Stavolta tra gli Oscar della letteratura mondiale ci facciamo largo anche noi Italiani e aiuto Bobby a introdurre la presentazione odierna riandando colla memoria a una scenetta cui assistetti da giovinetta. Al bar Nado, gestito dar mi babbo e dala mi mamma a Livorno, Uliano il babbo di Dante giocava a carte contro il Bestia e lo Zozzetti, suo compagno era Don Luigi Banti (don Banti che nella allentata parlata livornese veniva però a suonare quasi come trombanti il che dava seguito a varie indiscrezioni sulla sua piuttosto assidua frequentazione di alcune pie donne che animavano e non poco la sua parrocchia.
Entro dunque Dantino e incurante del fatto che la partita a scopone fosse in un suo momento cruciale ammollò una pacca sulle spalle del babbo che se non avesse avuto la sua stessa costituzione sarebbe di certo caduto a terra e gli comunico': Babbo un ci crederai! E' no scandalo
indicibile hanno scippato ir nobelle a Paolo Limiti e l' hanno dato a Dario Fo. Il buon Uliano era passato sopra ad alcune scorrettezze del Bestia, aveva fatto spallucce alle reprimende di Don Luigi in merito a uno spariglio fatto troppo tardi, aveva sopportato il manatone sulla groppa appioppatogli dal figlio ma quando si rese conto dell' empietà commessa a Stoccolma proruppe in una di quelle bestemmie che fu udita perfino dagli allievi della Amerigo Vespucci arrampicati sulle sartie del mitico Velerio dell' Accademia e intenti a fa giri di coffa.
"O che bestemmi a fa?" ni disse Don Luigi "a me mi sembri scemo a osannà in codesto modo Paolo Limiti".
"Boia dé ma quello è come la Treccani dela canzone italiana e mondiale replico Uliano che cantava piuttosto bene e ne seguiva tutte le trasmissioni. E poi bestemmio perché tanto un faccio torto a nessuno se ci fosse n dio serio come farebbe a fa commette ste cose, io Dario Fo un lo capisco nemmeno quando parla...."
Rispose l'arguto prete
si ma Limiti ha parecchi Limiti e Fo non ha Limiti
Zanza
Dario Fo, il Nobel a un sovversivo che la politica non riuscì a piegare
LA notizia dell’attribuzione a Dario Fo del Nobel per la letteratura, nel 1997, invase i media come un terremoto destabilizzante. Perché imponeva una presa di coscienza del peso mondiale assunto dal drammaturgo Fo. Che fosse un bravo teatrante si sapeva. Ma al punto da meritare il Nobel? Proprio il ribelle, il guitto, il dinamitardo Fo? L’extraparlamentare incavolato coi governanti di ogni risma? La più anti-televisiva fra le star dello spettacolo? L’autore odiato dalla destra e troppo a sinistra per i comunisti? Eppure non ci sarebbe stato tanto da stupirsi, considerando che in quell’anno erano contemporaneamente in scena, distribuite nei vari continenti del pianeta, qualcosa come quattrocento regie degli spettacoli di Fo. Il fatto che russi, peruviani, svedesi, neozelandesi, cinesi e americani applaudissero il suo teatro, al di là della contingenza e della visione del corpo recitante dell’attore-autore, ne dimostrava il valore intrinseco e la forza letteraria.
Ciò nonostante in molti rabbrividirono per un riconoscimento che premiava, scegliendo Fo, l’esercizio di una satira feroce rivolta a tutte le istituzioni e alla morale comune. Dario era l’incarnazione dell’ostilità a ogni forma di potere e l’antitesi del tipico “intellettuale organico”, concentrato sul mantenimento dell’egemonia culturale. Sfuggiva a cricche, logge, salotti. Più che compiacere i pensatori dominanti, li derideva. Senza compromessi né sfumature. Le sue pièce tagliavano l’universo con l’accetta in due parti distinte, contrapponendo gli schiavisti e le loro vittime sociali, i danarosi e gli affamati, i borghesi ben pasciuti e i disgraziati proletari. Non c’era redenzione in tale sfida. Né nel mito o nella Storia, né nell’attualità. La sua distanza da ogni possibile mediazione suonava intollerabile per un paese che sulle ambiguità etiche e le indefinitezze ideologiche, specialmente nei decenni di fine Novecento, ha costruito la propria identità.
La motivazione del Nobel segnalava la sua facoltà di emulare i buffoni del Medioevo dileggiando i potenti e restituendo dignità agli umili. Semplice ed esatto. Il genio della drammaturgia di Fo sta nella capacità di alimentarsi del teatro di protesta maturato lungo i secoli in quella zona della Storia omessa o trasformata dalle versioni degli avvenimenti piovute dall’alto. Questo materiale ibrido e “sporco”, nella scrittura di Dario, si nutre di una reinvenzione straordinaria della lingua. Fo è il sovversivo che esplora il linguaggio, lo rivela e lo fomenta per poi usarlo come arma di lotta. È il Fool che accende la gergalità rendendola esplosiva. È l’artefice di una prosa indiavolata che gli appartiene intimamente, come un prodotto originale. Ma che al contempo sgorga da un magma preesistente di canti popolari, invettive giullaresche, poemi di cantastorie, affabulazioni di paese e mosaici linguistici generati dall’intreccio dei dialetti. Soprattutto in questa vitalità comunicativa, che è antica e nuova con la stessa precisione, sta l’eccellenza e l’unicità di un classico.
Altra "chicca" da archivio. Rieco a vedermela davanti agli occhi quella scenetta. Ne ricordo un'altra terribile in cui dante narrava al vecchio padre ormai in retta di arrivo che, visitando il cimitero aveva trovato il suo posto (comperato accanto a quello della mamma) occupato da uno sconosciuto. Talvolta mi sono permesso di raccontarla e sempre ho visto gli occhi sgranati dalla meraviglia per queste incredibili gag di Dante.
RispondiEliminaBuon primo maggio
Giovanni Martinelli
HELP
RispondiEliminasono entrata in punta di piedi ma non ho trovato lo scaffale sul quale è poggiato Dario Fo
datemi lumi
Buon primo maggio
Patty
Un qualche casino devo averlo fatto io. Comunque Dani ha ravversato tutto e la stringa è
RispondiEliminaEuropa/ Italia/ lett. italiana/ lett. italiana contemporanea/ Dario Fo
Grazie per la segnalazione Patti
un abbraccio
Zanza
Vi ho scritto in dettaglio via email il parere che mi avete richiesto sulla biblio del micio. In ogni caso riassumo qui: pratica, nessun intoppo, accesso diretto, navigazione stanze intuitiva, già molti i libri sugli scaffali. Fruizione immediata.
RispondiEliminaComplimenti a Bobby un bell' omaggio a Esserino.
Questo post è di una simpatia unica. Non vi leggevo ancora al tempo della gag citata da Smartynello ma immagino ci sia stato da piegarsi...
Saluti a Tutti
Giacomo