sabato 29 dicembre 2012

fatevi i gatti vostri n 488 " il bigolo storico "

Il Bigolo

C'è è chi afferma che il suo nome deriva da quell' asta ricurva, con due ganci all' estremità, che serviva a trasportare, posata sulle spalle, i secchi d'acqua o di latte o ceste, e che era anche unità di misura (bi = due e golo = collo) . Chi invece crede che derivi da bighellonare, che in dialetto veneto vuol dire, nella sua origine, andare in giro a far festa.
Infatti i bigoli erano un momento godereccio di ritrovarsi a tavola a festeggiare un avvenimento particolare, ma erano usati anche in periodo di Quaresima, le Ceneri, il Venerdì Santo e la vigilia di Natale conditi con la tradizionale ricetta: bigoli in salsa.
Se già il loro nome ha delle origini discordi, figuriamoci la loro provenienza. Si narra che durante la guerra che la Serenissima Venezia combatteva contro i Turchi, questi ultimi, affondavano le navi mercantili che dalla Sicilia portavano a Venezia il grano duro che veniva trasformato in pane e pasta. I magazzini erano sempre più vuoti e il rischio della fame incombeva. L'addetto alle vettovaglie veneziane era un padovano che pensò di utilizzare il poco grano duro che rimaneva e mescolarlo con quello tenero che l'entroterra veneziano offriva, il tutto veniva impastato con uova per dare maggiore consistenza al prodotto, che veniva lavorato come uno spaghetto molto grosso. Si trovano tracce di quanto detto negli archivi storici a Reggio Emilia dove uno scritto, del maestro d' arte culinaria, Barnaba de Reatins descrive nel 1338 questo prodotto che chiama menudei, chiaramente l'Antenato degli attuali bigoli (che si pronunciano bigoi).
Nel 1604 il padovano Bartolomio Veronese, mastro pastaio, detto Abbondanza per la sua mole, ottenne l'autorizzazione del consiglio comunale di Padova, di un brevetto per un macchinario per la pasta. Questo macchinario costruito in legno, di forma cilindrica, permetteva di comprimere, con una leva e uno stantuffo, l'impasto, inserito dall'alto, facendolo passare per un filtro forellato. Ottenendo così una pasta lunga simile agli spaghetti napoletani, ma molto più grossi ( dai 2 ai 2.5 mm. di diametro) e ruvidi nella loro superficie, e sia ben chiaro che non avevano il buco al centro, altrimenti si sarebbero chiamati bucatini.
Nasce così il bigolano che poi prese il nome di bigolaro.
L'evoluzione in cilindri di bronzo e di filtri, trafile, pure di bronzo sono successive, dando anche una certa durata al macchinario ed aumentando anche l'igienicità del prodotto.
Sembra strano, ma la popolarità del bigolo è molto diffusa! Anche l'Artusi nella sua raccolta di ricette, quando descrive la salsa di sarde, per condire la pasta fa un breve riferimento al bigolo, descrivendolo come grosso spaghettone, da condire con questa salsa, che solo gli stomaci degli scaricatori di porto veneziani possono apprezzare, ma si sa che Lui rivolge la sua raccolta di ricette alla nobiltà, non certo riportando le giuste origini dei prodotti.
Ci sono anche canzoni popolari che richiamano il bigolo: Me piase i bigoli con la luganega Marietta dammela per carità¦.. oppure filastrocche : Bigoi e bagoi e pan gratà, toi la mussa e va al mercà, se el mercà el xe finio toi la mussa e torna in drio.
Come sempre la sapienza contadina trova la soluzione ai problemi di sopravvivenza. Importante era abbinare al poco pesce e magari sotto sale (sardine) o alla rara carne un po' di pasta. Ovvero i carboidrati necessari al nostro corpo per trasformarli in energia assieme alle proteine della carne e del pesce. Da qui la famosa pasta e fagioli, ma ci stiamo inoltrando in altri argomenti che esulano dal nostro bigolo.
Resta il dilemma con che sugo o condimento accompagnare questo prodotto.
La morte del bigolo è il condirlo col sugo d'anatra o con la salsa di sarde ma a mè piacciono anche con sugo vegetale o col pesto.

1 commento:

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