domenica 12 febbraio 2023

fatevi i gatti vostri n. 1986 "In nome del Popolo"

Marco Teglia lo conobbi intorno ala fine del secolo scorso. 

Eravamo ospiti  di un' altro  comune amico medico, in  terra di Maremma.  Nei confronti di entrambi conservo  un forte senso di rimpianto. Il medico mi manca per averlo avuto come carissimo amico fin  dall' infanzia. Marco  perché amava e si dilettava in quei generi che amo anch'io, lo scrivere canzoni e racconti. Purtroppo non ho avuto abbastanza tempo per condividere con lui queste passioni sebbene qualche tentativo lo si sia fatto  durante estemporanee serate accompagnate sempre da buoni piatti toscani e robusto rosso. Credo di averlo visto in tutto 5 o sei volte, l' ultima a Follonica sul mare a breve distanza dalla casa di mia zia. Chiacchierammo di mare e di barche. Argomento nel quale mi riconosceva la maggiore esperienza. Io, di contraccambio, tributavo a lui i miei plausi per la scioltezza nel verso e la maestria nell' accompagnamento delle sua canzoni con la chitarra. Mi parlò di suoi progetti letterari ma non ebbi modo di approfondire quel colloquio durante altri incontri. Non ce ne furono più. Seppi della sua scomparsa dal comune amico medico che, pochi anni dopo, lo ha seguito nei prati del Gatto Eterno. Ci si deve star bene lassù perché vedo che quelle distese verdi accolgono molte persone che stimavo tra le migliori.

Di Marco Teglia conservo, tra i miei innumerevoli reperti, un cd dal titolo Gente del Chianti. Con mio enorme rammarico non ricordo dove abbia deciso di conservarlo.

L'altro giorno, invece,  una libreria antiquaria mi ha inviato uno dei due libri che lui riuscì a dare alle stampe durante la sua permanenza quaggiù.

E' il secondo in ordine di sortita e si intitola; 

Il popolo va a Viareggio.

 


A dispetto di quanto si potrebbe pensare di primo acchito, il popolo è una sola persona al secolo Guerrino Anchioni contadino e "il popolo" è il suo nickname 

Per gli amici delle novelle raccontate vicino al focarile, mi volevo cimentare nella lettura di uno dei racconti afferenti questo libriccino che alcuni hanno paragonato a testi sacri come Pinocchio ma poi Dani mi ha confessato di aver trovato in rete e ordinato il primo libro: "il popolo va agli Uffizi". Cosi ho pensato che avrei fatto meglio ad aspettare un poco e presentare Guerrino Anchioni fin dal suo esordio. Mi sono messo a cercare qualcosaltro su di lui, magari le canzoni ma niente. Non è facile trovare notizie su Marcone, come lo chiamavamo affettuosamente. La sua cassa di risonanza erano più le osterie di Firenze che non la rete. Qualcosa in margine ai suoi libri c'è nelle pagine editoriali. Neppure sulla sua morte trovavo alcunché. Stavo per abbandonare la cerca quando mi soni imbattuto  in un bel pezzo che lo riguardava. E' comparso, nel 2016, sul Foglio, a firma di Adriano Sofri. Lo incollo integralmente sperando non dispiaccia a nessuno. provo anche a leggerlo ad alta voce per chi come Eliana ci segue sempre ma ha difficoltà a leggerci. Ovviamente vuol essere anche un mio  saluto e un abbraccio a Marcone sperando lo raggiungano  ovunque egli sia. Lassù  negli immensi possedimenti del Gatto eterno. Qualora mi possa sentire vorrei anche  rassicurarlo su un fatto. A parer mio  il miglior modo di sopravvivere alla dipartita terrena è  quello di lasciare un ricordo di sé o qualcosa che ci faccia ricordare. Cosa che Marco ha fatto con indubbia bravura. 

Dante Davini Diversi


Guardare la tempesta ricordando quel grand'uomo del “Popolo”

ADRIANO SOFRI  

Marco Teglia somiglia al suo Popolo? Non tanto: ha un aspetto da Mangiafuoco che la sa lunga. Però è mimetico, e sa mettersi nei panni di un filosofo di campagna.
Ieri c’è stata una tempesta sopra la mia casa. Ha abbattuto arbusti, piegato alberi, strappato fiori, una cascata d’acqua, tuoni e lampi hanno fatto saltare la luce e tremare i muri e spaventare Brina e Brillo, che non hanno paura di niente. Con la tempesta è un po’ come con i naufragi. Hans Blumenberg, riprendendo la metafora di Lucrezio, intitolò un suo gran libro “Naufragio con spettatore”. Se ne accorgono ora i soccorritori del Mediterraneo, e tutti noi che guardiamo tre o quattro volte al giorno il nostro prossimo che naufraga e annega, e ci commuoviamo un po’ per lui e ci rallegriamo molto per noi. La casa in cui abito non è al mare, è una vecchia casa colonica con una loggia, e quando fischia il vento e la bufera infuria mi copro, mi metto seduto al riparo e me ne sto a guardare la furia degli elementi. Anche ieri, e mi sono ricordato di quando ci sedevamo insieme, io e Marco Teglia, a guardare il temporale e stare zitti, coi cani suoi e miei accucciati accanto senza litigi.

Marco è nato a Lucca nel 1949 e ha abitato per più di trent’anni nella stessa casa, anzi fu grazie a lui e a suo fratello che vi fui accolto con Randi quando Lotta Continua finì e, spiantati, ci rifacemmo una vita. Marco, che era anche buon suonatore di piano e di chitarre, liuti e mandolini, tre anni fa pubblicò un libro intitolato “Il Popolo va agli Uffizi”, e poi un seguito, “Il Popolo va a Viareggio”. “Nacque Guerrino Anchioni, ma la mamma non ebbe latte per sfamarlo, lo portava, dunque, da tutte le conoscenti di recente parto. Guerrino succhiò il latte di cento donne del popolo, ebbe cento fratelli, divenne il figlio del popolo e poi il ‘Popolo’, come tutti da allora lo chiamarono”. Era il Millenovecentoventotto, nella campagna della Lucchesia, e il Popolo si fa la sua strada, venti chilometri ad andare e venti a tornare, a vendere braccia e vanga, e intanto recita a memoria i versi della Gerusalemme e di Dante e dell’Orlando. Finché decide di prendere il treno e andare agli Uffizi a veder Giotto, L’Angelico e Leonardo. Il Popolo è un gran personaggio, che fa ridere e intenerisce. Anche Marco Teglia. Magari l’avete conosciuto, per qualcuna delle serate che faceva nei locali e i teatri e le case del popolo e degli amici raccontando le sue storie e cantando le sue canzoni, metà sentimentali da far quasi piangere, metà comiche da far ridere con le lacrime agli occhi.

 Insomma, il Popolo viene a Firenze. Sale sul treno come un soldato che va alla guerra. Al Duomo non c’è un omino che rovescia manciate di granturco ai piccioni? “O che li mangiate?”. “Mangiate cosa?”. “Codesti piccioni”. “O che date i numeri?”, risponde quello inorridito. “Allora che li governate a fare?”. “Rallegrano la città con i loro voli”. Un piccione gli sale sul cappello, gliela fa sulla giacca. “Sì, rallegrano la città e concimano la vostra bella giubba”, ride il Popolo, pensando che quello è più bischero di lui. In piazza della Signoria si indigna per la Giuditta che ha tagliato la testa di Oloferne, e gli hanno fatto pure un monumento; poi agli Uffizi passa e ripassa davanti alla Madonna di Giotto, con l’occhio intenditore, fissa la vergine al centro, e sembra guardarlo, si sposta di lato, e continua a fissarlo. “Questa move gli occhi!”. Incontra uno, ci parla un po’, quello lo trova buffo. “Anche voi siete buffo, parete un prete”. “Sono un prete!”. I preti di città sono strani. Anche al paese c’è gente strana, ma si conosce. Ferragalline, il miglior amico del Popolo, fa il fabbro, si fa pagare in uova e castagne. Un vizio ce l’ha, di rubacchiare. Quello che gli manca per il lavoro, lo prende dove lo trova.

 

Il Popolo gli chiede una lastra di marmo per il lavandino, la sua gli s’è rotta. Ferragalline gliela procura, e va a montargliela, quando il Popolo è a vangare. Raccomanda alla sorella del Popolo di non toccarlo finché la calce non avrà tirato. Il Popolo torna, gli pare che il marmo sia bello lucido, e anche robusto. “Già. Robusto!”, fa lei con l’aria ironica. “Perché, non ti piace?”. “A te ti piace?”. “A me sì, e poi il marmo è sempre marmo”. “Allora vieni a vedere!”, e s’infila sotto la lastra cementata, e gli mostra la scritta: “Qui giace colpito da fiero morbo…”. Il Popolo pensa che dritti si ha un’aria di prosopopea, e distesi non si vale nulla, come essere vivi o essere morti. Poi pensa che è vero anche il contrario, per uno sdraiato quello ritto è disteso, e forse per uno morto il vivo è il vero defunto e viceversa. Cerca di sbrogliare i pensieri, ma intorno le cicale fanno sarabanda, riempiono tutto, non lasciano l’intimità. “Le cicale rompono i coglioni!”, sentenzia il Popolo a voce alta, le cicale si zittiscono. C’è una prefazione di Adolfo Natalini, che passava parecchie sere a inseguire Teglia nelle osterie di qua e di là, con Roberto Barni e Staino e gli altri che vivon d’arte e il ragazzo Francesco. Marco Teglia somiglia al suo Popolo? Non tanto: ha un aspetto da Mangiafuoco che la sa lunga, è musicista e antiquario e figlio d’arte, perché suo padre Remo era medico e scrittore di libri pubblicati nei “Gettoni” Einaudi di Vittorini. Però è mimetico, e sa mettersi nei panni di un filosofo di campagna. Le bufere vanno guardate in silenzio, con una donna, o con un amico. Marco Teglia ora è morto, la tempesta di ieri era formidabile e l’ho guardata da solo.

9 commenti:

  1. Caro Dante, sono la prima a commentare e mi pare strano. Credo che tutti noi siamo stati tutti presi dall'effetto elezioni. Viste in tv perché pochi si sono mossi per votare. Altra bella batosta, meritata ma sempre amara da mandare giù. Non conoscevo Teglia ma se ne elogiatele gesta tu e Sofri credo sia quasi obbligatorio farne conoscenza. Ne acquisterò i libri e se tu, con la incomparabile gentilezza con la quale mi hai letto l'articolo di Sofri, vorrai leggere anche qualche racconto di Marco, ne sarò felice e lusingata
    Con affetto
    Eliana

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    1. Eliana stavolta è verissimo, ho letto pensando a te. Mi piace leggere ad alta voce ma se so di poter agevolare una persona in difficoltà con la vista o priva di essa mi pare di aver messo il mio granello di sabbia per costruire una cosa buona.
      Dante

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  2. Sono stato tratto in inganno dal fatto che il post è uscito nel tardo pomeriggio di domenica. Confesso e mi dolgo della mia mancanza di fiducia. Pensavo che qualche "impedimento dirimente" si fosse frapposto tra la redazione e chi aspettava di leggervi. Spero di meritare almeno una parziale assoluzione assicurandovi che quanto Dante e Sofri scrivono su Marco Teglia, a me ignoto, gli fanno guadagnare crediti in anticipo sulla lettura. Né credo di poter restar deluso. I due commentatori conoscono bene l'arte dello scrivere e possono anche vantare una conoscenza de visu con lo scrittore. Rimango dunque in attesa, fiduciosa stavolta, di leggere qualcosa sul "Popolo". Per adesso invece quello che leggo sul nostro di popolo non mi rincuora per niente.
    Buona settimana
    Giovanni Martinelli

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    1. Caro Prof. è tanta la sua fedeltà e la sua benevolenza nel leggerci che Lei è assolto ancor prima che noi si conosca il peccato.
      A presto
      Dante

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. troppi refusi, scrivo tutto daccapo

    Quando si meritano ricordi così intensi, da persone così speciali, significa che in Marco spiccavano sia le qualità dell'uomo che quelle dell' artista e scrittore. Mi spiace sia così poco noto. Lo leggerò e, in caso, lo ascolterò con piacere attraverso le letture, eccellenti e sempre graditissime offerte da Dante

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    1. Sul fatto che Sofri si possa definire una persona speciale non ho dubbi. Sulla mia specialità mi limiterei a dire che è il bere abbondantemente conservando una buona lucidità. Visto poi che lo affermo innanzi a una valente medica questo implica anche una discreta supponenza da parte mia. Grazie per l'attenzione e i complimenti.
      Dante

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  5. Ho ascoltato e letto con interesse. Neppure io conosco Teglia. Conosco invece, come penso moltissimi italiani la vicenda di Sofri. Non ho mai creduto alla sua colpevolezza, magari sarà stato un cattivo maestro, forse avrà predicato una lotta che implicitamente comprendeva anche atti violenti ma non credo abbia mai commissionato delitti. Ovvio che non è questo il luogo per tali ragionamenti ma ci tenevo a dire la mia che tra l'altro anche se di sinistra sono sempre stata una salottiera e mai una estremista.
    Ti ascolterò volentieri.
    Luci

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    1. Cara Luci, quella questione non si risolse quando si poteva e ormai chissà..... Gli innocentisti accolsero persone di ben diverso orientamento, da Gad Lerner a Vittorio Feltri, da Vasco Rossi ad Adriano Celentano, da Battiato a Gaber e se proprio vogliamo accostare due tanto diversi mettiamo pure Francesco Cossiga e Marco Pannella ma se ne riempirebbe una pagina. Sebbene abbiamo avuto comuni conoscenze e amicizie non ho mai incontrato Sofri ma non penserei mai di entrare in quell' argomento. So bene che se mi si condannasse per tutte le volte che ho detto a quello bisognerebbe dargli fuoco brucerei già all' inferno sebbene vivente.
      Appena mi arriva il primo libro comincerò le letture
      Dante

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