a seguire il burlesque si sviluppò parallelamente al vaudeville, al cabaret francese, al varietà, al music hall inglese, al cafè chantant francese, mantenendo sempre una peculiarità: era uno spettacolo popolare, che spesso scimmiottava l’aristocrazia,



Dall’Europa si spostò negli Stati Uniti dove inizialmente metteva in scena parodie di libri o testi teatrali classici e successivamente venne influenzato daiminstrel shows, diventando un “contenitore” di sketch comici, varietà, danze e musica. Tra i primi spettacoli di burlesque americani menzioniamo in particolare i Girlie Shows, degli spettacoli interamente al femminile. Il più famoso fu The Black Crook che si svolse a New York nel 1866 e venne ricordato come il primo musical americano, nato dall’unione tra una compagnia di prosa americana e una compagnia di ballo parigina. Introdusse la novità delle ballerine con gonnelline corte e in calzamaglie di seta color carne che davano un effetto di nudità. Nel 1868 dall’Inghilterra arrivò a New York anche la regista Lydia Thompson con la sua compagnia Imported British Blondes, quasi interamente al femminile, per portare in scena Ixion, uno spettacolo tratto da Lisistrata di Aristofane. Le ballerine della Thompson non restavano anonime ma avevano dei numeri individuali e venivano presentate con il proprio nome (cantavano, ballavano e recitavano). Ixion restò in tournée per più di vent’anni segnando lo sviluppo dei Girlie Shows e dando vita ad una prima forma di burlesque al femminile. Il loro successo spinse gli impresari ad  investire su questo tipo di show e il produttore teatrale M.B. Leavitt nel 1869 creò il primo minstrel show al femminile con elementi di vaudeville e parodie musicali unite in un unico show chiamato “burlesque”. 
 
Gli ultimi decenni dell’800 segnarono un grande sviluppo di compagnie e di spettacoli al femminile che puntavano sulle “queens” delle varie compagnie come le vere star dello show. Tra queste ricordiamo le Barrison Sisters un gruppo di cinque ragazze note come le “ragazze più peccaminose del mondo” per aver sdoganato nei loro spettacoli la parola “pussy” – giocando sul suo duplice significato – cantando “Would you like to see my pussy?” mentre alzavano la gonna e mostravano le mutandine da cui usciva un gattino nero…





La leggenda vuole che nel 1917 il burlesque incontrò accidentalmente lo strip (data che segna anche l’inizio della storia dello strip): in un locale di New York la ballerina Mae Dix perse involontariamente il suo abito rimanendo svestita. L’imprevisto piacque al pubblico e spinse gli impresari, i famosi fratelli Minksy, a reiterarlo. Nei primi decenni del ‘900 era possibile mostrare le gambe nude, fare allusioni e ammiccamenti, ma non mostrare il corpo nudo. Questo attirò le critiche dei benpensanti e la polizia, tanto che ad un certo punto il burlesque iniziò ad essere perseguitato e spesso venivano fatte delle retate degli artisti mentre erano in scena. Ma i divieti danno vita a mondi e, per evitare la nudità e aggirare le proibizioni, nacquero costumi e coreografie che caratterizzarono il genere. Per coprire i capezzoli vennero creati i Pasties (i copri capezzoli), per il pube il Merkin (cioè la parrucca pubica), per slip i G-string (cioè il tanga), accessori che ancora oggi differenziano uno spettacolo di burlesque da uno stripstease. E, per permettere alle danzatrici di ballare nude, venne inventata la fan-dance, la danza con degli enormi ventagli che servivano a coprire le nudità in un gioco di roteazioni e movimenti sensuali.

Gli anni ‘20 e ‘30 segnarono la Golden Age del burlesque, durante la quale le artiste di burlesque venivano chiamate “danzatrici esotiche” ed erano le star degli spettacoli. Ricordiamo per esempio Sally Rand, famosa soprattutto negli anni ’30 per la fan-dance e la bubble dance (danza con un’enorme palla di gomma) che nel 1937 venne arrestata più volte perché sembrava che si esibisse nuda quando invece indossava sempre una calzamaglia color carne. E poi Gypsy Rose Lee, diva degli anni ‘40, definita “stripper intellettuale” che rivendicò maggiore dignità per il burlesque e creò le basi e le regole di uno show di burlesque. Ricordiamo anche Lili St. Cyr, la “first lady del burlesque” famosa tra gli anni ‘40 e ‘50 che creò il numero della vasca da bagno (bubble bath). Una curiosità su di lei: alla fine della carriera da performer si dedicò alla creazione di una sua linea di lingerie, pensata per le mogli, alle quali proponeva di indossare dei capi ispirati dal burlesque per sedurre i propri mariti.








Continua

1 commento:

  1. Molto interessante e molto corretto citare ogni fonte e linkare l'opera
    Un caro saluto

    Anna

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