domenica 20 febbraio 2022

fatevi i gatti vostri 1923 " Don Nino " raccontino di DDD

Sono scesa dalla zia Holly per chiedere allo zio se, vista la buona verve che ha avuto nei post delle ultime due settimane, avesse voglia di pensare lui anche a quello odierno. Purtroppo, dato il bel tempo,  è andato fino a Malcontenta per controllare camper e barca. Per fortuna ha messo il telefono nel camper. Dato che continuava a dimenticare il cellulare o per distrazione o perché aveva paura di bagnarlo in barca, la zia gli ha imposto di lasciarne uno fisso nel camper. Lui ha rimesso in funzione un vecchissimo motorola 7500 e io gli ho riattivato una sim card che Bobby aveva lasciato qui. Così al decimo squillo ha risposto e mi ha dato una buona dritta:

"Chiama Zanzina, lei archivia tutto, ha novelle e raccontini scritti quando ero a Livorno e tutta la musica mia e der Ciampino, fagli mettere o fatti mandare un raccontino. Pe la puntata di Emily lo sai te come fare".

Zanza l' avevo sentita ieri sera ma è sempre un piacere chiacchierare con lei, questa mattina è al bar che non sta andando bene ma neppure male. Bisogna accontentarsi, secondo lei.

"Ho un ardiske da un Tera- mi ha detto-  e ora ti cerco quarcosa  perchè è tanto che un li rileggo ma mi propongo di fallo. A Dino piaceva uno che aveva un sapore di giallo, ovviamente un se ne ricordava il titolo ma penzo di avé capito qual' era".

Dopo poco il raccontino è comparso in brutta copia sul nostro blog e adesso ho modo di presentarvelo ricordandovi che al cinema danno Emily

Un abbraccio 

Dani


Don Nino


Da tempo Pietruzzo Randazzo, siciliano emigrato a Milano, capo operaio in un cementificio all' estrema periferia della metropoli, era diventato il capro espiatorio di ogni malumore del proprietario, amministratore unico, e direttore dell' opificio.

Che avesse bisticciato con la moglie, che un fornitore tardasse a consegnargli le materie prime e perfino che il Milan avesse pareggiato anziché vincere, il commendator Brandani, in veste di novello Zeus, iniziava il lancio delle sue saette sul povero Pietruzzo. 

Non era stato sempre così.  Quando c'era il vecchio commendator Brandani era stata tutta un' altra storia. Lui aveva preso a benvolere quel terruncello pieno di buona volontà, disposto a sgobbare come un somaro e ad accollarsi qualsiasi ora di  straordinario gli venisse richiesta. Dopo 25 anni di schiena china e testa solo al lavoro Pietruzzo si era sentito chiamare in direzione. Anche il vecchio  Adolfo Brandani, come avrebbe poi fatto il figlio Giovanni, ricopriva tutte le cariche direzionali disponibili, oltre quella, naturalmente, di proprietario e Pietruzzo si era avviato su per le scale con un certo timore. "Stai a vedere che qualcosa non va bene col lavoro e mi mandano a casa" pensava.

Si sbagliava. Adolfo Brandani senza rinunciare al suo scontato  incipit "Alura caro il mio teruncello ...." aveva poi proseguito: "Ma lo sai Randazzo che sono venticinque anni che lavoriamo insieme io e te?"

Con molta umiltà Pietruzzo aveva ridimensionato l' importanza testé attribuitagli. Gli pareva esagerato anche solo il pensare che il padrone avesse lavorato insieme a lui. Dentro la sua testa però era ben chiara una constatazione: "abbiamo svolto lavori diversi, signor padrone,  io contavo i sacchi di cemento e tu i soldi". In ogni caso si sarebbe ben guardato dal solo palesare questa irriverente considerazione e aveva detto:" Sì commendatore lei mi ha assunto vent'anni fa e la ringrazio oggi come allora". E allora il primo commendator Brandani aveva aperto un cassetto e aveva tirato fuori un astuccio aprendolo davanti a Pietruzzo. Era un orologio da uomo e l'operaio strizzando gli occhi infuocati dal polverino di cemento aveva letto "Longines". "Bello ne ha preso un altro?" chiese, dato che al polso del commendatore aveva sempre visto uno sfavillante Longines d'oro. "Ma no pirla  del mio teruncello!! " Era sbottato a ridere Brandani "questo è per te in segno di affetto e di riconoscenza, io non sono comunista intendiamoci, anzi li ammazzerei tutti e mi dispiace che il duce, buonanima, non abbia fatto in tempo ma ci sono cose che tengo in considerazione Pietruzzo, tu lavori quasi quanto me e allora voglio che tu porti un orologio bello come il mio" poi temendo che Pietruzzo non comprendesse il valore dell' oggetto aveva ben pensato di ricordargli con l' estrema finezza tipica degli arricchiti:" E' tutto d'oro sai? Mica  placcato!  E' gemello uguale sputato al mio. Poi aveva aggiunto "Questa roba non si regala agli operai ma tu sei un caso particolare e poi due settimane fa, dal Bulgari, avevo preso un collier d'oro per la mia amante che manco a farlo apposta mi ha lasciato dopo tre giorni, la troia. Allora mi son detto, un collier d'oro a quella vacca e un orologetto al quarzo a Pietro? Ma no davero, mi è fedele da 5 lustri quel giovanotto. Per Pietro quel gesto fu come la medaglia che aveva visto appuntare al petto dei marines nei film americani. Così, quando ripose l'orologio nell' astuccio e di lì nel taschino della tuta avvolgendolo nel fazzoletto gli batteva il cuore. "Non lo metti al polso?" Aveva chiesto Brandani ma poi da uomo cresciuto in mezzo al cemento aveva capito. "Bravo fai bene mettilo quando esci la sera con tua moglie qui si rovinerebbe". 

La nuova amante con la quale era stata sostituita quella che ormai per era diventata la vacca per antonomasia, fu purtroppo fatale per Adolfo Brandani che morì sul campo di battaglia con le mutande calate e l' attricetta sotto che poté essere liberata solo dai portantini della croce rossa. Il telefonino era sì riuscita a tiralo fuori dalla borsetta per chiamare i soccorsi ma lei non era riuscita a sfilarsi da sotto i 110 chili del cummenda che aveva tirato il calzino in un forsennato assalto al fondo schiena della sfortunata demivierge.

Tutt'altra pasta il Brandanino, così lo chiamavano tutti fuori che Pietro che  aveva dato pieno riconoscimento all' ereditarietà dell' appellativo di commendatore  fin dal primo giorno in cui l' erede era succeduto al padre. Cresciuto nella pretrenziosità e nell' arroganza di un figlio unico pieno di soldi e viziatissimo, Giovanni Brandani, non aveva la tempra del padre sia come uomo che come imprenditore. Dedito probabilmente a corrobaranti tipo la coca era splendido nei rapporti con gli amici e le donne ma incredibilmente meschino con i suoi operai.

Forse avendo sentito il padre tessere le lodi di Pietruzzo aveva pensato che i suoi errori manageriali fossero invece colpa del siciliano al quale non risparmiava aspre rampogne. Pietruzzo si stringeva nelle spalle pensando che ne aveva ancora per 10 forse 15 anni e che a 50 anni suonati sarebbe stato ben difficile trovare un altro lavoro. 

In occasione di un ritardo nella produzione che era completamente indipendente da Pietro e che anche gli altri tre capooperai avevano concordemente attribuito all' obsolescenza di alcuni macchinari, il Brandanino decise il licenziamento in tronco di uno dei quattro che gli aveva fatto capire senza mezzi termini che come direttore lui era un incapace. Poi non contento di questa sorta di decimazione si rivolse a Pietruzzo e gli disse: "tu Randazzo da domani mattina passi al carico scarico dei camion". Pietruzzo tacque ma quella destituzione lo colpì nell' orgoglio  e nell' autostima personale. Lavorava, come un mulo, sì il paragone è appropriato perchè a lui che al carico scarico era il più anziano non avevano neppure assegnato il muletto che solleva interi bancali e i sacchi era costretto a metterli su a forza di braccia. In due mesi era dimagrito di dieci chili e a casa non diceva più una parola. La moglie Rosa non lo aveva mai visto così e da lui aveva solo raccolto qualche sfogo incompleto. Alla fine si ammalò. Una brutta broncopolmonite che rischiò di mandarlo al creatore. Era ancora a letto privo di forze quando si presentò Andrea, un operaio milanese che aveva quasi la sua stessa anzianità. Sua sorella Elvira lavorava nell' amministrazione del cementificio e gli aveva riferito che era intenzione del Brandanino licenziare Pietruzzo poco dopo il rientro. "Pietro se vuoi ti accompagno io al sindacato -  gli disse- con quel testa di cazzo lì non c'è da scherzare non ha niente della stoffa del  padre è un pazzo stronzo e sono venuto ad avvisarti perché tu prenda le tue precauzioni". 

Pietro disse solo "Grazie Andrea sei un amico sentirò il sindacato, grazie ancora".

Rientrò al lavoro venti giorni dopo e, come preventivato e annunciato dopo due settimane ebbe la lettera di licenziamento.

Non ci furono sindacalisti a recriminare né arrivarono lettere di avvocati.

Una mattina Giovanni Brandani giunse nel parcheggio del cementificio e nel posto riservato alla sua auto trovò un vecchietto seduto su una cassetta rovesciata.

Brandani dette fiato alle trombe del clacson e l' omino con estrema lentezza si alzò dalla cassetta spostandola dall' area del parcheggio quel tanto che bastava a far posto alla Porsche.

Quando Brandani chiuse lo sportello per avviarsi in ufficio, l' uomo gli si avvicinò. Era di corporatura minuta e non doveva superare il metro e sessanta di altezza.  Completamente vestito di nero, dalle scarpe al cappello, da lui emanava una sorta di antica eleganza, dal taschino del panciotto sporgeva la catena d'argento di un orologio da tasca. Tutto nel suo aspetto rivelava un uomo del sud.

"Commendatore Brandani buongiorno" disse in perfetto italiano ma fortemente accentato.

"Buongiorno - disse Giuanin e poi aggiunse- "non credo di conoscerla".

"Mi vorrei appunto presentare commentatore ma se potessimo entrare, sono seduto qua da mezz'ora e mi sono infreddolito".

"Be senta non ho molto tempo da perdere, prenda un appuntamento dalla mia segretaria e così una di queste mattine potrò riceverla".

"Come vuole Vossia, come vuole lei  commendatore disse l' anziano italianizzando nella ripetizione del commiato e si incamminò a piedi verso il cancello.

Per 5 mattine consecutive Brandani arrivando in azienda vide l' uomo fuori dal cancello, talvolta stava camminando assorto, talatra stava seduto sul muricciolo di recinzione. L' ultima di quelle mattine, una volta in ufficio, Brandani chiamò l' Elvira la sua segretaria personale che lui definiva efficiente e molto decorativa. "Elvi per caso, un po' di giorni fa, è venuto un vecchietto che pare tirare l' anima coi denti e ti ha chiesto un appuntamento con me?"

"Sì ma non gli ho dato molto peso perché mi sembrava un po' via di testa"

"E come si chiamava?"

"Non me lo ha detto ha detto solo di scrivere Donnino ma mi veniva da ridere perché  al massimo mi pareva un Omino e per quello mi è sembrato anche un po'  matto "

"Intanto avrà detto Don Nino e non donnino" 

"Ma non era un prete"

Brandanino pensò che ad Elvira si poteva chiedere di tutto, anche degli extra decisamente intimi e trasgressivi ma non di ragionare.

"Quando gli hai dato appuntamento?"

"Gli ho detto che lo avrei richiamato"

"Che numero ti ha dato?"

"Ha detto che non importava, sarebbe tornato lui e lei l avrebbe ricevuto senza dubbio".

"Ah ma siete due imbecilli e vi siete incontrati! Tuonò Giovanni "Tu che non mi dici un cazzo e lui che da 5 mattine sta fuori del cancello".

Poi smise di pensarci ma l' immagine di quel vecchietto infreddolito gli tornò in mente durante il giorno e la sera, quando al club esclusivissimo che frequentava, incontrò il suo fornitore di roba per naso, gli chiese se lui, che bazzicava  tutta la merda di Milano, conoscesse per caso qualche vecchio delinquente terrone che si chiamasse Don Nino, probabilmente mandato a chiedere una sorta di "pizzo".

Il  Neve, un nome una professione, disse che lui non aveva a che fare con siciliani, calabresi o roba del genere ma che essendo il cummenda  uno dei suoi migliori clienti avrebbe chiesto in giro. Non passò neppure un quarto d'ora  che il Neve si avvicinò di nuovo accompagnato da un giovanotto muscoloso e abbronzatissimo i cui tratti del volto tradivano l' origine meridionale.

"Giuanin fatti dire da lui chi è don Nino perché io da questa storia mi tiro fuori subito anzi non ne ho mai saputo nulla".

Totò, così si presentò il giovane, disse subito: "Se c'è di mezzo don Nino fareste bene a confessarvi".

"Ma che cazzo mi dici Africa? Io parlo di un ometto che gli soffi addosso cade e si rompe in pezzi."

"Iddu- disse Totò iniziando col pronome dialettale ma continuando in italiano- quello è una persona il cui solo pensiero mi terrorizza, lo sapete come si chiama don Nino nell' ambiente nostro?"

"Che cazzo devo sapere? Se lo domando a te è ovvio che non lo so".

"L' angelo nivero lo chiamano, da sempre"

"E che cazzo significa?"

"L' angelo nero, è l' angelo della morte, quando ti viene a parlare uno come don Nino stai sicuro che sei un morto che cammina. L' ha  capito adesso caro il mio melanese?"

"E chi ce l'avrebbe con me?"

"Ah questo lei lo devi sapere ma se è venuto don Nino si è mosso qualcuno di grossissimo. Non si manda don Nino da parte di un pupo, voglio dire a un delinquentello a un quacquaracqua. Lei ha toccato qualcosa che non avìva a toccare, fatto qualcosa che non doviva fare comunque adesso ci sono già i corvi sulla sua testa e i vermi che si leccano i baffi".

Brandanino allungò 50 euri per l' informazione ottenuta poi tornò a casa e quella notte non dormì.

La mattina dopo arrivò al lavoro un po' prima del solito, l' omino era seduto sul muretto.

Fermò la macchina e lo invitò a salire.

L' uomo declinò l' invito e disse che lo avrebbe raggiunto a piedi perché amava camminare, quella calma, quella imperturbabilità dell' uomo rese Giovanni ancora più nervoso.

In ufficio si sorprese a sbirciare con ansia dalla finestra cosa che nella sua arroganza non gli era mai capitata prima.

Finalmente l' Elvira che quella mattina indossava un completino leopardato, annunciò che il visitatore era arrivato.

"Venga Don Nino mi spiace ma quella scema della mia segretaria aveva frainteso tutto"iniziò il commendatore.

"Non fa niente, lei parlò appunto ieri sera con Totò e così non abbiamo bisogno di presentazioni, lei sa chi sono"

"Quindi lei sarebbe il famigerato angelo nero"

"angelo nero angelo nivero.... la gente ama queste immagini da film diciamo che io sono un umile impiegato che porta avvisi nè più né meno di quello che fa un messo comunale" 

"E che avviso mi porta dunque?"

"Quello che le ha detto Totò"

"Che sarei un uomo morto?"

" Non sarebbe... lei è"

"Ma io le sto parlando quindi sono vivo" e Brandani si provò a pronunciare queste parole con un mezzo sorriso che era piuttosto una smorfia.

" Certo in questo momento lei è vivo ma la mia morte, che verrà presto perché vecchio sono, ancora non è stata decisa mentre la sua sì. In pratica  lei sta come quei condannati che sono nel braccio della morte".

" Eh ma guardi che lei non mi può minacciare in casa mia, mica siamo a Palermo sa qui siamo a Milàn e ripeté il nuome della sua città lettera per lettera" quell' espressione l' aveva mutuata dal genitore che nei suoi rapporti di affari soleva spesso dire a qualche interlocutore che pareva non rendersi conto dell' importanza del trattare col commendator Adolfo Brandani: guardi che lei se  lavora con mè lavora con Milano emme i elle a enne o e scandiva le lettere  proprio come nella canzone Stramilano. Così il Brandanino quasi avesse ripreso coraggio nell' evocazione parentale concluse con la minaccia:  guardi che la faccio arrestare io.... chiamo i carabinieri sa?

"E chiamasse i carabinieri commendatore  e cosa ci dice ai carabbinieri che un vecchio di 84 anni, de 43 chili di peso straparla, che viene a metterle paura? Facesse quello che meglio crede io le ho detto quello che le dovevo dire "

"E no ma ma ci sarà un perché, ho diritto di sapere"

"Cietto che c'è un perché e lei saprà stia tranquillo che saprà"

"Ma non c'è rimedio dunque?"

"Prima ci doveva pensare. Ormai è tardi nessun rimedio, nessuna grazia, addio commendatore Brandani bacio le mani e usci".

"Giovanni Brandani, madido di sudore, cercò un fazzolettino di carta per asciugarsi e nel portare la mano alla ricerca del pacchetto dei fazzoletti sentì che sul passamano della scrivania c'era una piccola busta come quella dei biglietti da visita. La busta aveva un angolo listato di nero.

Dentro un ritaglio del Corriere della sera:

"Ex operaio muore suicida sotto il treno in prossimità della stazione vittoria. Pietro Randazzo da pochi giorni era stato licenziato". La foto di Pietruzzo in piedi sorridente con un bell' orologio al polso insieme al vecchio commendator Brandani.


Giovannino fu preso da un tremito alle mani, si fece portare un whisky da Elvira, poi un altro, e al terzo bisogno di conforto si attaccò direttamente  alla bottiglia. Alla fine con quel calore che gli saliva dallo stomaco e gli scaldava il sangue fu preso da ardimento  e decise di andare al commissariato. Quando salì sulla Porsche si sentì sollevato: ah sì avrebbe raccontato i dettagli di quella follia, quella storia assurda di terroni che salivano a Milano, a minacciare lui nella sua città, nella sua fabbrica, nel suo ufficio. Con quel ridicolo ometto che pareva uscito  da un  film di terza categoria. Cosa cazzo poi ci entrava lui se uno sfigato si buttava sotto a un treno? Nemmeno lo aveva saputo lui, altrimenti che diamine! Qualche biglietto da centomila alla vedova lo avrebbe slungato. Lo aveva licenziato? Ah bè se un padrone non può licenziare gli operai improduttivi  a che punto siamo arrivati? Ah ma lo avrebbero visto cosa voleva dire minacciare lui e poi quel Totò del menga...  Com'è che era spuntato fuori subito appena il Neve si era messo in cerca di info? E com'è che il Neve aveva trovato proprio il tipo più adatto a dargli spiegazioni... neppure fosse già là. Neppure fosse già la......Ma certo, bastardi! Ora capiva  ma  allora lo sorvegliavano, erano giorni che lo seguivano, sapevano ogni sua mossa quindi......La pallottola nella nuca troncò  le sue ultime riflessioni.

Il giovane vestito da fattorino si lasciò scivolare dalla portiera  dalla macchina e se ne andò col motorino parcheggiato  vicino, nessuno fece caso a lui.

Il telefono di Rosa suonò. La voce rauca  che non sentiva da tanti anni e che aveva udito solo  quando era stata lei a chiamare, ,dopo la morte del suo Pietro la salutò e disse solo " Rosuzza, la pratica è chiusa solo questo  abbiamo potuto fare  pe tia. Pietruzzo nostro lo sai,  portava rispetto ma si era allontanato dalla sua terra e dai suoi amici era troppo orgoglioso per fareci una telefonata. Tu sì hai fatto bene a chiamare, tardi é vero ma  almeno i conti  in sospeso sono stati saldati". 


Fine



2 commenti:

  1. Pregevole racconto noir che ben introduce ai temi che intende sviluppare. Per essere stata scritta da da un non milanese e da un non siciliano presenta una minuziosità di particolari encomiabile. E' probabilmente la prosa di un Dante più giovane ma vi si intravedono tutte le abilità narrative del Dante maturo sia a livello strutturale che scenografico. Grazie
    Giovanni Martinelli

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  2. Caro Dante, non vorrei disturbarti ma provo a chiederti un piacerino. Ti farebbe voglia, senza fretta, di farne un audio?. Me lo sono fatto leggere da mio figlio perché in questi giorni gli occhi stanno peggio del solito. Non riesce a dare la minima espressione e così lo ho interrotto fin dalla prima parte. Sono certa che ne verrebbe un bell' audio perché l'inizio seppur straziato dalla lettura infelice mi appariva molto promettente.
    Grazie
    Eliana

    RispondiElimina

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