martedì 14 luglio 2020

fatevi i gatti vostri 1545 "Posso dire una roba che farà incazzare qualcuno?"


Si preannuncia giornata durissima, abbiamo un' altra commessa simile a quella evasa un po' di tempo fa. Trasferimento materiale di magazzino da Venezia alla terraferma. Gran brutto segnale anche se per la zia son soldi benedetti. Significa che alcuni commercianti o imprenditori spostano la loro attività. Al loro posto vedremo forse Cinesi o Bengalesi. Nulla contro le due etnie salvo il fatto che nella ristorazione buona parte degli appartenenti (non tutti, non generaliziamo) usano materie prime scadentissime, curano poco l' igiene e il caffè è imbevibile. Per me basta e avanza con le debite eccezioni che tuttavia restano vere rarissime eccezioni. Voglio portare un esempio perché parole un po' dure come le mie possono esser facilmente travisate. Ante covid 19 frequentavo due ristoranti giapponesi, ottimi, servizio impeccabile, qualità elevata, prezzi carucci e quindi da riservare a occasioni particolari. Cosa c'è di diverso tra un Giapponese un Indiano un Cinese? Se si pensa a valori assoluti nulla, tre grandi civiltà che ci hanno offerto pensatori, poeti artisti in tutti i campi dello scibile ma.... Determinate condizioni culturali e sociali hanno portato milioni e milioni di persone ad abituarsi a vivere in maniera estremamente approssimativa, con una cura dell' igiene bassissima o inesistente e non son qui a quotare Zaia quando dice che "i cinesi mangiano i topi vivi!. Uno può mangiare ciò che vuole ma se non si lava le mani e sputa ad ogni passo mi fa schifo anche se discende da un Doge ed è Veneziano da 20 generazioni. "Posso dire una roba che farà incazzare qualcuno?" Stavolta sto citando Zaia. Mi viene da vomitare troppo spesso a vedere come si comportano a livello igienico e se il tempo che servirà a queste persone per cambiare abitudine è, come prevedo, lungo abbastanza da sovrapporsi pesantemente a miei spazi temporali vitali mi dispiaccio molto e spesso mi incazzo. E poi chi viene e compra un bar o un ristorante e ha cervello funzionante per gestire affari difficilmente è arrivato con le carrette del mare e allora mi va via anche il senso di umana fratellanza che avrei per un disgraziato o un profugo e col cavolo che sopporto che mi imponga i suoi sputi per terra, le cucine sporche e i lavoranti che spariscono appena si preannuncia un controllo. 

Basta vado a lavorare così mi passa...fino alla prossima volta 
Dani
Ecco il film con recensione da mymovies

A CACCIA DI UN MISTERIOSO AMANTE DEI LIBRI LA 
PICCOLA SHIZUKU, DIVISA TRA PASSIONE 
PER LA SCRITTURA E SENSO DEL DOVERE, 
SCOPRE L'AMORE.
Recensione di Emanuele Sacchi

La piccola Shizuku si diletta in poesie e traduzioni dall'inglese, frequentando assiduamente la biblioteca in cui lavora il padre. Incuriosita dal fatto che un tale Amasawa prende in prestito gli stessi libri scelti da lei, Shizuku arriva a conoscere il ragazzo, grazie all'aiuto di uno strano gatto incontrato in metropolitana.
I sospiri del mio cuore è destinato a vestire perennemente i panni di unico lascito del talento di Yoshifumi Kondo, allievo prediletto di Miyazaki Hayao scomparso a soli 47 anni per un malore dovuto a stress da superlavoro. Una tragedia che portò Miyazaki ad allontanarsi per qualche anno dal cinema, afflitto dal dolore della perdita e dal senso di colpa. E che incrementa l'aura di malinconia che pervade il film, acuendo il lato "agro" rispetto a quello "dolce" di un racconto di formazione che mescola con maestria turbamenti dell'adolescenza, etica del lavoro, fede nei propri sogni e quel pizzico di magia che svolge un ruolo cruciale e maieutico nella consapevolezza di Shizuku sul proprio talento. Per Yoshifumi la suggestione di un negozio di cianfrusaglie, capace di attirare l'attenzione di un gatto sornione e di una ragazzina curiosa, è il motore di una svolta nel percorso di vita della protagonista, che si trova a mescolare la scoperta dell'amore e la ricerca della propria identità in un ottundente caos di emozioni. La delicata perizia di Yoshifumi Kondo si traduce in una messa in scena "verista" (più vicina in questo a Takahata Isao, l'altro mentore dello studio Ghibli, che a Miyazaki) della sceneggiatura di Miyazaki, in cui anche il minimo particolare è parte integrante della narrazione, contributo fondamentale alla veridicità del racconto e al potenziale di transfert tra spettatore e protagonista, in un racconto che si rivolge alle gioie e alle paure che accomunano gli adolescenti di ogni latitudine e generazione. La difficoltà di raggiungere un interruttore della luce, la necessità di un kleenex in più per un raffreddore che non se ne vuole andare sono piccoli gesti che contribuiscono al contrasto ossimorico con la sequenza "magica" (ma calata in un contesto onirico) in cui i due gatti magici Baron e Muta guidano Shizuku verso un percorso di crescita a cui manca solo un sentiero di mattoni dorati.
Lo script miyazakiano è immediatamente riconoscibile per alcuni topoi inconfondibili, a partire dalla scelta anagrafica della protagonista fino alla contrapposizione tra il Giappone come terra del Lavoro e l'Europa (specie l'Italia) come terra di Arte e Mistero: contrasto che si amalgama in uno Yin e Yang di sacrificio e talento, esemplarmente incarnati dalle contraddizioni del personaggio di Shizuku. Solo un finale sbrigativo e con ansia da happy end finisce per ridimensionare in parte gli spunti più stimolanti de I sospiri del mio cuore, quelli che si concentrano in un sinistro pre-finale che pare preludere a un futuro di disillusione, se non un presagio di morte, che resta uno spunto suggerito, ma parzialmente incompiuto. Come il talento di Yoshifumi Kondo, purtroppo, prematuramente strappato al cinema di animazione mondiale.
Il film è tratto da un manga (omonimo) di Aoi Hiiragi e i maniaci della Ghibli non mancheranno di apprezzare diversi omaggi celati qua e là al corpus miyazakiano, dalla scritta "Porco Rosso" su un orologio al pupazzo di streghetta che riecheggia la Kiki di Kiki Consegne a domicilio. I due gatti Baron e Muta ritornano come protagonisti in The Cat Returns di Hiroyuki Morita, del 2002.

12 commenti:

  1. Due e diversi sono i piani.
    Uno riguarda umanità e accoglienza che incontra tutto il mio favore e sostegno ma con impellente necessità di legiferare adeguatamente e subito in merito a contingenti, collocazione, assistenza.
    L'altro eguaglianza di fronte alla legge, regole certe, identici diritti e doveri.
    Per me il ristorante o il bar sporco va sanzionato pesantemente e chiuso fino ad adeguamento alle norme. Dopo la terza chiusura revoca della licenza. In caso di recrudescenza ulteriore nel delinquere espulsione dal territorio italiano misura dura si ma di fronte a chi non sa o non vuole adattarsi ci vuole. Se compie gli stessi reati un italiano, bè non posso espellerlo ma ci sono ugualmente misure pesantissime da poter applicare soprattutto di carattere economico quali ad esempio confisca del bene commerciale, sequestro dei conti bancari ecc. fino al carcere.
    Buona Giornata
    Giovanni Martinelli

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  2. Le abitudini si cambiano in fretta (vedi pandemia in corso) specie quando arrivano le nuove generazioni, e comunque né cinesi, né bengalesi né giapponesi arrivano coi barconi ☺️Piuttosto, può darsi che anche la vendita del fondo riservi sorprese, visto che in questi mesi gli equilibri economici stanno cambiando e i bengalesi in questo periodo han parecchio di cui occuparsi a casa loro. Ecco, può darsi che qualche cambiamento nelle città da turismo, come Venezia e Firenze, effettivamente ci sua, ma non so in che direzione.
    Aggiungo che una discreta fetta di ristoranti sushi... sono gestiti da cinesi. Insomma il quadro è complesso e qua son mesi che non si vede né un takoyaki né un wanton (magari dovrei andare in città, lì probabilmente hanno riaperto...)
    Ma intanto grazie per il nuovo film. Ieri sera ho visto Totoro e, davvero, era fantastico - un vero lavaggio a spazzola per l'anima, mai visto niente così. Miyazaki ha sempre una marcia in più, qualsiasi cosa faccia ❤️

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  3. Il mio figlioccio, è stato a Venezia proprio lo scorso week-end, e mi ha detto che l ha trovata vuota e desolata, coi gondolieri che facevano prezzi speciali per un giro in gondola.... io non so se è perchè mancano i turisti stranieri, oppure perchè noi italiani, Venezia l abbiamo già vista tutta più volte....

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    1. Ti ha riferito l' esatta realtà. Gli stranieri non arrivano e gli italiani l' hanno già vista.
      Un abbraccio

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  4. Sono TOTALMENTE d'accordo con Smartynello. Se non li bastoni ci provano fino alla nausea. Al momento non ci sono leggi che consentirebbero quanto lei auspica ma le leggi si possono fare.Per l' accoglienza sì ma come faccio io con i mei gatti li raccolgo li curo li assisto li tengo o trovo loro famiglia. Salvare per lasciare in mezzo a una strada è una buona azione che si ferma a pagina 1.

    I ristoranti giapponesi, se scadenti, sono gestiti dai cinesi ma se uno minimamente si intende di ciò che mangia si vedono subito le magagne
    comunque
    Mai entrare nei all you can eat (non sono giapponesi statene certi)
    Chiedere al proprietario - e non a uno dei camerieri - da quale zona del Giappone proviene
    I ristoranti giapponesi per norma non hanno nomi di città, quartieri o saluti
    I giapponesi hanno esposti i piatti clone di cera/plastica delle pietanze, i cinesi “di solito” no
    I miei preferiti a Milano considerate che su oltre 400 solo una dozzina sono veraci: Shiro Poporoya J's Hiro Oasi Giapponese Maido
    Si mangia bene e si spende il giusto (intendo entro i 40 /50 a testa al Poporoya che è bar risto meno)
    Chi tra noi conosce se vuole può citare qui quelli dei quali ha certezza
    Buone mangiate
    Lucy

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  5. Io me so proprio rotta, so nervosa, ntollerante e antiitaliana perché se l' Italia è questa voglio diventà eskimese. Detto ciò passiamo alle amenità ovvero a magnà:

    Posso garantire per quanto scrive Lucia è una intenditrice e sono stata sua ospite con grande soddisfazione, prima ovviamente del cataclisma.
    A Roma i sushi? una infinità! Giapponesi veraci ci sono ma non troppi.
    I miei preferiti per la tasca e per la sicurezza:
    Sui Generis è gestito da Cristiano, italianissimo e quindi non cinese all' Infernetto in via Bassani andando verso Ostia
    Oppure
    Sushisen espone il certificato della Organizzazione Giapponese dei Ristoranti, sicurissimo. Abbordabile, via Giulietti traversa tra via Ostiense e viale Campo Boario tra piramide e la stazione Ostiense come rif. generale.
    Ne potrei citare altri 10 ma non ci andavo per le stangate o il superaffollamento.
    Baci Patty

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  6. E allora dietro l' invito di Lucia citiamo i miei due: Il Basara, calle lunga San Barnaba Dorsoduro giapponesissimo con direzione italiana. Anche ottima pasticceria ha il suo gemello a Milano. spesa dai 20 ai 70. Mirai Cannaregio all' interno dell' Hotel principe ottima qualità prezzi dai 30 agli 80. Io sono sempre stata in fascia bassa perché andavo con Bobby e ci scambiavamo le porzioni. Mai speso più di 80 euro in due. Ovviamente pagava lui che a Londra spende di più. Per me è un lusso, per la zia soldi buttati via, per lo zio una bestemmia.
    Dani

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  7. A Parma sono tutti cinesi, tant'è che si mangia con 15 20 euro e se vai col libretto di Mao ti fanno lavare i piatti. Ma mi si consenta un dubbio davvero i giapponesi son tutti perfettini e i cinesi tutti approssimativi e sudiciotti? Mi pare che a partire dai samurai per passare alle geishe e finire alle macchine fotografiche il Giappone sia stato un po' troppo osannato. Folli guerrieri tutto codice d'onore e niente cervello, genuflessi all' imperatore, i primi, puttanone d'alto bordo raffinatissime le seconde, cloni dell' ottica tedesca le terze e non dimentichiamoci l' asse Ro BER TO Roma Berlino Tokio, avevano scelto fascisti e nazisti come alleati e non ce li aveva obbligati nessuno laggiù tanto lontani dall' area di guerra. Insomma fanno un sacco di stronzate anche loro ma hanno metodo e disciplina. Magari servono testicoli e ovaie di bambini ma si lavano le mani prima e dopo!
    Giacomo

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  8. A Ferrara Inki Makisushi, giapponese con certificato eeccellenza. Qualità e servizio inccepibili.
    Un pranzo completo passa abbondantemente i 60 euro. Ma con le amiche prendiamo anche soli antipasti o piatti particolari stando sui 20 a cranio. Anche con tale restrizione è fuori dalla mia portata e nell' ultimo anno ci sono andata 2 volte
    Come alternativa lo Shis. Non è la stessa cosa, fa parte di una catena diffusa ovunque ma è controllatissimo e non ci sono sorprese su cibi e pulizia.
    Rispondo al mio conterraneo parmigiamino dicendo che ha ragione su tanti aspetti storici e sociali ma qui si parlava di pulizia e sedersi tranquilli. Quindi i Giapponesi su questo profilo vanno rispettati. Se poi sia meglio mangiare nella cucina linda di un nemico o nella tazza del cesso di un compagno è un dilemma che non mi pongo.
    Eliana

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  9. Non so che dire, sono 35 anni che bazzico cinesi, tailandesi, giapponesi e indiani e ne ho provati una bella quantità. Da qualcuno mi sono ben guardata dal tornare, da altri ho fatto il solco, compresi alcuni eccellenti all you can eat, uno al paesello, uno a Firenze. Per come la vede il mio stomaco, nel settore della ristorazione (che a Firenze, come a Venezia, è onnipresente) ci sta anche un sacco di gente che cucina male o in modo molto insulso. Quando ne trovo uno che parla al mio cupre o al mio stomaco non faccio troppe domande, ma molti ristoranti giap o similjap hanno la cucina o il banco a vista quindi certe cose si possono controllare. Non posso lasciarvi dei nomi perché negli ultimi anni l'unico che ho frequentato (Niwa) mi par di capire che non ha riaperto dopo il lockdown. Nel mio laese ce n'è uno assolutamente meraviglioso, ma non ci sono ancora tornata perché 'sta storia di dover prenotare imi manda in crisi (sospiro)

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