A Maggio
Oltre la siepe del bar Nado,
quando piove e si va a guado
e se l'acqua i piedi bagna
co n ber ponce s'accompagna
ma se vedo r sole pieno
io mi gnudo in un baleno
e così l'attimo còglio
cor un tuffo dalo scoglio
Nzomma a dire l vero oggi piovere un piove il sole è bello ma l'aria è diaccia e cor un tuffo dali scogli quando sorti è facile chiappà na bronchitella. Quindi ala macchina der caffè come tutti i giorni e la poesiola resta tale. Certe volte mi sento un po' scema e come i bimbi che dican "cacca cacca cacca" finché un si prencipia a sentì r puzzo, anche io mi invento mentalmente de ritornelli e poi li canticchio, appunto, davanti ala macchina der caffè. Oggi Dante m'ha segnalato d'avé messo un libro in biblio e quando ho visto il titolo ho prencipiato cola canzoncina-
E' questo uno dei rari casi in cui il filme mi è piaciuto più del libro ma è comunque un testo che non pole mancare nella biblio di Esserino e dato che Bobby lo ha messo nello scaffale propio oggi ma un ha tempo di scrive du righe, ci penzo io. Ovviamente Dante ha scovato una prima edizione e l'ha pagata davvero poco 15 euri (che allui gli so semmrati n'enormità) eccola qui propio quella anni sessanta
Ala fine della lunga recenzione che un'è opera mia (ma in fondo si citano le fonti) metto anche la copertina dell'edizione che ho in camera mia
All'urtimo momento Dani mi segnala di avé messo anche l'audiolibro che è un bon ascorto per chi deve riposà l'occhi.
Saluti a tutti e bon uikkende
Zanza
Il buio oltre la siepe esce per la prima volta in Italia nel 1960, pubblicato da Giangiacomo Feltrinelli, e ottiene immediatamente il Premio Pulitzer. Dopo esserlo diventato in America, il romanzo si conferma da subito un best seller anche in Italia: la prima edizione da 10 mila copie viene acquistata a scatola chiusa dai librai e Feltrinelli si affretta a farne stampare una seconda edizione ancora prima che i volumi si vedano esposti nelle vetrine delle librerie. Nel 1962, arrivato alla quinta edizione, il libro si presenta con copertina cartonata con una sovraccoperta che mostra, sul tono del verde, il viso di Mary Bedham, l’attrice che interpreta la giovane protagonista Scout nel film basato sull’opera letteraria, uscito nei cinema americani il giorno di Natale dello stesso anno.
La versione nostrana del titolo non è una traduzione, bensì una scelta originale: To Kill A Mockingbird, titolo dell’edizione originale del 1960, risulta infatti intraducibile in italiano, essendo il mockingbird un uccellino diffuso negli Stati Uniti ma completamente sconosciuto in Europa. In ogni caso, poiché sia il mockingbird che la siepe rimandano simbolicamente allo stesso personaggio del romanzo, il titolo italiano risulta essere un’ottima soluzione. Oggi Il buio oltre la siepe viene ancora riproposto come un romanzo attuale e assolutamente da leggere; la dicitura «il romanzo consigliato da Barack Obama contro ogni razzismo e discriminazione» compare infatti in grande sulla fascetta delle ultime ristampe dell’“Universale economica” Feltrinelli.
Quando, nel 1960, To Kill a Mockingbird venne pubblicato, nessuno si sarebbe aspettato un successo da 30 milioni di copie vendute, traduzioni in circa quaranta lingue e il Premio Pulitzer per l’autrice. Ma, una volta constatato l’appeal del romanzo, a mostrare cautela fu l’industria cinematografica: se l’umorismo sottile, la rappresentazione di un periodo storico ormai passato e la trattazione di problematiche sociali ancora presenti avevano attratto numerosi lettori, forse gli stessi ingredienti non avrebbero riscosso popolarità presso un’audience abituata a film incentrati sull’azione, sull’avventura o sul romanticismo. Il romanzo, ambientato negli anni trenta in una cittadina dell’Alabama, racconta infatti, attraverso lo sguardo infantile della giovane protagonista Scout, i conflitti razziali e l’emarginazione […].
Come afferma Barton Palmer, uno dei timori di Hollywood era quello di offendere parte dell’audience nazionale; gli Stati del Sud avrebbero infatti potuto percepire la critica sociale presente nel romanzo come un insulto alla loro storia e alle loro tradizioni. […] Fu quindi una sorpresa quando Alan Jay Pakula e Robert Mulligan, rispettivamente produttore e regista alle prime armi, entusiasti decisero di investire insieme alla Brentwood Productions – appartenente all’attore Gregory Peck, cui venne data la parte di Atticus Finch, padre di Scout e avvocato difensore di Tom Robinson – e riuscirono a farsi finanziare dalla Universal Pictures. Quello che era stato un investimento cinematografico per molti poco promettente non tardò a ricevere gli stessi apprezzamenti del best seller da cui era stato tratto: considerato ancora oggi «un evergreen e un unicum nell’intera storia del cinema americano», ricevette nel 1963 numerosi premi, tra i quali ben tre Oscar.
Un altro dei motivi che aveva reso To Kill a Mockingbird un progetto cinematografico poco appetibile era il fatto che la prima parte del romanzo, costituita perlopiù da narrazione episodica, è incentrata sulle avventure di tre bambini. […] La produzione volle rendere le atmosfere del romanzo e la visuale dei bambini un punto di forza anche per il film: prima di tutto furono scelti per l’interpretazione di Jem e Scout non giovani star di Hollywood, ma due ragazzini che prima di allora non avevano avuto esperienze nel cinema e che quindi avrebbero potuto offrire una recitazione estremamente spontanea; in secondo luogo si tentò di far vivere a entrambi la vita sul set come un momento di gioco. L’atmosfera giocosa e di stupore si percepisce già dai titoli di testa, che, accompagnati da un tema musicale delicato e misterioso, introducono da subito nel mondo interiore dei bambini.
Le numerose parti dialogate del romanzo, altra caratteristica considerata poco allettante in un film, diventarono infine un ulteriore punto di forza grazie all’interpretazione di Gregory Peck. L’attore riuscì a rendere perfettamente il personaggio di Atticus Finch sia nella veste di padre che in quella di avvocato, ma soprattutto in quella di un uomo che decide di affrontare a viso aperto il razzismo locale, convinto di dover essere un esempio per i suoi figli. La figura di Atticus è il fulcro della storia e a dimostrarlo è anche una delle scene più memorabili del film, la sequenza conclusiva del processo: gli uomini di colore, sul loggione del tribunale, si alzano in segno di rispetto nei confronti dell’avvocato che, nel giusto, ha comunque perso la sua causa. Un’immagine utopistica, ma, come afferma Riccardo Esposito, «libro e film raffigurano gli americani non com’erano o come sono, ma piuttosto come a molti di loro piace pensare di essere (o di essere stati)».
Brano tratto da:
Maria Chiara Tricomi, Gli americani, «come a molti di loro piace pensare di essere», in Film da sfogliare. Dalla pagina allo schermo, a cura di Velania La Mendola e Maria Villano, note di Roberto Cicala, Roberto Della Torre, Alessandro Zaccuri, EDUCatt, Milano 2013, pp. 78-79.
Pubblicato per la prima volta nel 1960 e vincitore del premio Pulitzer nel 1961, Il buio oltre la siepe si annovera tra quei classi della lettura dei quali tutti (o quasi) incappiamo nel corso della nostra vita.
Che sia per imposizione scolastica, per suggerimento di un amico o, più semplicemente, per una sfida con noi stessi, ci sono romanzi che tutti leggeremo; e quello di Harper Lee è sicuramente uno di questi.