lunedì 19 ottobre 2020

fatevi i gatti vostri n 1638 "Lazzaro di Shangai"

Lazzaro di Shangai o Lazzero come alcuni Livornesi si ostinano a dire è esistito davvero e visse proprio nel popolare rione di Shangai a Livorno. Altre notizie su di lui non se n'hanno quindi conosciamo molto di più di quello der vangelo, ma si sa...l' evangelisti un erano abituati a fassi i cazzi sua e raccontavano di tutto di tutti sebbene usassero l'arte di accomodare un po' i fatti quando il racconto doventava scabroso. Fecero così a proposito dela samaritana dale quale tutti si recano in fila pell' arcinoto pellegrinaggio dela pompa appoggiata ar pozzo et idem fecerunt a proposito dele corna di Bebbe che doventarono, nela loro edulcorata trasposizione, la novella dell' immacolata concezione.

A noi la storia di Lazzaro di Shangai la raccontava Dante quando s'era piccini ma il racconto originario era dovuto a quer leggendario prete che rispondeva ar nome di Don Luigi Banti e che per tutta la su vita terrena ha onorato il bar Nado cola su presenza.

Narrava dunque Don luigi lo pseudomiracolo di Shangai con queste parole:

Un giorno venne all' orecchi der Padreterno che laggiù sula tera un si rispettava più il Verbo e anzi si bestemmiava da fa paura. Accese ir computer e cercò su gugol mappe indove si bestemmiasse di più e subito la terra si strinse e prencipiò ad allargassi a video solo una parte di essa: l' Italia. Poi piano piano ner mezzo dell' Italia cominciò ad apparire una scritta che metteva in dubbio l' integrità der lato B dela Vergine e subito sotto scritto in rosso: Livorno capitale dela bestemmia, terra di comunisti e d'anticristi.

Bei tempi velli! Dopo l' onta der sindaco pentastellato duole il core a scrive ste cose.

Subito il Padreterno chiamò Pietro con voce tonante: "Pietroooo o Pietrooooooo o Pietrooooooooooooo ma  indove cazzo sei un ti si trova mai vando c'è bisogno?".

Arrivò Pietro coi pantaloni a bracarella che se li reggeva cole mani e mugolò: "ero a caà Signore erano 6 giorni che un andavo di corpo e Voi vi sete dimenticato di fa ir miracolo delo stronzolo, così ho ngollato na mezza scatola di confetti Falqui e stamattina ho avuto na mossa di corpo incredibile".

"Boia che schifo che mi fai, un mi toccà eh anzi sta lontano che puzzi di merda anche dall' alito. Vai a chiamà subito quer testa di azzo der mi figliolo".

"Eh dorme luilì ieri sera ha fatto ir pigiama party cole sante e l' ho visto che ne aveva tre o quattro addosso mezze gnude. Poi devano anche avé fumato dell' erba o tirato dela coca perché sapete Signore in que parti che lì un si va mica tanto pel sottile".

"Va bene va bene un capisce na sega ma meno male che un m'è sortito gay sto figliolo". Sveglialo e mandelo qui".

Dopo du ore arriva Gesù  tutto ciondolante.

"Boia babbo ho fatto le cinque stanotte  o che cazzo c'è che un si pole dormì in questo posto di merda, artro che paradiso e mi pare un condominio zeppo d'emigrati der  bangladesce".

"Zitto un po' , mettiti varcosa addosso e scendi n terra che a Livorno bestemmiano e dissacrano la mi parola; vedi di fa du miracoli e di convincili che noi s'esiste e se mi incazzo cor una libecciata lo raso a terra quer posto di merda".

"Va bene via anderò"

Scese dunque Cristo in terra è calò all' Ardenza. Sentì un gran vocio e forti bestemmie sortire da un barre

entrò e disse : "Fratelli"

"Fratelli na bella sega -rispose il barista e urlò a la moglie-  dagli un euro all' Arikrisna sennò un si leva più da coglioni"

Tutti seguitarono a bestemmiare. la barista cavò un euro dala cassa lo porse a Cristo e gli disse  "levati dale palle ala sverta perché so briachi e se s'indispongano ti troncano di botte"

Cristo l' avrebbe potuti sterminà tutti cor uno sputo ma si tenne, in fondo doveva dimostrare la grandezza di Dio e no la su collera.

"Ci sarà un occasione migliore" disse a se stesso e usci palleggiando l' euro in mano.

Vide a breve distanza dellle donne che si accapigliavano.

"Tegame, puttanona, budello, rottannelculo che un sei altro" erano solo alcune delle ingiurie che Gesù poté udire. Gli bastava. S'avvicinò e disse: "Ferme, smettete di nzurtavvi e picchiavvi e ascoltate la parola di Dio".

"Boiadé hanno aperto r manicomio" disse una "o di dove sei scappato bimbo?"

"Sono Gesù il figlio di Dio"

"E io so Sofia Lòren" gli disse una e nel dillo s'arzo la gonna e gli mostrò na topa cor pelo tarmente rigoglioso che bucava anche la tela dele mutande.

Gesù sconvolto da tanta sfacciataggine ripiegò in ritirata per la seconda volta.

Mentre andava via sentì due comari che parlottavano e una diceva:

"torno ora da Shangai, so sfatta, c'è Lazzaro ver teata di azzo der mi cognato che ha bevuto du bottiglie di cognacche Bertocchini pe fa na gara co n' algerino ed è cascato a terra. Da du giorni è stecchito lì, un respira, un si move, nzomma come morto".

Gesù chiese la strada pe Shangai e infine verso sera raggiunse quell' area della città, domandò dove fosse la casa di Lazzaro e glielo dissero

Giunto che fu trovò donne e amici in lacrime e capì che era  il momento di fare il miracolo che avrebbe convinto l' umani dela su potenza

Da fori dela porta urlò con voce autorevole:

"Arzati dal letto Lazzaro e vieni fori subito".

Di lì a du minuti si sentì l' uscio scricchiolà e apparve Lazzaro traballante e mezzo gnudo che coll' occhi semichiusi scrutò Gesù poi gli si avvicinò e puntandogli un dito al petto lo apostrofò:

"Dé còcco o che voi fa ir duce a casamia? M'arzo se mi pare e per piacere e ora ti poi anche levà di 'ulo.


In cineteca trovate Lazzaro Felice ma fra un pochino, perché anche io ho preso la purga e devo andà ar gabinetto. Lascio Dino ar barre ma a mette filmi un è bono.

Bona settimana

Zanza

La recenzione è di my movies


UN CINEMA LIBERO, DESTRUTTURANTE, GIROVAGO. UN CINEMA CHE MERITA DI ESSERE SEGUITO.
Recensione di Paola Casella
lunedì 14 maggio 2018

La Marchesa Alfonsina de Luna possiede una piantagione di tabacco e 54 schiavi che la coltivano senza ricevere altro in cambio che la possibilità di sopravvivere sui suoi terreni in catapecchie fatiscenti, senza nemmeno le lampadine perchè a loro deve bastare la luce della luna. In mezzo a quella piccola comunità contadina si muove Lazzaro, un ragazzo che non sa neppure di chi è figlio ma che è comunque grato di stare al mondo, e svolge i suoi inesauribili compiti con la generosità di chi è nato profondamente buono. Ma qual è il posto, e il ruolo, della bontà fra gli uomini?

Come saprà risorgere questo Lazzaro per continuare a testimoniare che il bene esiste, e attraversa le vicende umane senza perdere la propria valenza rivoluzionaria?

Alla sua terza regia Alice Rohrwacher fa intraprendere al suo protagonista, e alla comunità che lo circonda, un cammino che è anche il proprio, all'interno di un cinema che deve molto a Olmi e Zavattini ma continua a spingersi oltre lungo un terreno che frana e si modifica continuamente sotto i suoi (e i nostri) piedi. Non è facile tenerle dietro mentre attraversa un'arcadia senza tempo che è anche un microcosmo di sfruttamento, dove il lupo è assai più giusto e buono dell'essere umano che lo teme. Il suo linguaggio parte da atavico e diventa postmoderno, racconta un vento che soffia senza tregua per spazzare via la protervia del potere e uno sputo nel piatto dell'ingiustizia sociale senza per questo negare che il Bene e il Male percorrono il tempo senza cambiarlo, riproponendosi all'infinito.

La fionda che Tancredi, il figlio della Marchesa, regala a Lazzaro è come la cinepresa per Rohrwacher, ben consapevole della sua pericolosità: Alice si piazza sempre in medias res, fra le foglie di tabacco, dentro ai letti disfatti dei contadini, dietro lo sguardo puro del suo protagonista. Lazzaro è un'occasione come lo è il cinema di Alice Rohrwacher, che è tutto finto, nel senso di reinventato e ricreato, ma conserva radici profondamente reali, italiane prima che universali, rurali piuttosto che bucoliche.




5 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    Redazione:Zanza on line dalle ore 19:00 alle 20:00

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  2. Una vera delizia il pezzo nel quale Zanza si è cimentata oggi. Immagino sì che il racconto della parabola del Lazzaro di Shangai le sia arrivato di seconda mano ma certamente Dante non avrà ridimensionato il già di per sé colorito linguaggio del Don, anzi lo avrà corroborato con nuove figure retoriche rivisitate in chiave vernacolare. Zanza degna erede di tanta fantasia ha fatto il resto. Ci troviamo così davanti a espedienti che potrebbero trovar posto in un manuale di retorica: senza volerci soffermare sulla bestemmia che trova fondamento su un divino lato b, citerei uno per tutti il meraviglioso: et idem fecerunt a proposito dele corna di Bebbe che doventarono, nela loro edulcorata trasposizione, la novella dell' immacolata concezione.
    Forse chi si interessa criticamente di blasfemia inorridirà e considererà lo scritto degno del rogo insieme ad altri libri all' indice ma per me che ripongo il mmio interesse sugli aspetti stilistici queste costruzioni son musica pura e provo lo stesso diletto che un musicofilo prova nell' ascoltar Mozart o Rossini.
    Brava bravissima Zanza e bravi bravissimi quelli che ti sono stati maestri
    Con affetto e grande simpatia
    Giovanni Martinelli

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    Risposte
    1. Troppo buono, il merito è all' ottanta per cento dei maestri dei quali cerco di tramandare il verbo visto quanto son parchi nell' usare tastiera o penna
      Zanza

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  3. Ci voleva. Un post da sbellicarsi ma anche da apprezzare per quelle caratteristiche che ha così ben evidenziato smartynello. Una prosa dialettale nella quale la volgarità del motto non si avverte per quanto è elegante la costruzione. Per il prossimo convegno in cui mi capiterà di scrivere una relazione mi consulterò con te a me escono sempre piatte, monotone e di un grigio plumbeo.
    Anna

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