sabato 22 marzo 2014

fatevi i vostri n 547 "Il gatto e il padrone"

Di certo non credo che i gatti possano avere un padrone. Né,del resto, in questa novella, il cosidetto "padrone" vanta la proprietà del gatto. C'è in tutta la narrazione un gusto pittorico e un fotografare la realtà che mi fanno pensare a come Paolieri non abbia avuto il giusto posto negli scranni letterari d'allora e neppure d'ora.
Visto che l'audio vi è resultato gradito, finché posso, continuo a linkarlo.
Un abbraccio a tutti

Dante

la novella la ascoltate cliccando qui sopra


IL GATTO E IL PADRONE

Sotto la pergola di convolvoli e di pampani mescolati insieme bizzarramente, d'onde filtravano, sul terreno ghiaioso del giardinetto, vivi occhi solari in mezzo all'ombra celeste della giornata afosa, il «padrone», sonnecchiava sopra una vecchia sedia di giunco a spalliera.
Lo chiamavano il «padrone» di soprannome, forse perchè non era padrone di nulla, altro che di un gatto soriano, enorme, ormai anziano e non poco intignato.
Caso curioso, ma non infrequente, gatto e padrone si rassomigliavano.
Il gatto aveva nelle pupille grige tutta la fintaggine sorniona della sua razza, e il padrone aveva nelle iridi smorte degli occhi cinerei tutta la rassegnazione paziente di chi non ha mai fatto nulla, contentandosi d'aspettare la manna dal cielo.
E, naturalmente, l'aveva con quelli che lavoravano.
Parlava poco; ma se passava il medico, tutto trafelato, colla schiena rotta dai sussulti del barroccio d'un contadino, eccolo urlare: - Io, se fossi il padrone del pane, a quello, non gliene darei punto!
- O perchè? - gli chiedevano.
- Perchè è un vagabondo! Bella fatica!... andare a spasso tutto il giorno e far due segni, col lapis, sur un foglio di carta....
Dunque, il gatto e il padrone, si rassomigliavano.
Il padrone sonnecchiava sopra una vecchia sedia di giunco, a spalliera; il gatto dormiva in un'aiòla di giaggiòli.
Aveva stiacciato lo stelo di tre o quattro e così era riuscito a farsi un covo, d'onde, pigramente sdraiato con  tutt'e quattro le zampe intirizzite dalla beatitudine, seguiva i ghirigori fulminei che le rondini tracciavano nel lembo rettangolare d'aria turchina fra la gronda del tetto e il margine della pergola.
Nel silenzio dell'ora calda, afosa, era un gran ronzio d'api, di vespe e di calabroni.
Le campanule secche dei convolvoli pendevano all'ingiù come cose morte, i pampani avevano delle strane chiazze malate, di ruggine, in mezzo al verde e una lucertola smeraldina, arrampicata lungo un palo di sostegno, ansimava, sbattendo gli occhietti, come se fosse lì lì per scoppiare.
Ogni tanto di sopra, dalle persiane socchiuse, veniva il rantolo del tossicone dello zio moribondo.
Il medico, l'odiato medico, non ci si fermava nemmeno più.
Aveva detto la sua ultima parola, un parolone che faceva andare il sangue al capo del padrone quando si provava a ripeterlo, e così credeva esaurito il suo compito.
Invece d'esser contento perchè il medico non faceva più visite e il conto s'era fermato, il padrone s'arrabbiava perchè il dottore se la cavava con una parola latina, o quasi.
E cavava di tasca il foglio dove l'aveva scritta a lapis e la rileggeva, stentando.
- E...mi...ple...gia!
Tanto valeva che avesse detto «un accidente». Gli pigliasse anche a lui!
E ora quel sacco di panni sudici ansimava lassù, nella camera calda come un forno, facendosi ogni cosa sotto e stentando a morire.
- Quanto potrà campare? - aveva chiesto il padrone al medico, mentre se ne andava per l'ultima volta.
- E chi lo sa? un mese, un anno, due mesi, due anni.... ha avuto una paralisi dal lato sinistro, del resto è sano come e più di noi!
Il padrone faceva i conti; intanto aveva licenziato la vecchia Càtera.... Non si sa mai! e tirava a risparmiare anche il lesso per il brodo e le cucchiaiate del calmante.
Ogni mattina, levandosi, sperava che fosse l'ultima.
Scendeva col suo passo lento, d'uomo che non ha mai avuto preoccupazioni, la scala; andava in cucina, tirava l'acqua, metteva il paiolo a bollire, su poche frasche avanzate alla potatura, saliva in camera a veder che cosa ci fosse di nuovo, mutava il «toppone» al malato, aspettava che quello si appisolasse e ritornava giù, sotto la pergola, come il giorno innanzi.
Sotto la pergola tutto era uguale alla mattina prima, e il gatto, con un occhio attento ai voli delle rondini, pareva non si fosse mosso di lì.
Il gatto aspettava da sei mesi che una rondine cascasse giù, per mangiarsela.
Il padrone aspettava da sei mesi che lo zio morisse, per ereditare la casa, il campo, l'orto e seguitare a campare in quel modo, contentandosi di pochissimo, pur di non far niente.
Il contadino diceva: - Quando diventerete padrone davvero, di nome e di fatti?
- Quando a Dio piacerà! Io non ho furia.
Non aveva fretta, ma aspettava la morte, come il gatto aspettava la rondine, che cadesse al suolo.
La sera, quando l'ombra fasciava di silenzio la campagna e l'un'ora suonava mestamente dalla torre del borgo ricordando a chi si metteva a tavola di dire un requiem ai poveri defunti i quali, anche loro, esigono la loro cena spirituale, il padrone tendeva l'orecchio.
Ma nel silenzio rintronava uno scoppio di tosse, mentre dal nido sotto la gronda partiva l'ultimo cinguettio delle rondini che si accomodavano per dormire.
Allora, delusi, il padrone ed il gatto rientravano in casa.
Il padrone accendeva il lume a petrolio e, ritirato dal fuoco il tegame di zuppa rafferma, mangiava lentamente, coll'occhio atono fisso sulla parete bianca di faccia, buttando ogni tanto un pezzo di pane intinto alla bestia.
Poi spegneva il lume a petrolio e accendeva la candela.
Saliva la scala, entrava in camera del morituro; col gatto dietro.
Lo guardava dormire, rosso in viso, coll'occhio sinistro stravolto e la bocca torta, ma col respiro tranquillo.
Scrollava il capo e andava a letto.
Il gatto s'accomodava sulla pedana sfrangiata, mentre di fuori, appena spenta la luce, dalle imposte socchiuse entrava la melodia lontana dei grilli.
Venne l'autunno, rinfrescò, e una mattina il padrone tese invano l'orecchio agli scoppi di tosse dello zio.
Entrò in camera.
Era morto.... morto bene.
Buttò all'aria tutti i cassetti, voltandosi, ogni poco, a vedere se il morto avesse aperto l'occhio buono e lo guardasse; ma non trovò nulla.
Era morto intestato. Tanto meglio! Perchè l'unico parente, e il più stretto, era lui.
E dispose ogni cosa per il funerale; un funerale modesto. Carro di terza classe e lanternino dei poveri.
Ma, con sua grande sorpresa, verso il crepuscolo vide arrivare ghirlande di fiori, tutti i contadini coi torcetti, i mortuarii in cappa bianca e perfino la Misericordia, colla «banda» e in cappa nera....
Quelle disposizioni le aveva date la Càtera, lasciata erede con testamento depositato presso un regio notaio, di tutto, della casa, dell'orto e del campo!
Piovigginava.
Le luci rosse del trasporto si perdevano, come lucciole mostruose, dietro la siepe sull'orlo della quale spuntavano, invece, le stelle.
Il padrone seduto, sotto la pergola umida, sulla vecchia sedia di giunco, aveva l'aspetto d'un cencio inzuppato dall'acqua.
Il gatto, sulle quattro zampe, guardava su, verso il nido vuoto, d'onde le rondini erano partite.

1 commento:

Il tuo commento è il benvenuto, ci fa sentire bene e ci incita a scrivere ancora GRAZIE
___________________________________________________
Se non hai un tuo profilo puoi commentare come ANONIMO scegliendo tale opzione dal menù a tendina (per conferirgli maggiore personalità puoi aggiungere la tua email)
Se non desideri comparire come ANONIMO hai a disposizione un altro modo semplice: apri una tua pagina qualsiasi su un host gratuito. Dopo aver scritto il commento seleziona la voce URL dal menù a tendina che ti viene proposto. Potrai inserire la tua firma o un tuo nickname e confermarlo scrivendo nella riga sotto l' indirizzo del tuo URL. I tuoi commenti saranno personalizzati e firmati. Un ulteriore modo, forse il più elegante di tutti, ma un po' più complesso è quello di aprire un blog, anche se non hai intenzione di pubblicare. Blogger ti guida passo passo alla creazione e ti farà aprire un account google. I passi sono parecchi ma se tu avessi difficoltà ti aiuteranno i nostri redattori o gli affezionati lettori.
_________________________________________________
COMMENTI PRIVATI: indirizzare a esserinoebalena@gmail.com
_________________________________________________