giovedì 22 ottobre 2020

Fatevi i gatti vostri n 1641 " Adele aveva un gran bel par di mele "

"Dammi un' ideina pel titolo Dino, ho la testa confusa stamattina" chiedo ar Ciampi che appena sveglio contempla l' affondamento d' un pezzo di brioscia in un cappuccino invecchiato coll' ovvio resultato che il liquido sorte di fori e mi strogola tutto r tavolino. Ir cappuccino invecchiato si fa co un caffè doppio un po' di latte senza schiuma e una mezza dose di Vecchia Romagna, tanto pe scardà le budella.

La testa confusa l' avevi nche iermattina o che ha' risognato l' omini sfocati che un ti riusciva di vedenni l' uccello nche stamattina?

"Ma va mpo nculo te e l' omini sfocati aiutami cor titolo dai"

"Boia dé mi pigli coll' occhi ncora chiusi Zanzina 'ome si chiama ir firme"

"Ir firme si chiama la vita di Adèle e parla del lesbismo"

"Velle meritano ir paradiso te lo dico io s'eliminano a due per volta e ci levano sta fatica ncredibile di dovelle trombà noi, che siano benedette".

"r titolo Dino"

"Adèele....pensa....Adèele.....Lo dice come noi livornesi cola "e" apertissima e strascicata guasi come na nota cor punto accanto sur pentagramma....beve un sorso di cappuccino sgocciolandoselo sula bazza. 

" Adèelee... ci sò! Adèle aveva un gran bel par di mele!". Da cui il titolo.

A proposito  un vi permangan  dubbi e visto che il gugolle trasleto livornese>italiano ancora un c'è, sappiate che  a Livorno 2 mele formano un culo quindi mela equivalente di chiappa. Ora se Adele avesse sto stianto di ulo un lo so perché il firme un l' ho visto ma come avete constatato ho chiesto un titoluccio al Ciampi ed è sortito questo.

E lo sapevo io che ala fine mi toccava a me la patata bollente nele mani!

Dunque accingiamoci a presentare questo filmone o filmaccio che dir si voglia perché i pareri sono assai discordi. Ovviamente non ci voglio mette bocca a livello personale, ce la mettano di già le protagoniste proprio indove un si penserebbe si debba vedé in filmi destinati alle sale normali. Non è che comunque la cosa mi scandalizzi anzi mi incuriosice e lo guardo volentieri poi magari dirò la mia dopo avello guardato

E' in cineteca da subito. My movies, dal quale traggo la recensione di Marzia Gandolfi e il commento de Il Morandini, lo elesse my movies masterpiece 2013.

Alla fine, dopo il Morandini ho riportato anche varie interviste alle attrici, tutta roba che ho trovato in rete e della quale ignoro l' attendibilità quindi da prendere cum grano salis.

Bona Giornata da

Zanza


2013




IL REGISTA TUNISINO RACCONTA 
UNA STAGIONE D'AMORE 
DOLOROSA, SENZA PSICOLOGISMI 
E CON  UNA CARNALITÀ 
PRIVA DI MORBOSITÀ.
Recensione di Marzia Gandolfi
domenica 26 maggio 2013

Adèle ha quindici anni e un appetito insaziabile di cibo e di vita. Leggendo della Marianna di Marivaux si invaghisce di Thomas, a cui si concede senza mai accendersi davvero. A innamorarla è invece una ragazza dai capelli blu incontrata per caso e ritrovata in un locale gay, dove si è recata con l'amico di sempre. Un cocktail e una panchina condivisa avviano una storia d'amore appassionata e travolgente che matura Adèle, conducendola fuori dall'adolescenza e verso l'insegnamento. Perché Adèle, che alle ostriche preferisce gli spaghetti, vuole formare gli adulti di domani, restituendo ai suoi bambini tutto il bello imparato dietro ai banchi e nella vita. Nella vita con Emma, che studia alle Belle Arti e la dipinge nuda dopo averla amata per ore. Traghettata da quel sentimento impetuoso, Adèle diventa donna imparando molto presto che la vita non è sempre un (bel) romanzo.
Ancora una volta Abdellatif Kechiche guarda a Pierre de Marivaux, maître dei sentimenti nella società francese del diciottesimo secolo, spiando il cuore della 'petites gens' dove si nasconde l'amore. L'amore che il suo cinema come la letteratura dello scrittore fa uscire allo scoperto, segnato da un movimento della parola e da una naturalezza di espressione che incanta. Sul romanzo "La Vie de Marianne" apre La vie d'Adèle, storia d'amore e di formazione di un'adolescente che concede alla macchina da presa ogni dettaglio e ogni sfumatura di sé. Eludendo il compiacimento dell'esibizione, il regista tunisino racconta una stagione d'amore dolorosa e irripetibile, senza psicologismi e con una carnalità priva di morbosità. Al centro del film due giovani donne che leggono la realtà con gli occhi del desiderio, il loro, che esplode sullo schermo accordando i capitoli della loro esistenza. L'abilità dell'autore a dirigere gli attori, già osservata nei lavori precedenti (La schivataCous cousVenere Nera), produce periodi di pura bellezza come in occasione della lunghissima scena dell'amplesso, delle cene di presentazione e delle letture scolastiche. Con un movimento dall'esterno verso l'interno, Kechiche realizza un film che quanto più si distende nel tempo (quello diegetico e quello effettuale), tanto più si stringe nello spazio di una camera, di un'aula, di una cucina, placandosi nel ritmo e dentro un'appassionata ricerca di interiorità. La galleria di reincarnazioni dell'eterno femminino dopo la danzatrice del ventre di Cous cous e la 'schiava assoluta' di Venere Nera si arricchisce di un'altra figura, questa volta divorata dall'eros, spregiudicata, libera e bellissima. Adèle Exarchopoulos è l'Adèle del titolo, colta nell'incandescenza di un sentimento fervidissimo e totalizzante per Emma e congedata con una raggiunta consapevolezza. Dentro un abito blu, 'preso in prestito' dalla bande dessinée di Julie Maroh ("Le Bleu est une couleur chaude"), la protagonista comprenderà di poter sopravvivere agli amori che non possiamo trattenere, preferendo le lacrime (tante lacrime) e lo struggente languore all'innaturale rimozione. E la bellezza di La vita di Adele nasce proprio nei momenti di frattura, chiavi per aprire il futuro alla protagonista rimasta sola col suo sentimento infelice. Come nei romanzi, tutti francesi, che divora da studentessa e poi da insegnante, Adèle si cerca nel fondo del proprio amore, sopportando una solitudine che ha imparato a curare. Alla maniera di Antoine Doinel, la protagonista di Kechiche è iniziata alla vita adulta nel tempo di due capitoli, che la formano e la rimandano a una nuova avventura esistenziale, dopo averne determinato il sé sociale ed emotivo con tenace aspirazione. 'Ricomposto' il corpo freak di Saartjie Baartman, su cui si fissava il potenziale oppressivo dello sguardo, il regista 'assedia' quello vitalistico di Adèle, a cui corrisponde quello impressionista e languido di Léa Seydoux, magnifica ossessione che la introduce alla 'belle arti', all'arte amatoria e alla celebrazione dell'energia del corpo. i

Su MYmovies il Dizionario completo dei film di Laura, Luisa e Morando Morandini

Adele sta per finire la scuola, diventerà maestra d'asilo. Incontra Emma, ragazza dai capelli blu, e ne rimane folgorata. La cerca, la trova, e scopre così di essere lesbica e innamorata. Vanno a vivere insieme, ma Adele rimane insicura, compie degli errori per gelosia e il rapporto si incrina. Pur essendo stato insignito della Palma d'oro al Festival di Cannes, il film è stato anche criticato per il compiacimento, spesso gratuito, con cui il regista ha mostrato il corpo nudo femminile (opinione condivisa anche da Julie Maroh, autrice del fumetto da cui il film è tratto). È comunque un'intensa storia d'amore con le contraddizioni e i problemi di qualsiasi rapporto sentimentale costretto a confrontarsi con culture e mondi diversi che entrano in contatto facendo scoccare scintille di passione ma anche frizioni discutibili. Distribuito da Lucky Red.

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Varie interviste sul tema 

Premiato con la Palma d'oro a Cannes 2013, La vita di Adele ha colpito al cuore gli spettatori e ha fatto scandalo per le lunghe e realistiche scene di sesso.


Quando è uscito nel 2013, La vita di Adele (La vie d'Adèle - Chapitres 1 & 2) è stato un vero e proprio caso. La pellicola, liberamente ispirata alla graphic novel Il blu è un colore caldo (Le bleu est une couleur chaude) di Julie Maroh, ha portato sullo schermo un'appassionata e drammatica storia d'amore lesbica, raccontando la scoperta e la presa di coscienza della propria sessualità da parte dell'adolescente Adele e il suo rapporto travolgente, totalizzante e tumultuoso con la pittrice Emma.


Abdellatif Kechiche ha disegnato un ritratto potente e ferocemente realistico dei sentimenti, delle emozioni e della fisicità di una relazione tra due amanti, filmando lunghe ed esplicite scene di sesso che hanno fatto scandalo e hanno contribuito a creare un alone leggendario intorno al film.


L'esperienza ha messo a dura prova le due protagoniste, la giovane e pressoché esordiente Adèle Exarchopoulos e la poco più navigata collega, Léa Seydoux, che non hanno nascosto di avere incontrato diverse difficoltà sul set e con il regista.


D'altra parte, La vita di Adele ha conquistato la giuria della 66esima edizione del Festival di Cannes (presieduta da Steven Spielberg), che per la prima volta nella storia del manifestazione ha attribuito la Palma d'oro per il Miglior film non solo al regista della pellicola, ma anche alle sue interpreti.


Ma quali sono i retroscena e le curiosità sulle controverse sequenze che mostrano Adele ed Emma in intimità?


Realtà e finzione

Ne La vita di Adele, le scene di sesso tra le due amanti non lasciano nulla all'immaginazione, mostrando senza veli i corpi di Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux. Tuttavia, le attrici hanno chiarito che non hanno recitato realmente nude. In un'intervista a The Daily Beast, Léa ha spiegato che durante le sequenze degli amplessi indossavano delle protesi sui genitali:


Avevamo delle vagine finte, che riproducevano in silicone le nostre. Era strano indossare una protesi della nostra vagina sulla nostra vera vagina.



Ma la dichiarazione non è bastata a spegnere il brusio morboso sulla pellicola. La straordinaria performance delle due giovani attrici ha alimentato la leggenda che abbiano davvero consumato dei rapporti intimi davanti alle telecamere. Una teoria che Adèle ha smontato su GQ, affermando che tutte le scene di sesso sono state simulate:


So che tutti vogliono chiedermi: '[Tu e Léa, n.d.r.] avete davvero s******?'. Quando muori in un film, non muori realmente.


Imbarazzo e amicizia

Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux si sono incontrate solo una volta precedentemente all'inizio delle riprese e la loro prima scena insieme è stata quella in cui Adele sogna di avere un rapporto intimo con la (ancora) sconosciuta Emma. Una circostanza che ha creato non poco imbarazzo all'attrice francese di origini greche. In una intervista a The Independent, la giovane ha raccontato che la situazione le ha provocato un incontrollato accesso di risa:


La prima volta che abbiamo girato una scena di sesso insieme, non riuscivo a fare altro che ridere. Dovevo masturbarmi pensando a [Léa/Emma, n.d.r.] e quando ho aperto gli occhi e l'ho vista abbiamo riso un sacco. Eravamo in imbarazzo.



Con il passare dei giorni, le due attrici sono entrate in confidenza e hanno costruito un legame molto forte tra loro, ma la difficoltà di girare nude e simulare atti sessuali è rimasta.


Il disagio non le ha abbandonate neppure quando si sono riviste sullo schermo a Cannes, soprattutto perché con loro c'erano le rispettive famiglie. Parlando con The Daily Beast, Adéle ha raccontato che ha provato a estraniarsi dal contesto, ma che non ce l'ha fatta:


In sala c'erano i nostri familiari e durante le scene di sesso chiudevo gli occhi. [Abdellatif Kechiche, n.d.r.] mi ha detto di immaginare che non fossi io, ma ero io. Così, non guardavo e pensavo di essere su un'isola lontana. Ma non potevo fare a meno di ascoltare e non sono riuscita a scappare.


Perfezionismo e controversie

Nelle varie interviste rilasciate dopo l'uscita del film, Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux hanno dichiarato di avere incontrato molte difficoltà a lavorare con Abdellatif Kechiche per il perfezionismo e la ricerca di realismo quasi maniacali del regista.


Parlando con Collider, la Bond girl di Spectre ha raccontato che c'era un'atmosfera difficile durante le scene di sesso, perché il filmmaker girava con 3 e a volte anche 4 telecamere e loro erano letteralmente circondate dagli obiettivi e dai tecnici. Inoltre, le riprese di una stessa sequenza duravano giorni e giorni.


Adèle ha raccontato a The Daily Beast che Kechiche ha portato lei e la sua co-protagonista al limite estremo tra realtà e finzione e probabilmente le ha spinte anche oltre:


Ci ha avvisato che dovevamo avere fiducia in lui - cieca fiducia - e dare molto, moltissimo di noi. [...] Ma quando abbiamo iniziato a girare, ho capito che voleva davvero che dessimo tutto. La maggior parte delle persone non si osa neppure di chiedere le cose che lui ci ha chiesto e ha molto più rispetto. [Di solito, n.d.r.] durante le scene di sesso, vieni rassicurato. E le sequenze sono coreografate, cosa che desessualizza l'atto.


Léa ha rincarato la dose, sottolineando che il regista aveva il pieno potere su di loro e che in alcuni momenti si è sentita violata:


A volte era umiliante, mi sentivo una prostituta. [Abdellatif Kechiche, n.d.r.] girava con 3 telecamere e quando devi fingere un orgasmo per 6 ore... non posso dire che non sia stato niente. Ma per me è più difficile mostrare i miei sentimenti che il mio corpo.


Le dichiarazioni della giovane attrice hanno provocato una veemente reazione da parte del regista, che in una lunga lettera aperta pubblicata da Rue89 l'ha accusata di essere "una bambina arrogante e viziata" e di avere "cambiato radicalmente atteggiamento" nei suoi confronti dopo averlo ringraziato "in privato e in pubblico" per il "nobile ruolo" che le ha permesso di interpretare:


[Léa Seydoux, n.d.r.] ha descritto le riprese come un orrore e ha lasciato intendere che io sarei un sadico e perverso manipolatore, che avrei fatto girare a due giovani attrici scene di sesso completamente nude per 10 giorni di fila, che le avrei obbligate a litigare fino a che è iniziato a scorrere il sangue [in riferimento a un incidente sul set in cui Adèle si è tagliata una mano. n.d.r.] e a lavorare 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 per 6 mesi, che le avrei umiliate, violate e violentate psicologicamente, se non altro, per ottenere il risultato che gli spettatori vedono oggi sullo schermo.



La diatriba tra i due è andata avanti a lungo, con tanto di querela (vera o presunta) da parte del filmmaker nei confronti della giovane attrice. Ma le accuse di Léa non sono state le uniche dalle quali Kechiche ha dovuto difendersi. Sempre nella lettera aperta a Rue89, il regista ha attaccato duramente il quotidiano Le Monde, che lo ha accusato di molestie, straordinari non retribuiti e violazioni delle leggi sul lavoro nei confronti della crew impegnata nella realizzazione de La vita di Adele.


All'apice della polemica, Kechiche è arrivato a dichiarare alla rivista francese Télérama che il film non avrebbe dovuto uscire:


Per quanto mi riguarda, La vita di Adele non dovrebbe arrivare in sala, c'è stato troppo fango. La Palma d'oro non è stato che un breve istante di felicità. Dopo mi sono sentito umiliato e disonorato, ho percepito un rifiuto della mia persona, che vivo come una maledizione.


Sguardo maschile e polemiche

Le scene di sesso esplicito de La vita di Adele sono state (inevitabilmente) il centro della maggior parte dei dibattiti sul film. Le lunghe sequenze che mostrano le due protagoniste immerse nella ricerca del piacere hanno scioccato e diviso il pubblico e gli addetti ai lavori, raccogliendo pareri positivi ma anche osservazioni negative. In particolare, i detrattori hanno accusato il film di avere uno sguardo maschile e hanno riscontrato nella regia di Abdellatif Kechiche una visione patriarcale.



Tale critica è stata espressa anche dall'autrice della graphic novel alla quale la pellicola è liberamente ispirata, Julie Maroh. In una dichiarazione ripresa da diversi giornali, tra cui il New York Times, la scrittrice ha criticato l'adattamento della sua opera realizzato da Kechiche per quanto concerne la rappresentazione della sfera sessuale:

A me sembra che sul set mancasse una cosa: le lesbiche. Fatta eccezione per alcune sequenze, questo è quello che penso: è stata una rappresentazione brutale e chirurgica, esagerata e fredda, del cosiddetto sesso lesbico, che è diventato pornografia e mi ha fatto sentire molto a disagio.

Ma nonostante le difficoltà, il dolore, la fatica e le polemiche che hanno accompagnato la realizzazione e l'uscita del film, una cosa è innegabile: La vita di Adele è una storia d'amore bellissima e struggente e un racconto di formazione di grande realismo e potenza.


4 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    Le risposte a questo primo commento sono riservate allo staff. I nostri lettori possono commentare seguendo le consuete modalità.
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    Redazione: Zanza Livorno on line dalle ore 16:00 alle 23:00

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  2. Ho guardato il film, questa mattina, perché non volevo affrontare temi scabrosi in fase post prandiale e con digestione in corso. A me sinceramente è parso la proiezione (in senso peicologico e non cinematografico) delle turbe di un regista o forse di una gens alla quale egli dà voce attraverso il film. Le attrici non mi son sembrate troppo naturali ma, in tutta sincerità, non so come si comportino due amanti donne, non le ho mai viste in realtà e neppure nell' adulterato realismo delle produzioni porno. Non posso dunque essere buon giudice. Sono d' accordo con tutte le rivendicazioni di gay e transgenders e non discrimino chi appartiene alle suddette categorie ma voler far passare per opera d'arte qualsivoglia cosa abbia per oggetto gli amori omosessuali mi pare una esagerazione. La letteratura greca e quella latina cantano amori omosessuali alla stregua di quelli etero ma vige un discriminante: ci sono opere di pura poesia e componimenti di consistente volgarità che coi primi non hanno nulla a che vedere e neppure son sfiorati dalla musa dell' arte.
    Non mi sento di affermare che il regista sia un cialtrone affetto da voyeurismo o altre manie a sfondo sessuale ma direi che quell' ossessivo indulgere sull' anatomia durante i molti amplessi abbia tolto molto alle ridotte chances che aveva di far un opera d'arte. Film comunque guardabile, argomento interessante. Voto: sei +
    anche se my movies e Cannes son di diverso avviso.
    Buona serata
    Giovanni Martinelli

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  3. Grazie per il film. In verità sulla scia del libro molto bello e delle critiche favorevoli mi era venuta voglia di vedere come avesse trasposto in scena il testo. Non mi è piaciuto molto ma l' ho comunque guardato con attenzione e la storia essendo bella rimane tale. Sul fatto che il regista sia rimasto lontano dall' opera d'arte son d'accordo con Martinelli col quale mi complimento per l' attentissimo e garbato commento.
    Ciao Buon week end
    Purtroppo Giacomo si sta organizzando per chiudere definitivamente la sua azienda e per noi non saranno giornate piacevoli.
    Anna

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  4. Ho cercato di guardarlo come storia d'amore di due esseri umani e la storia è bella. Certo l' insistenza su certe scene non è che dia fastidio, in fondo sono anche due bei corpi esteticamente, ma distoglie dalla storia d'amore e forse quello è il limite. Nel complesso mi è piaciuto.
    Grazie
    Eliana

    RispondiElimina

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