giovedì 17 dicembre 2015

fatevi i gatti vostri n.641 "1 racuntino di Dante inscrito e leto da eso me desimo ' Radici - leggende di briachi e di gatti'..."


Circa 11 mesi fa scrissi e lessi su questo blog una storia in du puntate intitolata Histoire d'Itò, era abbastanza completa in quanto narrava l'epopea del micio a partere dal mio incontro con lui . Mancavano tuttavia le radici più profonde che sono state rintracciate attraverso una paziente ricerca basata su testimonianze orali spesso rese confuse dai fiumi di vino che c'erano scorsi sopra nel frattempo. Ne ho cavato un raccontino e l' ho letto, maluccio perché sono un po' afono di questi tempi e Holly mi tiene a stecchetto col vino.
Un abbraccio a tutti   Dante



Il micio venne ar mondo  nella notte più lunga dell'anno, una notte che prencipiava alle tre e mezzo di pomeriggio e alle sette di mattina ancora tiranneggiava sui tenui barbagli di luce di un' alba che stentava a sorgere. 
Se fosse nato di pomeriggio, di sera o di notte, non fu dato di sapello anche se, grazie alla testimonianza dei guasi umani che si trovavan di lìntorno si poté stabilire il lasso di tempo tra il "non c'era" e il "c'era". 
Dunque fin quando Dedo non messe in moto l' ape pe andà al circolino comunista a sfassi di gòtti il micio un c'era. Quando tornò briaco fradicio ci poteva anche esse ma Dedo un vide neppure il letto, si schiantò per terra vestito e russò e bestemmiò nel corso di sogni in cui il mondo di merda si faceva beffe di lui e lui pisciava sul mondo annegando tutti i su occupanti. 
A dire il vero si pisciò nei calzoni e fu forse la sensazione di molliccio a svegliallo verso le tre di notte e a quell'ora.... c'era! e come se c'era! c'era così bene che i miagolii che lanciava  a intervalli minimi pareva fossero una sfida a chiunque avesse avuto l'intenzione di incrociare il suo futuro destino di gatto dominante. Dedo tramortito dal vino, dalla stanchezza dal peso di una vita che aveva preso un verso nel quale lui ormai si ritrovavav a suo agio ma che non gli permetteva mai d'esser padrone di ciò che avrebbe fatto appena posato il bicchire, si tirò su con fatica, bestemmiò ancora, ruttò, si cavò i calzoni pisciosi adoprandoli per dassi un'asciugata alle palle e alle cosce  e poi, ripromettendo a se stesso che prima o poi si sarebbe lavato, si volse verso quell' affaretto che berciava a piò non posso. 
"Se non ti cheti ti do al maiale della Gina" gli fece in tono minaccioso. Poi siccome era discgraziato ma non era cattivo se lo messe nel palmo di una mano e lo portò all'altezza del naso paonazzo. "E così quel budellone dela tu mamma ha pensato di metteti al sicuro caandoti sul mi letto eh??" ni fece  ma mentre l'aspetto e la voce mettevano in scena  la quintessenza del burbero, il vino ni si rimescolava nello stomaco e dava al cuore incartapecorito un goggiolino di tenerezza per quell' affarino che senza sembrare ancora neppure un gatto nella vocetta perentoria ne riassumeva già i tratti salienti. 
"Allora visto che ti voi imponere a codesta maniera  ti chiamerò Benito"sentenziò  Dedo compiacendosi con se stesso per il proprio acume e poi seguitò: "ma occhio che se rompi troppo i coglioni potresti finire a capallingiù" e lo tenne sospeso colle zampe didietro in aria e il capino che guardava terra. 
Poi siccome nella sua disgraziata esitenza Dedo era un briaco piuttosto coerente s'attacco al fiasco e cor una sorsata ne fece fori guasi un quartino, alla salute del nuovo arrivato.
Fosse stato per Dedo, il piccolo Benito sareebbe di certo morto di fame dato che a mangiare il su ospite un ci pensava nemmeno per sè. Ma ci pensò di certo la gatta ad allattarlo e pare che in pochi giorni avesse portato anche un  gattina, probabilmente l'unica altra sopravvissuta della sua cucciolata. La micetta cominciò presto a seguire la mamma nelle uscite mentre Benito pareva non ne volesse sapere di staccarsi dal coltrone pulcioso sul quale passava buona parte della sua giornata
Dopo una ventina di giorni Dedo si stancò di tutto quello gnaulio e di quel gattino che saltava dappertutto facendo cadere bona parte del sudiciume che lui aveva ammucchiato senza alcun metodo ma con parecchia perseveranza. Così di nascosto alla gatta mamma lo  cacciò nel tascone della giubba  e in cambio di mezzo litro lo cedette a una trattoria poco distante dalla zona degli orti dove era la sua baracca, una topaia  ricavata erigendo alla meglio delle pareti fatte con materiale di recupero intorno a una legnaia ormai dismessa.
"Vi leverà dale  palle i topi e anche li scarafaggi e con tutti l'avanzi che avete non vi costerà niente mantenerlo".
Il micio crebbe robusto e forte e fin da piccolo mostrò un carattere che lasciava poco sperare agli altri maschi della zona, delimitava ogni giorno tutto il muro di cinta della trattoria e del giardino all'aperto e man mano che cresceva aggiungeva nuovi territori con una strategia che ricodava quella dell' apogeo coloniale della Roma imperiale.
Tutti in breve conobbero Benito e lui seppe ingraziarsi la maggior parte delle persone che frequentavano la trattoria. C'era il mare a nemmeno cento metri, gli orti anche meno distanti e una pineta secolare che bastava attraversare la strada per raggiungere quel paradiso zeppo di topi, scoiattoli, uccellini. C'erano anche di versi cani e qualcuno sciolto. Qualche ardimentoso provò a rinnovare l'antica tenzone coll'atavico nemico ma non ebbe la gioia di contar glorie anzi spesso ni toccò dire che i graffi sul muso li aveva presi dalla cagna della su' moglie per non passare da bischero con tuttta la canizza de su amici.
Poi una mattina Benito attraversò, soprappensiero,  i 7 metri di strada che lo separavano dalla pineta. Quando sentì la frenata era oramai  tardi e la ruota dela macchina gli era già addosso. Con l' estrema vitalità che hanno tutt' i gatti si rotolò di lato, sentì  lo scricchiloio della zampa, poi  le imprecazioni  del guidatore che dopo essere sceso  gli assetò una pedata scaraventandolo tra i cespugli della pineta infine il rombo del motore che ripartiva e  il dolciasto del sangue che gli stava riempiendo la bocca.

Si strascinò alla meglio nel giardinetto della  casa più prossima alla pineta,la conosceva bene, e lì c'erano nati i gattini frutto d'una dele su prime avventure gattose  passò dalla gattaiola tagliata nel basso della porta e, memore delle abitudini infantili, si lasciò cadere di fianco  su 'n piumone  che era buttato da una parte, per terra, vicino al letto.
Le forze gli mancavano e il sangue arrivava alla bocca sempre più copioso, stese le zampe a angolo retto e girò la testa di lato, pronto pel viaggio finale , l' urtime parole che udì furono dele bestemmie esagerate e la sensazione  dela mano rude d' un uomo che gli tastava la zampa e il petto.

1 commento:

  1. Oh Dante, questo è il più bel regalo di Natale che potessi ricevere. Lo dico senza reorica, con sincerità. Mi mancavano i tuoi racconti. Letti, poi, che meraviglia. Non vedo l'ora di ascoltare e leggere (ma soprattutto ascoltare) il seguito. Grazie,mille volte grazie a tutti voi. Il mio blog tace ma non tacciono gli affetti che da queste parti si sono creati. A presto, dunque, vi abbraccio

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