mercoledì 5 marzo 2014

fatevi i gatti vostri n. 539 " di Venere e di Marte...."

"Si comicia male" mi fa stamattina zio Dante mentre con gli occhi gonfi di sonno tento di sorseggiare il caffè e latte con i biscotti al cocco della zia. 
Lui sta azzannando un pezzo di focaccia salata sempre fatta dalla zia che lui continua a chiamare orgogliosamente schiaccia.
La sua generosa porzione è imbottita di radicchio ripassato in teglia col gorgonzola e il vino è il suo rosso preferito. Sicuramente questi sono i momenti in cui lo si trova di buon umore, lui anche alle 6 di mattina deve mangiare pane e bere vino ed è inutile proporgli biscotti o biscottini.

"lo so ieri era il primo martedì nel quale dovevano uscire i miei gialli, ma lo sai sono stato in giro tutto il giorno e sono tornato a casa alle due.

"Bada che tanto quella roba che ha fra le zampe quella bimba mica ce la fai a consumalla te costì specie se vai avanti a biscottini e cappuccini".

Per fortuna lo zittisce la zia che sa bene come  l'argomento "topico" sia  uno di quelli ai quali ancora sorride benevolmente concedendosi  a digressioni divertentissime,a patto di non essere il bersaglio dei suoi lazzi.

"Va bene di Venere e di Marte non si sposa non si parte non si dà principio all'arte" chiosa la zia" quindi iniziare di martedì non era cosa saggia ma adesso prometti e giura con la croce delle dita e lo sputo che entro stasera pubblichi " 

Prometto e difatti,  reperito nel mio hardisk esterno, il materiale che avevo in mente, son qui a inaugurare la prima uscita.

L'introduzione al giallo italiano La trovai circa un anno fa su internet ma la copiai in formato testo senza alcuna specifica e così posso solo attribuirne la paternità a chi all'epoca l' aveva pubblicata. 
Non so se fosse una fonte di prima seconda o altra mano ma il  blogger  si chiamava " IL CINESE".
Il nome non è casuale sia per il  colore "giallo" sia perché una rubrica con la quale si concludevano i gialli mondadori di parecchi anni fa  era firmata IL MANDARINO) l Comunque a lui il merito di avermela fatta conoscere e di avermi dato la possibilità di estenderla a voi.
Se trovassi ulteriori info sull'autore sarà mia cura pubblicarle nei prossimi post.
Bob
Storia del giallo italiano
Va detto subito che se cercaste Storia del “giallo” italiano di Rambelli, uscito nel ’79 e, a quanto ne so, mai più ripubblicato o ristampato, difficilmente lo trovereste in libreria. Ed è sinceramente un peccato, visto che, seppur inevitabilmente datato, rimane un testo cardine per tutti coloro che vogliono studiare – sotto il profilo letterario e del costume – il nascere e l’evolversi del genere poliziesco nel nostro Paese.

Il libro – pur documentatissimo e con molte note a piè di pagina – è tutt’altro che noioso. Si apre con l’inaugurazione a Milano il 16 settembre del 1929 di una libreria mondadoriana in cui, venne per la prima volta presentata una collana di libri polizieschi che, successivamente diverranno per antonomasia e per il colore delle copertine i “libri gialli”. Nomi come Alessandro Varaldo – vero poligrafo poiché, tra le tante cose che scrisse ci sono anche romanzi d’impronta “gialla” e del poliziesco italiano è il riconosciuto primo autore – o Tito A. Spagnol, o Armando Comez o Arturo Lanocita, Ezio d’Errico (1892-1972) o Augusto de Angelis (1888-1944), Franco Enna e, forse un po’ meno, Giorgio Scerbanenco (1911-1969), al lettor giovane non diranno probabilmente nulla.

Eppure questi (ed altri che qui non menziono, non per scarso rispetto ma per lasciare ai lettori il piacere di scoprirli e per non fare di questa recensione una sorta di elenco telefonico) furono gli autori che contribuirono alla travagliata nascita del romanzo poliziesco italiano. Nascita travagliata e, rispetto ad altre nazioni, tardiva perché questo genere di narrativa ebbe sempre serie difficoltà nel definirsi propriamente e nel distinguersi nettamente da altri generi popolari quali il romanzo d’avventura, per esempio, o il feuilleton.

Molti scrittori che pubblicarono nel decennio ’30-’40 dello scorso secolo erano incapaci di resistere alla tentazione di influenze naturaliste e anche veriste, ignote alla pura narrazione dell’indagine che porta alla soluzione di un caso che era la caratteristica precipua del romanzo-enigma di provenienza britannica che, a cominciare dai famosi racconti di Poe con Dupin e ratificato da Conan Doyle con Shelock Holmes e, in quegli anni, da S.S. Van Dine, Agatha Christie e Dorothy Leigh Sayers (tanto per far qualche nome senz’altro più conosciuto) era il modello da seguire – almeno in Europa – per chiunque volesse scrivere “gialli”.

Popolo, come spesso si dice, di Poeti, Santi e Navigatori, gli Autori italiani mal si trovavano nel inventarsi detective stories all’inglese e i loro eroi se non certamente Santi e men che meno Navigatori, almeno in qualche modo o misura, Poeti dovevano pur esserlo. Ed ecco allora Ezio D’Errico, volendo intenzionalmente continuare il poliziesco alla Maigret (che, nel ’34, Simenon – 1903-1989 – aveva temporaneamente abbandonato), col suo commissario Richard, che gira per Parigi e risolve i casi studiando gli ambienti per lo più derelitti e malinconici dove il misfatto delittuoso è maturato; e Augusto De Angelis col suo commissario De Vincenzi (magistralmente portato in TV dal grande Paolo Stoppa nel ’74 e nel ’77) che spiega i moventi meditando e studiando Freud o Franco Enna che scopre gli assassini col ripiegarsi nella propria interiorità dei suoi investigatori spesso tali a causa di improvvise circostanze e, comunque, loro malgrado. Franco Enna scrisse tra l’altro anche testi di Fantascienza.

Ma il poliziesco era sgradito al Fascismo che vedeva pretestuosamente in esso un genere che avrebbe potuto compromettere la “sanità” morale del giovane fascista. Non si dimentichi, inoltre, che la maggioranza dei giallisti era anglosassone e, in quanto tale, a quel tempo, di per sé pericolosa e nemica. A Mussolini non bastò che un fatto di cronaca, una rapina in villa nella quale erano implicati dei giovani, per confermare il timore di possibile cattivo influsso di questo tipo di storie sulla gioventù e firmare, nell’estate del ’41, un decreto che, di fatto, chiudeva la nota collana della mondadoriana . “Il Giallo Mondadori” tornerà in edicola nell’aprile del ’46. Rimasero tuttavia due case editrici, la Sonzogno e la Nerbini, ad avere delle collane in cui venivano pubblicati anche romanzi polizieschi. E si ebbero anche Autori di Regime.

Nel secondo dopoguerra, a farla da padroni furono gli Autori americani. Arrivò in Italia tutto la produzione, per forza di cose non nuovissima, la cui divulgazione il Fascismo aveva osteggiato e impedito. Gli scrittori italiani del genere non piacevano e venivano preferiti quelli statunitensi e Inglesi sia vecchio stile (poliziesco classico a enigma), sia nuovo stile (nuovo per modo di dire, per il pubblico italiano visto c’hera nato negli anni Venti), quelli dell’Hard Boiled novel. Hammet, Chandler, Cheyney e Spillane. Per aggirare l’ostacolo e seguire l’andazzo, praticamente tutti gli scrittori italiani assunsero pseudonimi stranieri e produssero romanzi con vicende e ambientazioni statunitensi: era la condicio sine qua nonper poter pubblicare.

Alcuni passarono al noir, ossia inventavano storie in cui il protagonista non era l’investigatore (privato o istituzionale) di turno, bensì colui che di quest’ultimo di solito era la preda o, comunque colui che si veniva a trovare in una situazione in cui la Giustizia (con la G maiuscola) mal si adattava al sua caso ed era, perciò, costretto ad agire altrimenti. Ai lettori questo non provocava crisi di coscienza. Specialmente per i ceti più popolari, le Forze dell’Ordine sempre avevano suscitato se non proprio odio, almeno una malcelata diffidenza e, quindi, un eroe più o meno simile a Robin Hood od Arsenio Lupin o, in ogni caso, ingiustamente braccato poteva anche andar bene. Ed entusiasmare.

E poi, nel ’66 venne Giorgio Scerbanenco. A dir la verità aveva cominciato già dal ’40 con un poliziotto dall’improbabile nome di Arturo Jelling operante in un altrettanto alquanto improbabile Boston. E aveva continuato – lo sapevate? – scrivendo romanzi “rosa”. Ma ora toccava al personaggio che gli diede la notorietà: Duca Lamberti, medico radiato dall’Albo per aver praticato l’eutanasia su di un’anziana signora ma che collabora con la Polizia. E ciò che appare maturo e indispensabile è lo sfondo urbano, la Milano nera, violenta, corrotta, ipocrita.

L’aveva capito G.K. Chesterton sin dal 1901 quando, in The Defendant fra le varie “difese”, in quella riservata alla detective story, scriveva che “A rude, popular literature of the romantic possibilities of the modern city was bound to arise. It has arisen in the popular detective stories, as rough and refreshing as the ballads of Robin Hood.” [“Una rozza letteratura popolare delle potenzialità fantastiche della città moderna era destinata a sorgere. Ed è sorta, fresca e ingenua come una ballata di Robin Hood, con la detective story.” la traduzione è tratta dall'antologia di saggi sul romanzo poliziesco La trama del delitto. Teoria e analisi del racconto poliziesco ISBN 8873800963]. Naturalmente, anche altri, come D’Errico e De Angelis, avevano compreso l’importanza della città ma rimaneva in loro un certo provincialismo più o meno palese che con Scerbanenco scompare del tutto.

Fa bene a far notare Rambelli che il romanzo poliziesco si evolve e muta contestualmente all’evolversi e al mutare della società; anche perché, come genere, molto si avvale dei reali fatti di cronaca. Non a caso, gli Autori son spesso giornalisti. Laddove succedono rapimenti, attentati, scandali politici, rivolte di piazza, c’è poco posto per il raffinato detective alla Philo Vance che – di estrazione borghese – di un mondo borghese (se non alto borghese) ricomponeva l’equilibrio infranto da un inaspettato delitto. Questa figura di poliziotto viene necessariamente meno; come meno viene anche quella del detective “duro” alla Marlowe. Anzi, il poliziotto di questi tempi può non lavorare da solo: non sempre, ma spesso deve lavorare in squadra. La sua figura viene quantomai ridimensionata e, anche di grado, da commissario passa a sergente come l’Antonio Sarti di Loriano Macchiavelli.

Grandi scrittori come Leonardo Sciascia (1921-1989) s’interessarono al dibattito mai completamente sopito fin dagli anni Trenta sul romanzo poliziesco, le sue origini (dal romanzo gotico, passando necessariamente per Poe e venendo ratificato col positivismo tardo ottocentesco) ma, soprattutto sul suo rapporto col lettore.

Sono anche interessanti gli sviluppi della politica editoriale per il “giallo” italiano. Risultava difficile che se ne potesse fare una serie con uscite a scadenza fissa (settimanale, mensile o altro); in parte perché gli editori non potevano contare su un ampio numero di scrittori seriali e. per lo più, per il fatto che gli scrittori italiani tendevano (o aspiravano) sempre al letterario che col romanzo poliziesco è raro possa convivere (Quer pasticciaccio dell’ing. Gadda – 1957 – evidentemente, è un’eccezione). Si vede che, diversamente da Simenon, gli scrittori nostrani non ebbero la fortuna di ricevere consigli dalla grande e popolarissima Colette (1873-1954) che, restituendogli alcuni racconti di genere letterario, appunto, esortò il giovane scrittore belga in questi termini: “Niente letteratura, ragazzo mio! Tolga tutta la letteratura e vedrà che funzionerà”.


3 commenti:

  1. Questo post me lo conservo per domani, quando non avrò la furia che ci sono i piatti da lavare, i pranzi da asporto da preparare, le lettiere da pulire e via dicendo. Lo rileggerò con calma, tranquilla e sola. Chè qui pare sempre un mercato. Intanto vi ringrazio, di cuore, perchè le emozioni che mi regalate voi.... :-)

    RispondiElimina
  2. Bello, ma da leggersi con calma, complimenti!

    RispondiElimina
  3. Da ragazzina avevo una vera fissazione per i gialli, e provai un po' di tutto. Finii per stabilizzarmi (ma pensa un po' che strano) sui gialli inglesi nemmeno troppo moderni - del resto mi sono sempre stabilizzata sulla letteratura inglese un po' per tutto, e quella italiana dopo Ariosto non mi è mai piaciuta, e più era letteraria e meno mi piaceva. In queste condizioni il giallo italiano, davvero, era pane indigesto per i miei denti. Feci un paio di tentativi con Scerbanenco, che trovavo davvero deprimente (ma, quanto a deprimenza, i gialli erano nulla rispetto ai suoi romanzi rosa. "O non era un genere consolatorio?" mi dicevo sconsolata), e Il candeliere a sette braccia di De Angelis di cui non ricordo assolutamente nulla (ma l'avrò letto davvero?). Forse, ora che sono più vecchia e saggia (?) e più disponibile, potrei fare un nuovo tentativo... Aspetto il seguito, e intanto grazie ^__^

    RispondiElimina

Il tuo commento è il benvenuto, ci fa sentire bene e ci incita a scrivere ancora GRAZIE
___________________________________________________
Se non hai un tuo profilo puoi commentare come ANONIMO scegliendo tale opzione dal menù a tendina (per conferirgli maggiore personalità puoi aggiungere la tua email)
Se non desideri comparire come ANONIMO hai a disposizione un altro modo semplice: apri una tua pagina qualsiasi su un host gratuito. Dopo aver scritto il commento seleziona la voce URL dal menù a tendina che ti viene proposto. Potrai inserire la tua firma o un tuo nickname e confermarlo scrivendo nella riga sotto l' indirizzo del tuo URL. I tuoi commenti saranno personalizzati e firmati. Un ulteriore modo, forse il più elegante di tutti, ma un po' più complesso è quello di aprire un blog, anche se non hai intenzione di pubblicare. Blogger ti guida passo passo alla creazione e ti farà aprire un account google. I passi sono parecchi ma se tu avessi difficoltà ti aiuteranno i nostri redattori o gli affezionati lettori.
_________________________________________________
COMMENTI PRIVATI: indirizzare a esserinoebalena@gmail.com
_________________________________________________