lunedì, 12 maggio 2008
Fatevi i gatti vostri n. 133 "Ombra e luce"
Sembrava un mucchio di paglia, stesa in mezzo alle stoppie di un campo che sarebbe piaciuto a Fattori per piazzarci su due buoi e un aratro. Mi avvicinai per rendermi conto se fosse ferita o avesse qualche problema. Sembrava solo sporca e affamata. Mi ringhiò, senza abbaiare, e mi azzannò la mano con una forza insospettabile in un animale di taglia così piccola. Era inavvicinabile e me ne andai facendo l'indifferente, mentre mi massaggiavo la mano. Continuò a ringhiare, seguendomi ma tenendosi a distanza. "Stavolta ti frego!"- pensai, mentre raggiungevo la cinquecento-. In macchina avevo, infatti, un filone di pane imbottito con ogni ben di dio. Cominciai a mangiare, senza togliere lo sguardo da lei, che si era fermata a una ventina di metri. Mi sentivo un verme ma era l'unico modo per avvicinarla. Lanciai un boccone a metà strada tra noi due. Mangiò, con la voracità che solo la fame può dare. Un altro boccone...5 metri, preparavo l'attacco finale: stavolta solo ripieno! profumatissimo, lasciato cadere ai miei piedi. Lo afferrò con una rapidità che non avevo previsto e corse lontano, verso la prima posizione. Avevo perso tutto il mio vantaggio. Mi restava una salsiccia, lasciata in macchina due giorni prima da Dino. Ancora un pezzo lanciato ai 10 metri. Mangiò con avidità io...lasciai il resto della salsiccia accanto all' auto e mi allontanai. Dopo un quarto d'ora il cane era accucciato vicino alla macchina in una posizione identica quella della foto sopra. Ormai sentivo che una decisione era nata in me. Mi piaceva quel cane color paglia. Lo volevo a tutti i costi. Non aveva gli occhi lamentosi di tanti altri cuccioli. Era furba e aggressiva come una gatta e io ero cresciuto coi gatti. Salii in macchina, lei si allontanò. Se fossi tornato a casa rischiavo di non ritrovarla più il giorno dopo. Calò la sera e il cane continuava a scrutarmi da una decina di metri. Alle 10 ero quasi risoluto a mollare ma... non mi andava. Dissi tra me e me "ancora una mezz'ora e poi vado" Mi addormentai con lo sportello aperto. Quando il cinguettio degli uccellini mi svegliò, albeggiava. Il cane era sparito. Guardai intorno...niente. Ero pronto a tirare la levetta della messa in moto (la 500 si accendeva con un tirante metallico a fianco del cambio) quando ... te la vedo uscire da sotto la macchina. Feci il cenno di salutarla, mi afferrò i pantaloni con i denti, ringhiando... e muovendosi in tondo! Giocava! Dopo un paio d'ore salii in macchina per partire e con la mano la chiamavo facendo cenni come per esortarla a saltare dentro.Niente. Quando chiusi lo sportello, ormai rassegnato, me la vidi balzare dentro dal finestrino. Col motore acceso si accucciò sul pavimento dal lato del passeggero ringhiando e tremando ma non scese. E non scese più per sedici anni. Cambiarono le macchine ma il suo posto non cambiò più. Talvolta partivo mentre era lontana e mentre guidavo piano vedevo sopraggiungere la nuvola di polvere. Un colpo di freno senza neppure fermarmi e lei saltava dentro. Alcuni esperti mi dissero che quasi certamente era stata allevata per la caccia al cinghiale ma di certo, l'insofferenza che manifestava per gli altri cani aveva spinto il cacciatore a lasciar perdere o, peggio ancora, ad abbandonarla, forse era scappata. Non si avvicino mai ad un altro cane senza fargli assaggiare i denti. Era un essere indomito: una femmina doberman, un giorno, me la stava quasi uccidendo davanti ma quando la misi in salvo aveva stretto tra i denti un grosso lembo di carne della rivale.
Nella sua lunga vita morse tutti quelli che le capitarono a tiro, adulti, bambini vecchi e spesso anche me. Portò rispetto solo al vecchio Felix che, trovandosela in casa, fece buon viso a cattiva sorte e le lasciò un certo spazio. Non si amarono ma si rispettavano, lei sapeva che il gatto non avrebbe mancato l'attacco agli occhi e Felix sapeva che, anche da orba, il cane giallo lo avrebbero azzannato per non mollarlo più.
Quando ho ritrovato le foto, sbiadite, in un vecchio libro ho pensato che Ombra (già...la chiamai così per una macchia scura sul dorso) aveva il carattere giusto per essere ospitata almeno come ricordo nel blog dei mici e che se l'avessero conosciuta....l'avrebbero rispettata anche loro. Dante
Bene, questo è uno dei rari casi che conosco in cui è stato l'uomo a scegliere il cane (la cahna) e non viceversa.
RispondiEliminaMa quella cagna aveva dentro Qualcosa di particolare, si vede benissimo anche da una vecchia foto un po' sbiadita.
Una cagna per intenditori... o forse una gatta rimasta intrappolata in un corpo di cane per qualche scherzo crudele del karma?
Ma no, era una cagna, non un gatto. Era assolutamente canina in tutto e per tutto.
A modo suo ^_^
Poteva aver avuto Dante un cane normale? Ricordavo questo pezzo e mi sono commossa ancora una volta, vado di dejavù anche con la commozione. Grazie Dante
RispondiEliminaPatty
Ho letto con la voce d Dante nelle orecchie
RispondiEliminaCiao Ombra
Questo racconto è bellissimo
Elenamaria