domenica 6 marzo 2022

fatevi i gatti vostri 1925 : "dal cavallo al treno- i sentieri della malinconia"

Ho comprato ancora du olii di Teo, vi ricordate quel pittore al quale quand'ero studente a Firenze ncorniciavo i quadri? Sono ancora un cavallino


e certo vi ricordate scrissi un poste "Teo che dipingeva cavalli" , al quale si aggiunge un' altra nevicata.

La prima l'abbiamo attaccata sopra r capezzale del  letto, accanto alla gigantografia di Monet che corrobora i sogni di Holly.  Di quadri di Teo oramai ne ho piena la casa ma sti due li porterò a Livorno, al bar Nado, prima o poi. E parlando di quadri coi quali ho un rapporto particolare  m'è subito venuto a mente di Marcello un altro artista che ho nel cuore ma del quale non ho neppure un quadro. Non ho potuto mai comprare quarcosa di suo perché ha una  rispettabile quotazione che comunque non rispecchia ancora il valore dell' artista. Io come sapete sono sempre in bolletta ma mi riprometto di farlo, di comprarlo un su quadro prima o poi, magari uno piccino piccino. Glielo devo e in un certo senso lo devo anche a me stesso perché a certe sensazioni bisogna dare spazio, speciarmente ora che lo spazio mentale, in senso d'apertura, sarebbe tanto ma il tempo rimasto, anche a voler essere dell' ottimisti sfegatati, è pochino.

C'era sto pittore che mi piaceva parecchio e dico "c'era" perché s'è perzo da poco e dunque un c'è più o meglio: è dar Gatto Eterno come ex uomo ma credo vivrà per sempre nele testimonianze artistiche che ha lasciato. 

Se i rossi cavalli di Teo Russo mi riportano a quell' epoca dorata che ebbi modo di vivere a Firenze 50 anni fa, Marcello coi su quadri tocca le corde di quella sensibilità che tante volte neppur io mi voglio riconoscere temendo possa venire scambiata per debolezza.

Sebbene fosse toscano come me, l' ho incontrato tardi,  a Venezia e solo tramite le sue opere e qualche documentario su di lui messo in onda da Orler Tv, un buon canale di televendite che oltre a diamanti orologi e tappeti dedica all' arte, perlopiù moderna e contemporanea, uno spazio piuttosto ampio e ben curato del suo palinsesto .

Il pittore di cui parlo si chiamava  Marcello Scuffi, nato a Pistoia nel 1948. Vero maestro del pennello e del trattamento del colore aveva spinto parecchi critici ad accostare la sua tecnica pittorica a quella di Piero della Francesca. Un omo robusto cor una bella pelata, la barba e il mezzo toscano in bocca che dipingeva marine senza gente né ombrelloni, circhi senza acrobati o animali e tanti treni fermi ar deposito 


Dei  quadri di arte contemporanea di Marcello Scuffi è stato detto che esprimano na pittura senza tempo, erede delle più alte espressioni del Novecento. Basta guardare un olio su tela come Marina (il pontilino), del 1980: il taglio guasi  fotografico,  azzardato si potrebbe dire  - che esclude la chioma dell’albero, quasi tutto il cielo, metà di una porta e un pezzo di barca - è forse l’unica concessione al moderno. Il resto è come una finestra magica dalla quale lo spettatore è invitato a spiare un mondo visto da Carrà, forse anche da Giotto o da Piero della Francesca. 

L' altra sera stanco di sentire parlare da ore della guerra e di vedere tutti quei salotti indove i generali hanno sostituito i virologi ho girato sul 144 e ho beccato proprio il programma Orler con televendita di opere d'arte. Venivano presentati anche dei lavori di Scuffi e il presentatore, Giorgio  anche lui toscano di Castiglioncello nel ricordare il pittore scomparso da nemmeno un anno ha sottolineato un aspetto che traspare da tutte le opere dell' artista  la malinconia . Giustamente ha osservato che la malinconia non è tristezza o depressione e sebbene questo aspetto lo avessi già notato tante volte autonomamente per la prima volta ho pensato cos'era che nei quadri di scuffi mi attraesse tanto, Certo la tecnica era sopraffina, certo i soggetti erano speciali ma al di sopra di tutto c'era il fatto che  risvegliavano  in me quella malinconia che confina colla nostalgia e che mi ha accompagnato tutta la vita e adesso è diventata un tratto dominante. Marcello dipingeva il mare che per lui, nato in un paesino dell' entroterra pistoiese appariva come quarcosa di magico una conquista che, per dirla colle sue parole "quando c'eri stato,ti pareva d'avere qualcosa in più, ti sentivi importante". Il circo... e chi un se lo ricorda il circo che arrivava? E Marcello lo dipinge sempre come na tenda tonda che non lascia intravedere nulla del su interno, sì perché spesso i soldi per andare al circo un c'erano e ar massimo ci si fermava fori a vedere semmai quarche acrobata che s'allenava, i leoni n gabbia o l' elefante che mangiava le foglie all' alberi di Livorno. I treni.... i treni avevano un gran fascino quando s'era ragazzetti e mi immagino che lo avessero eguale anche per Marcello. Io mi ricordo che a Livorno  mentre stavo ncantato davanti al binario uno, facevo sto calcolo

donque... il mare l' ho ale spalle.... ed è r Tirreno quindi se fossi  cor mare in faccia,  un treno che si move verso la mi sinistra anderebbe verso la Calabria e ala mi destra nvece verso la Liguria e riflettevo: la ferrovia corre parallela all' Aurelia e ora il mare l' ho di spalle donque ala mi destra si va verso Roma e ala mi sinistra si va verso Pisa e poi in su su su o verso la Francia o verso la Svizzera e mi perdevo in questi ragionamenti immaginando se fosse meglio andare a Roma o magari andare insù verso Milano o Torino, un lo sapevo ma l' importante era mòvesi. 

I treni di Marcello non sono mai di corsa, in movimento, li dipinge fermi, in deposito e quell' immagine del possente mostro di ferro orami a riposo mi fa correre col pensiero ala metafora della vita cor su impeto giovanile come qullo de rossi cavalli di Teo e alla sua sera (quella dela vita ntendo) cole barche in secca sula spiaggia e i treni in deposito. E sento allora che la maliconia sale e m'avvolge ma un'è una sensazione sgradevole, me la godo come quei vini che li per lì ti sembrano aspri e poi impari a gustalli. Scriverò ancora qualcosa sula malinconia: Stato d'animo di vaga similitudine ma senza identità cola tristezza , spesso alimentato dall'indugio rassegnato o addirittura come nel caso mio compiaciuto, nell'ambito di sentimenti d'inquietudine, rimpianto o delusione per qualcosa che non si ha più o che addirittura non s'è mai avuto.

Mentre La trasmissione di cui parlavo continuava a mostrare le opere di Scuffi, il regista ha creato una bella sovrapposizione tra l'immagine del pittore e una marina. M'è piaciuta così tanto che l' ho fotografata, al volo, cor telefonino, poi l'ho elaborata al pc, accentuando velature sfocando l' immagini e sfumando i colori. Magari ne farò un acquerello e così, armeno in quer quadretto, Marcello starà in riva a quer mare che gli garbava tanto.


Prima di salutavvi, la mi nipote dice che oggi Emily ar cine ci va, anzi è dale sette che che s'è digià messa a sedé.

Bona domenica a tutti

Dante


Qui un bellissimo ricordo scritto di getto da Carlo Vanoni, critico d' arte, musicista di talento e presentatore di opere d'arte alla Orler quando apprese della scomparsa di Marcello.

Si chiamava Marcello Scuffi e diceva di essere comunista.

Amava i treni, i circhi, le barche abbandonate sulla spiaggia, il vino rosso e le bistecche da almeno un chilo, Francesco Guccini, l’aggettivo “poderoso”, le parole “nostalgia” e “rimpianto”.

È stato il primo pittore che ho conosciuto. Di persona, intendo.

Ho passato i primi anni Novanta nel silenzio del suo studio a guardarlo dipingere.

Ero un ragazzo che si stupiva nel vedere prendere forma una figura sulla tela.

Giotto e Masaccio i suoi maestri.

Per cena mangiavamo la fiorentina cucinata da Lia, la compagna di allora.

Avevano una camera per il figlio mai nato. Ci dormivo io, perché era come se mi avessero adottato. Restavo lì qualche giorno. Poi montavo sulla corriera che da Quarrata mi portava a Firenze. Nella stazione di Santa Maria Novella prendevo il treno per Milano Centrale.

A novembre andavamo a camminare lungo le spiagge spoglie della Versilia. Ci fermavamo solo di fronte a un’onda più grande: “che meraviglia il mare d’autunno” era il nostro unico commento.

Gli scattai delle foto mentre dipingeva e mentre tagliava la rucola con il coltello. Le pubblicò entrambe in un catalogo che ancora conservo. In cambio mi regalò un suo quadro degli anni Settanta con la dedica scritta a pennarello: “A Carlo, con amicizia, stima, simpatia e sperando che presto diventi anche collaborazione artistica”.

Quell’omone grande e grosso oggi mi ha lasciato, e senza neppure avvisare.

Scrivo queste parole sole per dire che se oggi vivo grazie all’arte, lo devo anche a lui, che mi ha cresciuto a fiorentine e affreschi di Masaccio.

E per questo lo ringrazierò sempre.

Ciao Marcello.

3 commenti:

  1. Caro Dante, io e mio marito abbiamo letto a 4 occhi il tuo ricordo di Scuffi anzi io leggevo e lui ascoltava. Alla fine, con il rinforzo dell' altrettanto bel saluto scritto dal critico Vanoni, io avevo il nodo alla gola e pensavo:" anche che se dovessi morire stanotte nessuno mi ricorderebbe per i miei modelli di abiti". Certo ai familiari non basta quell' immortalità donata dall' arte ma di certo e di loro grande consolazione. Funziona invece con la gran massa di persone. Pino Daniele è morto ma quando lo sento cantare per me è vivo, cosi lo è Dalla, così mi accade se, su youtube, risento le barzellette di Proietti.
    Tu scrivi che talvolta l' esprimere sentimenti profondi ti riesce quasi difficile per riserbo o per paura di mostrare una debolezza. Bene ti assicuro che ogni volta che lo hai fatto sei sempre riuscito a manifestare la nobiltà di pensiero e di sentimenti che ti hanno sempre distinto.
    Un abbraccio da
    Patty e Valerio

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  2. Ah, la malinconia... no, non è tristezza, non è dolore, è un raffinato sentimento difficile da definire ma si collega all'armonia del mondo e al saperla instabile - insomma, alla vita. Noi dame hejan diamo sempre molto dolcemente malinconiche, ma non sono sicura che i quadri si Scuffi mi isoirino malinconia. Li trovo invece piuttosto confortanti, i treni in particolare. Un saluto a tutti e considera che devo ancora leggere i pezzi sullo jodel. E' un anno così complicato...

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  3. Credo che se chi è nell' aldilà potesse vedere o anche solo udire simili testimonianze di affetto penserebbe con soddisfazione al periodo trascorso durante la sua vacanza terrena. Le varie forme di arte sono particolarmente evocative azzarderei il termine catartiche ma non sono certa sia appropriato.
    Due bellissimi ricordi di fronte ai quali il fatto che Emily sia al cinema appare davvero di poco conto ma a me fa piacere anche questo.
    Con affetto
    Eliana

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