Zanza ci ha appena raccontato dell' estasi del cappuccino a Calafuria. Me ne ricordo bene e ricordo anche le tazze omaggianti il Doge. Anche a me mancano Lei, Dino, Sama e le Trombanti, Nara, Ampelio e il bar Nado tutto. Ricordo come una parentesi di divertimento il periodo in cui ho fatto l'aiutobarrista. Lo scrivo così perché nella licenza di Ampelio è riportato proprio con due erre italiche, ovvero come uno che sta alla barra. Né più né meno il significato che ha bar in inglese. Certo talvolta la fatica superava quella che sperimento in barca ogni giorno. In barca si sta parte del tempo seduti, al bar mai. Lavorare con Zanza era però uno spasso e quando venivano a darci manforte Samatta o le sorelle Banti le facezie aumentavano esponenzialmente. Qui a Venezia sono calata ormai nella routine, la zia è molto concentrata sul lavoro, sui debiti molti e sui crediti, pochi. Lo zio ormai vive su una nuvola tutta sua. Non ha perso il carattere scherzoso ma è diventato molto più parsimonioso nel parlare e per me che, fin dalla adolescenza, ero abituata alle sue affabulazioni tutto ciò appare piuttosto strano. Parte al mattino e ritorna la sera. O si ammazza di fatica o entra in periodi bui in cui alterna il mal di schiena ai problemi respiratori. Oggi è una di quelle domeniche pigre in cui mi pesa persino alzarmi dal letto, quindi scrivo dal cellulare. Proprio pensando alla caratteristica di questa giornata, in cui ozierò con convinzione, mi è venuta in mente una lettura particolare. Non che si tratti esattamente di una novità editoriale; anzi, il libro risale ai miei fantastici, ahimè, lontani vent’anni. Lo lessi con grande divertimento perché Serena sa scrivere e divertire. Oggi lo passerò alla biblioteca di Esserino. Se lo trovate in commercio, nuovo o usato, ve lo consiglio vivamente. In ogni caso, su quel palchetto rimarrà imperituro, a testimonianza dell’arte di una scrittrice che, anche se non scrive spesso, quando lo fa, lo fa davvero bene.
Buona giornata!
Dani
Di cosa è fatta una vita? Di domeniche pigre in cui non rispondiamo al telefono per rimanere sul divano abbracciando un libro appena iniziato. Di ore spese inutilmente a cercare le sigarette, le chiavi della macchina, gli occhiali da sole, perché si sa che spesso le cose si spostano per farci dispetto. Di pomeriggi adolescenziali passati a guardare le gocce di pioggia che rimbalzano sul vetro, sognando di sposare Mick Jagger. Di quei bomboloni sganciati da un razzo su un letto di zucchero che papà ti portava a mangiare per insegnarti i piaceri della vita. Di mattine in cui scopri allo specchio che in una notte hai preso cinque anni e non ti resta che tifare per un po’ d’indulgenza, in un Paese in cui dimostrare la propria età è più grave che fare una rapina a mano armata. Di salti della quaglia da uno schieramento a un altro nella più autentica suddivisione tra esseri umani: quella tra coppie e single. E di tutto quello che non ricordiamo più ma ogni tanto affiora dalle misteriose stanze della nostra memoria difettosa. In questi racconti che spaziano tra ricordi e riflessioni chiamando a testimoni Borges e la moglie di Tolstoj, Grace Kelly e Gaber, Simenon e la zia Leila, Ovidio e gli U2, Serena Dandini torna alla scrittura dopo “Dai diamanti non nasce niente”. “Grazie per quella volta” esplora con tenerezza, ironia e sincerità una catena di debolezze di cui andare fieri: è il tempo di autoassolverci, di fare pace con i nostri difetti imparando a conviverci tra alti e bassi.
Eccomi, finalmente con un minimo di tempo per un saluto. Vi leggo sempre sebbene di fretta. Purtroppo la mia vita pare irrimediabilmente condannata alla corsa. Grazie per le belle recensioni e indicazioni di lettura. Mi riprometto sempre di visitare la biblioteca di Esserino ma resta, al momento, un progetto. Comunque conservo gelosamente e con orgoglio la tesserina. Il libro presentato oggi è presente nella mia libreria e lo lessi in occasione della sua uscita o poco dopo. Molto carino e concordo su quanto scrivi della Dandini. Buona Domemica
RispondiEliminaAnna