venerdì 23 febbraio 2018

fatevi i gatti vostri n 877 " vernacolario labronico"



Dante ha beccato un' influenza che lo ha quasi paralizzato, Zia Holly è rientrata a fare qualche lavoretto, Dani  arriva oggi in Inghilterra a farmi visita e a valutare qualche opportunità di lavoro qui  perché secondo  Renzi tra un po' ci troveremo talmente tanti soldi e tanto lavoro da dover creare altre banche per amministrare tutto quel ben di Dio.  Lascio un po' respirare il buon Vettriano e ripeschiamo  un nostro antico progetto splideriano la pubblicazione di un vernacolario Livornese, impresa caldeggiata dal Prof. Giovanni Martinelli  esperto linguista e acuto commentatore del quale vorremmo tanto avere notizie. Anche solo per sapere se sta bene. L'impresa non fu mai ultimata e, sinceramente non ricordo a quale lettera arrivammo. Per una mia maniacale tendenza a conservare i files ho però ritrovato la cartella e mi riprometto di  alternare qualche post prettamente compilativo alle frizzanti pagine di Zanzara e ai flussi di coscienza di Zio Dante che sta attraversando il suo periodo Joyciano.
Buona serata a Tutti
Bobby











A PANE
(Essere a.........., mettersi a................etc.)
Modo di dire di antica tradizione livornese con origini ed ètimo incerti. Il suo significato è:avere una relazione amorosa, amoreggiare,flirtare, ma anche : essere sentimentalmente impegnato, fidanzarsi (in questo caso si dice meglio :<essere o mettersi a pane in casa>). Difatti la condizione di essere a pane presuppone un'intenzione seria e duratura nei confronti della partner ben altrimenti dal più superficiale e epidermico "fare franella"(v.)< Sono a pane cor una fia di Colline......> è un'espressione che può spesso sottointendere una solenne e matura assunzione di responsabilità, specialmente se pronunciata in un locale pubblico e alla presenza di amici che propongono di andare a fare una levàta di budelli a Torre del Lago.
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A TE.......
Incipit classico di numerose e svariate allocuzioni livornesi tendenti alla qualificazione diretta e inequivocabile dell'interlocutore. Alcuni (Fantappiè, De Nigris, Màstiabrodo)lo intendono come interativo intenzionale del complimento di termine che risponde alla domanda: < a chi ? >< a che cosa ? > (< alla rotta 'n culo di tù mà> direbbe l'Alberoni) Nel linguaggio popolare quotidiano livornese se ne riscontra un uso assai freguente e immutato nel tempo quando è accoppiato a noti termini ingiuriosi e offensivi:<...a te caàta><........a te buoròtto!>. E' evidente il valore rafforzativo dell'espressione che sottolinea l'esigenza, tipicamente livornese, di concentrare il massimo dell'effetto semantico nel minimo delle parole, a questo proposito il bellissimo e sintetico
<......a te zòtta!> solitamente indirizzato all'automobilista pisano che non dà la precedenza all'incrocio
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Acchecchinare e Acchcchinarsi
Verbo tipico del migliore e più autentico lessico labronico, particolarmente usato nell'espressione <.......e ti sei (siei) acchecchinato>, classica locuzione di compianto sarcastico e derisorio nei confronti di chi si trovi in situazioni di disagio fisico, mentale, morale, da lui medesimo provocate;più colorita e pregnante dell'omòloga<....e' ti sei (siei) assistemato>, ha origini oscure sulle quali si sono accese dottissime dispute nelle più accreditate Accademie livornesi. Ampelio Panciatichi , noto alleggeritore di portafogli su' filibùssi , sostiene che  ' acchecchinarsi deriva dal latino ad checchinum sesumere , cioè ridursi nelle condizioni di tale Cecchino o Checchino , marito della sù sorella Argia, che faceva la spola fra casa e il carcere dei Domeniàni; ma francamente tale interpretazione ci sembra capziosa, tendenziosa e improbabile, date anche le condizioni in cui è stata rilasciata dall'illustre studioso dopo aver vomitàto una cofana di fagioli rifatti. Abbastanza comune anche la forma transitiva <.......e' t' hanno acchcchinato>, all'indirizzo di chi abbia ricevuto cospicuo danno morale e fisico da alcuno , come colui che , sorpreso nel mezzo di un convegno amoroso dal marito della ganza , sia stato da questi smoccolato di cazzotti.
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Aggaìre
Termine tipicamente livornese che indica particolare ostentazione di disagio fisico di varia natura, quale il patire freddo, la fame, la sete, il sonno. Di origine onomatopeica, si richiama probabilmente al guaìre del cane ed è usato in forma figurata; il cane infatti è da considerarsi quale dolorosa metafora della condizione umana assai congeniale al costume labronico, che non disdegna di darne rilievo anche nelle indicazioni  strettamente anagrafiche ( tu' pa' cane ; tu' ma' cane, etc.)Ad esempio.: < qui s'aggaisce dal freddo.....> <ho ' na fame aggaisco....>, etc.
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Ajò o Ajòle ( meno corretto ahiò)
Esclamazione per lo più gridata al fine di richiamare l'attenzione, talora su un pericolo imminente. Spesso precede la somministrazione dello "storciodiòllo' ",tipica percossa livornese che consiste in un colpo assestato di pieno palmo nella regione cervicale. In qualche occasione viene usato, durante la proiezione di un western, da parte del pubblico più giovane per avvisare il protagonista dell'arrivo a tradimento del cattivo < Ajò, ajò badalì eccolo quella caàta!......>
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Alla grazia
Tipica espressione livornese. Se usata da sola e con significato sospensivo essa sta a sottolineare fatti, situazioni e cose eccezionali, di portata e dimensioni fuori del normale . < Alla grazia!.......> mormorerà pudicamente la giovane bencreata osservando lo smisurato uccello del cavallo lipizzano al circo equestre, mentre il fidanzato cercherà  invano di distrarla facendole vedere le foche ammaestrate. La stessa espressione assume valore comparativo e di attribuzione con sfumatura ironico-parodistica: < Alla grazia di bobbetailòrre!> si usava dire al paìno azzimato che gigioneggiava per le strade, paragonandolo scherzosamente all'attore americano e nota con acume il Trombadori spesso il sarcasmo dell'espressione era esaltato da un ruto.  Inoltre viene usata in forma di accoglienza e di cordiale saluto : < Alla grazia di lù lì (lui li)> si dirà vedendo spuntare un amico dentro il barre (bar).
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Allezzito
Dal verbo 'allezzìre' e 'allezzìrsi' (rifl.), cioè ridursi alle condizioni di 'lezzo'(v). Con questo termine si individua , in un ambito livornese, colui che in senso lato è da considerarsi male  in arnese, sciagurato , disperato, financo a connotare il vero e proprio morto di fame. Come spesso accade , il termine viene talora usato in maniera iperbolica enfatizando cioè il suo significato , si può quindi, correttamente, dare dell'allezzito tanto al turista tedesco beccato a lavarsi i piedi ad una fontana pubblica ma anche all'Ayatollah Khomeini  colla barba piena di ' accole quando arringava a un branco di allezzìti come lui. In qualche caso 'allezzìto' sta anche per avaro , tirchio e si adopera in preferenza nei confronti delle popolazioni lucchesi,<...the most allezzite people in the world > secondo la tesi dello studioso Mac Duff
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Interiezione di ristretta area livornese, da non confondersi con il romanesco ' ahò ' . Possiede un accentuato valore dativo e dedicatorio e viene usata preferibilmente nelle apòstrofi offensive , specie se lanciate da media o lunga distanza .
Il grido <......aò caàta !>, indirizzato all'arbitro dalle gradinate alte è anche secondo il De Robertis, tipica espressione di schietta verve livornese oltre che segno di distinzione sociale; altrove e segnatamente nelle sale cinematografiche di periferia l'improvvisa esclamazione <.......aò troiaio ! > connotava l'individuazione di un finocchio nell'atto di infastidire giovanotti e militari
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Arrocchettare
Verbo tipicamente livornese (poi magari lo dìano anche a Pisa , ma a noi ci'mporta ' n segone). Usato nella forma transitiva, intransitiva, deponente, riflessiva, ha un ètimo oscuro e incerto riconducibile alla ben nota casistica
< dog's cazz words> o espressioni < a cazzo di cane > di cui la lingua livornese è particolarmente ricca. Il Bizzozzera nel suo
(parole crociate a schema libero, Vienna 1955), attribuisce l'origine del verbo al movimento sussultante del rocchetto quando il filo si dipana, ma l'interpretazione risulta poco attendibile dato che il Bizzozzera era briào dalla mattina alla sera e notoriamente pieno di ' orna . Altrettanto capziosa e distituita di fondamento è la chiave proposta dal noto linguista Trogòlo di Torretta che, aderendo alle istanze dei Circoli neopositivi delle Quattro Fonti asserisce che la radice (rocch) deriva dal sostantivo " rocchettone " versione popolaresca del còito bucco-genitale praticato in Alta Slesia nei congressi carnali dei pastori. Parimenti non ce la sentiamo di accreditare la versione Palandri-De Nigris secondo la quale il verbo "arrocchettare" sarebbe iterativo del più comune "arroccare " e " arroccarsi " cioè assumere una posizione di difesa e di protezione da attacchi esterni. Insomma è un casino , non si si sa a chi da' retta, fra tutti vesti budiùli. Nel parlare comune il verbo è usato nelle allocuzioni  < ho ' na fame arrocchetto.......> <  ho  ' n freddo arrocchetto........> e più raramente  < arrocchetto dalla voglia di ' iava' >
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ARRONZARE
Verbo di ètimo incerto, molto usato anche in ambito non popolare. Possiede vari significati la cui matrice è: buttare,tirare là......
Ad esempio.: <Arrònzami  la scudella !> dirà il marito alla moglie che ha dimenticato di completare l'apparecchiatura. Per traslato
"arronzare" un lavoro, un'opera di qualsiasi genere, significa eseguirla frettolosamente e malamente, tirarla via alla meglio :
<...... ni s'è dato un'arronzata alla svelta > è la tipica filosofia del carrozziere per lavori  al di sotto  di 500€ . Per ulteriore trasposizione gli epiteti < arronzone > e ancor più < arronzamerde > indicano persona sciatta e trascurata, arrangiatore di bassa levatura e spesso sono usati dal datore di lavoro per definire il garzone o l'apprendista. In ultimo è da segnalare il termine
< arronzata> adoperato come sinonimo di rimbrotto , rimprovero, "lavata di capo" .
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Asciùgati (.....se ne fà n ' antra )
Trivialissima locuzione che denuncia in tutta la sua crudezza la bassa levatura morale della gente livornese. Essa rappresenta l'invito del partner maschile alla propria donna a detergersi degli umori e delle secrezioni della copulazione precedente onde reiterare l'accoppiamento. Il fatto , oltrechè volgare e disgustoso , appare anche assai risibile data la non freguente disponibilità del maschio alla ripetizione immediata del còito. Nel parlar corrente , l'espressione " asciugati " adesso in disuso, aveva assunto il significato di blanda ammonizione al prepararsi d'un evento o addirittura  di saluto generico. < Oresteeeee........, asciùgati ! > si proclamava ad alta voce allo stadio riconoscendo un amico da lontano. Della locuzione si conosce l'omòloga in lingua inglese : < Wipe yourself, that we'll make once another.........> usata da Shakespeare nel terzo atto di  "Giulietta e Romeo ".
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AVANZO
Il termine , di largo uso toscano e labronico in particolare , laddove la comune eccezione di: resto , residuo, rimanenza, scarto, si amplia in maniera considerevole a cogliere , come solitamente accade dalle nostre parti, aspetti e situazioni sàpide e grottesche.
Già è ben nota e quasi banale la coloritura che si ottiene con l'espressione  "avanzo di galera " attraverso la quale si indica la persona di tal pessima reputazione da essere considerato uno scarto perfino dai galeotti; poteva la verve toscana non spingersi oltre e coniare un icastico " avanzo di casino "  quale significazione di sommo disprezzo  nei confronti di un appartenente al gentil sesso? Poteva la creatività popolare labronica non abbandonarsi alla sublime iperbole con il termine  "avanzo di questura " indicando in questo il fondo dell'abiezione umana e a un tempo riaffermando l'inverterata sfiducia della gente nelle forze dell'ordine? Si apre poi , con il plurale " avanzi " la visione del mondo legato all'economia familiare dei bassi ceti . Il culto degli
"avanzi " infatti costituiva il fondamento della conduzione familiare fino a tutti gli anni cinquanta attraverso il quale si riusciva , in cucina, a far di pranzo cena  e a confezionare con un vestito vecchio una sottana apparentemente nuova. < Stasera ho rimediato dù avanzi......... > diceva la brava massaia livornese  mettendo in tavola un tegame dove nel sugo di pomodoro nuotava un cibrèo di morti  ritagli di braciolina, malmaritati alle patate lesse del giorno prima. < E' novaaa ! > mormoravano i figlioli dandosi di gomito.
 < E' nova ' na sega......... ------  ribatteva con autorità l'inclito pater familias in tutta la sua maestà della sua cannottiera-------- chi 'un ni sta bene  vadi a trattoria ! > Vale la pena di segnalare infine la gradevole locuzione tutta labronica :
< .......... e' saòsa de'......... e son fatto 'on l'avanzi........ >  tipica del giovanotto presuntuoso che , mostrandosi in costume da bagno , attirava  l'attenzione delle ragazze sulle proprie procaci forme e a cui non tardava a giungere l'apprezzamento delle interessate
< Palle, fai caa'!!!!! >.
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1 commento:

  1. Molto interessante, trovo inoltre che il Livornese, usando una dizione italianissima con appena qualche venatura di accentazione gioca tutto il suo "vernacolo" sull' uso di metafore, analogie insomma quelle dotte figure retoriche che io non ricodo più ma che studiai tanti anni fa. Poco importa che definiscano biasimevoli attitudini o prorompenti doti fisiche, le costruzioni sono veri e propri ceselli e me ne ero ben accorto nei post di Dante e dei suoi seguaci come la bravissima Zanza
    Grazie a Bobby

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