Scrivo di Sabato perché per me il sabato è come quello del leopardi mi riempie di gioia, nvece la domenica fino all' ora di pranzo la reggo ma poi mi mette tristezza.
Quanto all' argomento odierno spieghiamo intanto cosa è il crògnolo, poi verremo al fatto.
Il crògnolo, denominazione toscana del Corniòlo (Cornus mas) è un arbusto che talvolta raggiunge le dimensioni di albero e che in molti usano in giardino per la bellezza del suo fogliame e per il colore dei suoi frutti.
Originaria della regione mediterranea, questa specie si trova allo stato spontaneo in tutta la Penisola, anche se un po’ più difficile ritrovarlo nelle Isole.

ed è apprezzata da sempre, sia per il suo legno che per i suoi frutti, le cosiddette corniole che noi si chiamano ovviamente crògnole.

Persino Omero, nelle sue opere, parla di queste drupe oblunghe di color rosso acceso e talora tendenti al rosso bruno, sottolineando come nel tempo passarono da esser cibo per i maiali ad essere consumate dalle famiglie.
Virgilio invece ne parla nell’Eneide narrando il fatto che il famoso cavallo fu costruito proprio grazie al legno di questa pianta.
Anche nella letteratura contemporanea il legno di corniolo è annoverato tra i materiali dalle qualità portentose: pare proprio che sia l’ideale per costruire le bacchette magiche, almeno secondo quel che dice J. K. Rowling, autrice del famoso Harry Potter. I Serbi lo chiamano Dren e lo considerano un legno sacro. Nell'usare una analogia per descrivere una persona forte e sana usano il motto: Zdrav kao dren. Esiste un sito serbo sulla salute naturale che ha proprio questo titolo.
Ma agli antecedenti storici e letterari io antepongo un uso del crògnolo che è forse meno noto alle persone colte ma ben conosciuto tra pastori e contadini.
Il legno del crognolo è il più duro che si possa trovare tra i legni italiani ed europei ed è molto apprezzato anche dagli americani che lo chiamano dogwood e lo usano come noi per le sue qualità e soprattutto per fare bastoni. Cosi fin da quando, circa 20 anni fa, io sono approdato nella serenissima repubblica di Venezia, sia Holly che i miei nipoti mi hanno sentito spesso citare il crògnolo. Si badi bene che in qualità attributiva si usa anche per definire una persona malavvezza ai modi sociali, rustica o anche impacciata in abiti che non le siano abituali del tipo: "bada te quer popò di crognolo cor vestito celeste e la camicia rosa" oppure; "ma che se li mette a fa sti tacchi a spillo leilì, crognola com'è ner caminà". Più spesso però ho evocato il crògnolo nella sua funzione di doma sósi (le "s" sono ambedue sonore e rendono l' effetto onomatopeico del nome la ó è chiusa ed ha lo stesso suono che ha in "nome"). Il sóso dovete sapere che, fra gli umani, è quel tipo supponente che avrebbe anche magari l' ardire di fare il prepotente, l' attributo pare derivi da quei maggiolini

che volano producendo un rumore quasi di motorino e che di solito hanno l'ale e corazza verde metalizzato. Spesso i bimbi a sentire quel rumore si atterriscano ma le mamme son leste adir loro "occosa voi che ti faccia quel poro sóso?". In una crudele versione ludica, noialtri si era soliti legare a una zampetta dell' insetto un lungo capello, strappato a una bimba tra le nostre amiche, o un filo di cotone. Poi il filo si teneva colle dita pronunciando la formula magica: "sósa sóso sennò t'ammazzo" e lui poverino volava, trattenuto dal filo.Io però li liberavo sempre e posai su fiori dela mi mamma quello che mi permise di fare un figurone ale medie. Gli avevo attaccato un bigliettino cor un capello biondo legato ala zampa. Sul biglietto avevo scritto " boia che topa la proffe di mate". Il sóso partì e pareva un arioplano, di quelli che portano in aria uno striscione pubblicitario. Il colpevole un fu trovato ma ho sempre pensato che la professoressa di matematica avesse capito che il marchingegno l'avevo assemblato io. A sostegno di questa mia ipotesi ci fu il fatto che fino a che l'ebbi per docente riescii sempre a conservare l' otto e pigliai anche qualche nove e dieci. Cosa che a Dino, nonostante fosse bravino anche lui, un gli riescì mai. Una vorta, siccome sta bella ragazzona ci faceva anche scenze, mi fece passare da casa sua a pigliare dei libri pe na ricerca. C'era tra noi alunni uno de più smaliziati che ripeteva da du anni la seconda, fumava le alfa der su babbo e si faceva le seghe in classe da na tasca sfondata de carzoni. Mi disse, "Vedrai Dantino che trova il modo di fatti sbircià la topa. Ammé i libri un me l' ha mai dati prtché so somaro ma na vorta ir mi babbo andette a imbiancagli la casa. Quando ebbe fenito lo sentii al barre che diceva a Renatino (r babbo di Dino) che leilì era montata sula scala per levà de libri perché s' imporverassero e un aveva nemmeno le mutande". Io col penziero fisso a quell' immagine andetti da lei convinto di vedere quella roba meravigliosa e quando sonai ir campanello mi sentivo du agitazioni: una ner petto e una ne pantaloni. Ma le cose un vanno come nele fantasie, anche lei aveva i pantaloni, l' occhiali e l' aria seria da professoressa. I libri eran digià appoggiati sur tavolinetto der telefano all'ingresso. Cosi la mi estasi durò il tempo giusto pe sentilla dire:"Eccoti i libri Dantino, mi raccomando un li sciupare, un ci scrive e un mi ci fa trovare macchie di sugo o di vino".
E così perzo cola fantasia dietro a quer monte di topa, ho perzo anche ir filo del poste.....
Donque ero partito da quando s'incappa in qualche sóso che vorrebbe fa r prepotente. In que casi m'è capitato di dire "Con quelli stùpiti lì un ci s' inzudicia nemmen le mani, si piglia un ber legno di crognolo e si frollano a dovere".
E il crògnolo è davvero micidiale in quegli usi didattici. Difatti dale Marche all' Abruzzi vige il detto (variante un po' nel dialetto) "Lu Vastuni de crugnale scoccia l' ossa e nun fa male". Il fatto che spacchi le ossa ma non produca abrasioni è dovuto al fatto che il suo colpo è penetrante come un fendente di spada per cui non strappa ma arriva dentro con una potenza dirompente. Come ebbi modo di raccontavvi, io e Dino, da ragazzotti, si tirava di scherma. Forze perché un c'erano ancora i socialle e le bimbe, che ti mandano la foto gnude chiedendoti la tua...eloquente, ancora avevan da nasce. Forze perché un livornese che si rispetti dovrebbe conosce quell'arte nobile armeno ne su rudimenti fondamentali. Poi siccome l' accademia costava e i soldi mancavano ci si specializzò nela scherma cor bastone che era gratisse e si poteva fa pella strada. Mio maestro fu Cecco il saltimbanco di cui ho parlato tante volte e io trasmisi a Dino quanto apprendevo. Cecco, che era anche abile giocoliere, faceva roteare il bastone avanti e indietro ma conosceva anche tutte le parate e gli affondi dela scherma classica appresi prima che l' indole gitana gli facesse abbandonare la nobile famiglia in cui era cresciuto. Aveva incrociato il ferro nientemeno che con Nedo Nadi e quando lo raccontavo la gente stentava a credemi ma appena vedevano lui cor un manico di granata in mano si rimangiavano tutti i dubbi che avevan sollevato prima. Dino preferiva il frassino forse più elegante di foggia e più dritto ma inferiore al crògnolo per robustezza e peso. Io ogni volta che potevo trovare una pianta adatta raccoglievo i frutti, coi quali la mi mamma faceva una marmellata nzuperabile.
Poi cor un ramo, di foggia ben adattabile a trarne un bastone, prencipiavo un lavoro che a volte durava de mesi ma che mi forniva un arnese micidiale.
Ne feci uno stupendo e lo regalai a Don Luigi che anche lui sapeva come adoprallo. Perché diceva luilì che: "Se la parola di Dio penetra anche gli animi più malvagi ove la si accompagni co dele robuste legnate, realizza assai prima la sua opera di convinzione". Non so che fine abbia fatto quel bel legno, Dino non lo trovò tra le cose lasciate dal prete quando andette anche lui dal Gatto Eterno a seguità la partita a scopa cor mi poro babbo.
Ora, però, come si conviene a chiunque affronti un argomento, sarebbe d'uopo anche chiudilo con dele concrusioni che ripiglino il punto da cui s'era prencipiato ossia dar titolo.
Capita donque che Dani e Bobby, in vena di fammi un regalo, abbino penzato di donammi un bastone. Del resto zoppico da fa schifo e ne uso diversi. Pol essere anche che m'abbino sentito lamentà che qui a Venezia a trovà un ber legno da bastoni è cosa più rara che trovà un comunista ner Piddì d'oggi. E così ricordandosi del crògnolo. che gli rammentavo da bimbi, l' hanno cercato in un bosco moderno. Quello dell' internette.
Ala fine, dopo tanti bastoni ucraini, irlandesi e d'ogni altra parte d'Europa e for d' Europa, cari di prezzo da fa accapponà la pelle, hanno trovato quer che cercavano da un onestissimo artigiano dela maremma toscana. Meno male che fortuna volse che oramai, anche in quelle terre sperse laggiue fra Grosseto er confine cor Lazio, ci fosse arrivata l' internette. Così un bravo fabbricante di taglieri, bastoni e altri oggetti in legno ha potuto mette le su creazioni in rete. Ar momento però di già fatto un aveva niente. Ma la mi nipote quando vole na cosa è inarrestabile e s'è fatta mandare quel che poteva reperì così com'era, appena tagliato dala pianta e ripulito dai rametti ma ancora da lavorare perché come le ha detto chi glielo ha venduto è sì un gran legno ma è come i cazzi d'oggi, trovanne uno che stia bello dritto è un miracolo.
E difatti il legno era bello, abbastanza lungo ma anche parecchio curvo e Dani, quando me lo ha conzegnato, nel porgemelo mi ha detto
"Zio non so se sia troppo torto".
"Boia dé se è storto ti insegno ad addirizzallo".
E lei stupita: "ma dale parole del venditore avevo capito che il crògnolo ha questa natura".
"Pora la mi bimba anche le banane per natura so curve ma Giane di Tarzan le addrizzava e come"
"E come?"
"Ocché un te la ricodi la canzone del mi amico Marcone che diceva "Ma la più brava è certo Giane a addrizzare le banane" (dalla canzone "E allora tutti con Tarzane" del compianto Marco Teglia cantatutore e antiquario in Firenze col quale ricordo di aver bevuto del bon vino e duettato in rima cantata estemporanea)
"Si ma è uno scherzo, Marco lasciava intendere che Giane le banane le addirizzasse col sedere".
"Appunto il crògnolo lo poi addrizzare anche te cor culo e mi pare tu abbia proprio le mele adatte"
Mi sono beccato un vaffanculo ma poi quando ho scaldato il legno col soffiavapore a 100 gradi di Holli, l' ho messo tra due sedie cola curva in alto e ce l' ho fatta sedere sopra, la mi nipote ha capito cosa intendessi per "addrizzallo cor culo".
Ecco il bastone quasi dritto, cercare la perfezione non avrebbe senzo, è bello così.
E ora attenti a voi o sósi, è arrivato il crògnolo
Quando realizzai quello di Don Luigi ci feci su du strofe di velle che se cantate in una tenzone in rima sonerebbero pressappoco così:
Da sempr' io confidai nel mi bastone
è di crògnolo maschio stagionato
il foco l' addrizzò ma un l' ha bruciato
spesso ha difeso me o la mi ragione
Il prepotente sempre e l' ha accucciato
chiarendo chi era il cane e chi il padrone
chi l'ha assaggiato nel mezz' al groppone
credete a me non se n' è più scordato
Bona domenica a tutti
Dante