sabato 12 aprile 2025

Fatevi i gatti vostri n.2092 "D'una come Eudora ci s'innamora sinnò è meglio une scrive"

Tant'anni fa anch'io er Ciampino s'era un ragazzi, Quarche anno dopo si frequentava l'università. A Firenze, perché a Pisa un era propio possibile stacci per noi Livornesi. Co Dino e s'era persino riesciti ad entrà ala Normale.


Dato, però, che normali un s'era punto, un si fenì neanche r primo semestre. "Cacciati per indegnità - ebbe a commentare Dino che poi, lapidario come sempre, seguitò e concruse: " e così cari normali vi si va n culo, avvoi e a tutta Pisa" Ora l'espressione potrà aparivvi volgarotta ma mi sento di mettivi al corrente d'una realtà socio antropologica e lo faccio mutuando  dala nostra Bibbia locale, il Vernacoliere:
 

"A.Livorno il culo è una cosa molto seria.  Quasi fondativa d’un modo d’essere e di pensare. Scolpito in un proverbio: “Se ‘r mondo fosse un culo, Livorno sarebbe ‘r buo”. Ad orgogliosa ed essenziale sintesi di come un livornese concepisce il mondo e la posizione in esso occupata dalla sua città: al centro, così come il buco del culo sta nel preciso mezzo del culo stesso. Con un paragone d’ambito anale certo autosatirico ma in cui si realizza non solo uno dei caratteristici elementi della trilogia gastro-ano-genitale (mangiare, cacare, trombare) alla quale la mente e la lingua livornese (una vera e propria filosofia parlata, espressa in contenuti di fisicità essenziale e in termini perennemente e familiarmente riferiti all’ambito anatomico-sessuale) rapportano ogni dialettico confronto; ma si manifesta anche, in quel paragone, la sufficienza “culturale” con la quale i livornesi sono sempre andati in culo, per l’appunto, non solo a chi gli sta vicino (e, per ciò stesso, sui coglioni: massimamente i pisani ma spesso ce n’è pure per i lucchesi e per i fiorentini), ma anche a chiunque rappresenti un potere e principalmente un potere istituzionalmente padronale, di re o ministri o papi che si tratti. Senza disdegnare l’insofferenza anche per un sindaco che voglia regolare il traffico o per un vigile urbano col blocchetto in mano. Per quell’innata ostilità a regole e dettati che ha fatto spesso definire i livornesi come un popolaccio anarcoide e arrogante, mentre anarcoide lo era prima di diventar solo succube massa di manovra per elezioni e stadi, e l’arroganza l’ha ormai mandata anche quella in culo."

Penzo che con questa apologia der culo "verbis et factis" si possa conclude l'antefatto storico includente l'addio a Pisa e il trasferimento a Firenze.  Dino si segnò a biologia, perché interessato alla natura delli stronzi. Io andetti a lettere perché ar liceo m'avevan conzigliato così. Mi ci ruppi subito i coglioni. Sebbene fossi riescito a levammi di ulo l'esame di latino coll'osannato ma  terribile prof La Penna, mi lasciai attrarre dall indirizzo di lettere moderne. Lì ci tranzitava parecchia più topa, che ar posto dela  gobba e dell'occhiali tipici dele studiose classiche, sfoggiavan dele minigonne che ti facevano stiantà di passione. C'erano anche doverse femministe col sottanone. A lorolì  la minigonna gli sembrava n'eresia ma sebbene minacciassero di tagliaccelo ala fine avevano anche loro de vòti da empì come quell'altre. Col mi solito modo di fare restavo sule palle a parecchie ma alcune mi trovavano spontaneo e se ti trovavano spontaneo voleva dì che gliela potevi chiede. Co modi e ne tempi giusti, certo, ma n culo un ti ci mandavano. Ar più più come mi disse una diplomaticamente: "Ar momento vivo nzieme a un ragazzo ma ci sta che fra due o tre giorni mi sia venuto a noia, se hai tutto sto nteresse  che dichiari, resta ne paraggi. E così fra studio, poco, lavoro parecchio, e diverse nottate a fa lo scemo co Dino, la vita scorreva. C'erano de be seminari di letteratura angloamericana (la mi preferita) e mi ci iscrissi per tutte e quattro le annualità. Fu propio in uno di que seminari che aveva per tema tre scrittrici der sudde, ebbi la furminazione. Lessi e studiai con convinzione la Porter (Katherine Ann) e la Gordon (Caroline) ma quando prencipiai a legge Eudora Welty mi pigliò l'amore pello scrive. Ero di battuta facile all'epoca. Così, guasi ad ogni lezione, tiravo fori quarche cazzata dele mie. Ricordo che Il professore mi disse diverse volte: "Dante, te le devi scrive coteste cose sennò si pardano ed è peccato". Fu così che prencipiai a mette qurcheduno de mi bislacchi penzieri per iscritto.


Oggi mi capita tra le mani questo libro, propio di Eudora e propio dedicato a chi si cimenta collo scrive. Difatti raccconta come anche lei abbia iniziato a scrive. Spero vi garbi. Lo faccio mette come sempre in biblioteca, in cartaceo, a disposizione di  chi ha la tesserina di accesso. Ovviamente, come recitano vari avvisi sul blogghe non riceviamo alcuna percentuale da autori o editori nè dai gicanti della rete. Il nostro obbiettivo resta quello di diffondere un modestissimo contributo culturale e invitiamo sempre chi pole e chi vole  a comprare una copia  cartacea. Fatelo, se non vi è troppo scomodo, dai tanti librai italiani che hanno bisogno di sostegno in un momento difficile pela categoria. 

In chiusura una notizia che spero faccia piacere chi ci legge: 

Da questa settimana fino ala fine di maggio il blogghe presenterà due post alla settimana, uno di mercoledì e l'altro di sabato o di domenica a seconda dela disponibilità dei vari redattori. E' l'ovo di Pasqua di Esserino e Balena 


Bon uicchende


Dante 



Quali sono i dettagli nella vita di uno scrittore che formano la materia prima delle sue narrazioni? Quali suoni, colori, volti sono destinati a fissarsi sulla pagina scritta per trovare lì il loro significato più vero? Qual è, in altre parole, il rapporto che lega il vissuto, l’esperienza, la memoria con l’arte del raccontare? Eudora Welty fatto amare i suoi romanzi, prova a rispondere a questi interrogativi in un libro a metà strada fra l’autobiografia letteraria e il manuale di scrittura creativa. Ripercorrendo le tappe più luminose dell’infanzia e della giovinezza – la vita familiare e la scuola, i libri e la scoperta del mondo, fino ai primi tentativi di scrivere racconti – la Welty ricostruisce la propria formazione intellettuale e ci offre una riflessione inedita su come anche eventi apparentemente marginali possano imprimersi nella coscienza di uno scrittore, contribuendo a plasmare il suo stile e il suo immaginario; perché, come scrive l’autrice, “il nostro tempo soggettivo è spesso la cronologia propria dei racconti e dei romanzi: è il filo continuo della rivelazione”




3 commenti:

  1. Sull'argomento letterario sono spiazzatissima ma ho letto con divertimento il ricordo di Dante e ccolto con gioia la promessa del dono pasquale. Buona serata
    Eli

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  2. La disquisizione sul "culo" che hai riportato è deliziosa oltre che pienamente convincente. Oserei dire che nel nostro dialetto meneghino esistono simili espressioni pienamente accettate e non ritenute offensive o volgari. La differenza sta che sono comprensibili solo a chi conosce il dialetto mente il livornese avendo una solida base di italiano anche se con storpiature vernacolari volute, è fruibile da un pubblico assi più vasto, inclusa la sottoscritta. Molto simpatiche le reminiscenze di Dante
    un caro saluto
    Luci

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  3. Sempre in ritardo ma presente e leggente arrivo anche io. Se eravate stati ammessi alla Normale
    vuol dire che eravate dei bei crani. Se ve ne siete andati o sponte vostra o cacciati vuol dire che vi piegate male alle regole e che siete in grado di dimostrare il vostro valore indipendentemente da chi vi mette il bollo del riconoscimento. Mi pare una vera raffinatezza questo riferimento alla Welty come musa ispiratrice. Io ho dovuto cercarla su wikipedia e nessuno nel mio gruppo di amici la conosceva, Nemmeno Vale che legge parecchi. La leggerò, prometto quanto ho letto per ora su di lei è lusinghiero. Grazie
    Patty

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