martedì 28 luglio 2020

fatevi i gatti vostri 1559 " Il coniglio JOJO!"




Recensione di Marzia Gandolfi
sabato 23 novembre 2019

Jojo ha dieci anni e un amico immaginario dispotico: Adolf Hitler. Nazista fanatico, col padre 'al fronte' a boicottare il regime e madre a casa 'a fare quello che può' contro il regime, è integrato nella gioventù hitleriana. Tra un'esercitazione e un lancio di granata, Jojo scopre che la madre nasconde in casa Elsa, una ragazzina ebrea che ama il disegno, le poesie di Rilke e il fidanzato partigiano. Nemici dichiarati, Elsa e Jojo sono costretti a convivere, lei per restare in vita, lui per proteggere sua madre che ama più di ogni altra cosa al mondo. Ma il 'condizionamento' del ragazzo svanirà progressivamente con l'amore e un'amicizia più forte dell'odio razziale.
Prendere per il naso Hitler è avere l'ultima parola. (La) parola di Taika Waititi, che firma una favola über-assurda ficcata nella Germania nazista e agita alla fine della Seconda Guerra mondiale.
Alla maniera di Charlie Chaplin, che crea l'arma più bella contro Adolf Hitler (Il grande dittatore), e di Mel Brooks, che mette in scena l'invenzione stessa del ridere parodico (The Producers - Una gaia commedia neonazista), Taika Waititi scongiura il corpo a corpo con la storia e volge in ridicolo la fascinazione estetica per il III Reich. Diversamente da loro il risultato è meno feroce del previsto, sovente esilarante ma troppo 'carino' per il soggetto.

Niente in Jojo Rabbit farà urlare all'indecenza o scatenerà la polemica che aveva accompagnato l'uscita in sala di La vita è bella. L'anima Disney, proprietaria della Fox Searchlight Pictures, modera i toni e procede dolcemente verso l'ode alla tolleranza e alla fantasia, alla resistenza e al rispetto verso l'altro. Da par suo, Taika Waititi dirige e indossa la divisa di un Hitler concepito dall'immaginazione di un bambino che lo convoca in sostituzione del padre assente e ogni volta che è in preda al dubbio. Ma anche qui siamo lontani dall'interpretazione caustica di Chaplin del tiranno-buffone Adenoid Hynkel (Il grande dittatore), di cui Hitler ovviamente fu il modello.

Se l'obiettivo è il medesimo, deridere i protocolli e la messa in scena di un potere che si voleva spettacolare, Waititi pesca le risorse comiche più efficaci del film nell'orientamento sessuale dei suoi nazisti, Chaplin parla per la prima volta, indossa per l'ultima i baffi di Charlot e denuncia l'usurpatore, scalzandole non solo l'immagine ma anche la performance oratoria ridotta a gesti e parole incomprensibili.
Comprensibili e definitive sono invece le parole finali di Jojo che prende letteralmente a calci il suo 'idolo' e oppone al farfugliamento nazista il valore della poesia e dell'amicizia. Tuttavia Jojo Rabbit fallisce quello che distingue la grande satira: l'onda di ilarità è sempre associata a un sentimento d'orrore. Il dittatore di Taika Waititi è un fantoccio di cui ridiamo certo ma da cui non affiora mai dietro l'attitudine farsesca la crudeltà. Resta l'impegno sincero del film davanti al risorgere di movimenti populisti e di estrema destra. Figlio di padre maori e di mamma ebrea, il regista di Thor: Ragnarok cerca uno slittamento per colpire forte gli spiriti contemporanei, giocando con l'estetica nazista e applicando una distanza ironica e un dandismo nazi difficili da maneggiare.

Ciascuno dei suoi bad guys, dall'inatteso Capitano Klenzendorf di Sam Rockwell all'ufficiale lunare della Gestapo di Stephen Merchant, passando per la valchiria ubertosa di Rebel Wilson, è agito da un mélange di libido e cecità che li rende alle volte derisori e tollerabili. Taika Waititi li arruola, si prende il rischio e poi cerca la via d'uscita, dichiarando la guerra all'odio e praticando la giusta misura: realizzare un film mai troppo drammatico per essere divertente. Ad oggi soltanto Mel Brooks ha riso del nazismo senza compromessi producendo il 'peggior show possibile'. Un delirante capolavoro che annulla Hitler a forza di ridere (The Producers - Una gaia commedia neonazista).
Sei d'accordo con Marzia Gandolfi?

Quando il tuo amico immaginario è Adolf Hitler.
Overview di Massimiliano Carbonaro
venerdì 6 settembre 2019
La storia del cinema ci ha deliziato con numerosi amici immaginari, dal gigantesco coniglio bianco Harvey (nel film Harvey del 1950) a l'Humphrey Bogart di Provaci ancora Sam fino a Eric Cantona che interpreta - splendidamente - se stesso nel più recente Il mio amico Eric, ma nessuno aveva ancora portato sulla scena come compagno e confidente invisibile Adolf Hitler: ecco nel film, Jojo Rabbit, questa lacuna viene deliziosamente colmata.
Il film è ricco di dialoghi surreali, situazioni esilaranti e momenti di grandissima ironia. In una scena in cui si incontrano Jojo Rabbit con un suo coetaneo e forse unico amico, i due commentano: "Oh mio Dio, niente sembra avere più senso". E il ragazzino serissimo gli risponde: "Yeah, penso che non sia un buon momento per essere un Nazi". Strepitoso.
Il regista di Thor: Ragnarok, Taika Waititi, firma una commedia che riesce a mettere insieme i problemi dell'adolescenza con le ironie sul nazismo in un film ambientato in Germania durante gli anni della dittatura e in prossimità della Seconda Guerra Mondiale.

Al centro della narrazione del film troviamo il giovanissimo Jojo Betzler (Roman Griffin Davis) che a 10 anni ha molte difficoltà a relazionarsi con i suoi coetanei. Sempre impacciato viene appunto chiamato Jojo Rabbit - coniglio - appunto per sottolineare con la crudeltà di certi bambini, sostenuti dagli adulti in divisa nazista, le sue difficoltà. Per cercare di affrontare un mondo che gli sembra sempre ostile, Jojo si rivolge allora al suo amico immaginario che ha il volto di Adolf Hitler e che è interpretato dallo stesso regista. Ma il giovanissimo comincia a porsi molte domande sulla legittimità di quanto gli viene insegnato a scuola e nel campo di addestramento, quando scopre che la madre nasconde in soffitta Elsa (che ha il volto di Thomasin McKenzie), una ragazza ebrea. Tra Jojo e Elsa nasce un'amicizia che porta il ragazzino a guardare con altri occhi quanto sta succedendo intorno a lui e a dubitare sulla bontà degli insegnamenti relativi al nazismo che riceve.

2 commenti:

  1. Grazie!
    So che molti lamentano che sia un film troppo soft (questione di sensibilità, io la scena col coniglio l'ho trovata molto crudele) ma a me sembra che parli di un tema più vasto del nazismo, e cioè i condizionamenti imposti ai giovani, non soltanto dalle dittature. Sarà interessante sentire cosa ne pensano i ragazzi.
    Inoltre l'attore protagonista è molto bravo (una cosa che apprezzi particolarmente dopo aver visto Kramer contro Kramer).

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    Risposte
    1. Stasera lo guardo, se non mi addormento.
      Della lista tua relativa a smarriti per strata trovi "essere John M" in videoteca film disponibili. Ci resterà finche non ci avverti che lo hai visto
      Buona serata
      Zanza

      Elimina

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