mercoledì 14 maggio 2014

fatevi i gatti vostri n. 569 "recensione giallo martedì"

Una lettrice ci ha chiesto, via mail, di pubblicare   un commento personale sul giallo del martedì, per decidere se, visto il numero e la mole delle puntate, il tutto  possa essere di suo interesse prima di intraprenderne l'ascolto.
Personalmente ho ascoltato 6 o sette puntate e mi piace molto perché lo seguo come un racconto senza voler giocare alla detective. Zio Dante e Bob sono gli unici ad averlo ascoltato ( e lo zio che lo ha anche letto in cartaceo, ritiene che la versione audio risulti decisamente più accattivante anche perché letto bene).
Altro non saprei dire. La scelta è stata fatta per il protagonista, molto umano e l'ambientazione. Firenze è stata una città importante nella formazione dello zio, che pur essendo rimasto legatissimo alla sua Livorno riconosce alla città gigliata il fatto di averlo svezzato culturalmente, deve avere assai  buoni ricordi di quegli anni perché non gli manca il sorriso sornione quando ne parla.
Di seguito posto una recensione al giallo che potrebbe essere d'un certo interesse.

Un abbraccio a tutti
Dani
qui le nuove puntate:
terza parte 1
terza parte 2
terza parte 3

recensione e premi del giallo
Premio Scerbanenco 2009 e Azzeccagarbugli 2010. 

Ex combattente del battaglione San Marco ed ex partigiano, il commissario Franco Bordelli è un poliziotto vecchio stile. Piace alle donne, ai reietti, ai criminali onesti e anche agli altri scrittori di gialli, a Camilleri in particolare, forse per via dell'ironia sorniona e del suo modo diretto e genuino di affrontare ogni indagine. Dopo il successo dei primi tre episodi dedicati al burbero commissario (Il commissario Bordelli, Una brutta faccenda e Il nuovo venuto), tutti ambientati nella Firenze degli anni Sessanta, Marco Vichi si cimenta in un romanzo che esula dalla semplice trama poliziesca per affrontare una delle pagine più tristi e suggestive della storia italiana. Firenze entra prepotentemente nella narrazione, con i suoi palazzi, le sue strade tortuose che si snodano tra i capolavori dell'arte, le sue botteghe e i vizi dei suoi bottegai. L'alluvione che sommerse la città il 4 novembre 1966 taglia in due il romanzo, spezza la trama sottile dell'indagine, irrompe come l'ondata di piena dell'Arno, per affondare sotto il fango i mali di una società imputridita. 
L'omicidio che deve affrontare questa volta il commissario Bordelli è tra i più efferati. Il cadavere di un ragazzino di appena tredici anni è stato ritrovato nudo nel bosco. Prima di ucciderlo, i suoi aguzzini lo hanno seviziato e violentato. Nessuna traccia, nessun sospetto, la pioggia che da giorni cade fitta sulla città e sulle colline cancella ogni pista, logorando i nervi di un uomo ormai vecchio, troppo malinconico, ossessionato dai ricordi della guerra. Il commissario ha promesso al padre del ragazzo di scovare l'assassino, ma già dopo i primi giorni si accorge che non è una promessa facile da mantenere. Si attacca disperatamente a un pezzo di carta, molto meno di un indizio, e si trascina svogliatamente tra i sentieri di montagna, per liberare un po' la mente, per evitare di fumare le solite venti sigarette, per immaginarsi già nel casolare che lo aspetta dopo la pensione. Morte a Firenze è la storia di una città marcescente, che imputridisce sotto tre metri di acqua torbida che ha invaso le strade dopo l'inondazione, che nasconde e preserva al suo interno le deviazioni dei suoi poteri occulti. Ma è anche la storia di uomini che il giorno dopo il disastro lavorano insieme per salvare l'enorme patrimonio artistico della città, come i libri della Biblioteca Nazionale. 
A non fare arrendere il commissario Bordelli è la sua indole intimamente fiorentina. è la sua curiosità a trascinarlo fuori dalla questura per infilarsi nelle cucine e nelle bettole, nei postriboli e sui viali delle Cascine, dove auto di lusso raccattano giovani ermafroditi e ronde nostalgiche del Ventennio giocano come i lupi con l'agnello. In una di queste notti passate a vagabondare tra le vie di una città unta e maleodorante, incontrerà il colonnello Bruno Arcieri, un personaggio creato da Leonardo Gori e protagonista del suo libro L'angelo del fango. Sarà l'austero colonnello (che a sua volta ha incontrato il commissario Bordelli nel romanzo di Gori) a indicare uno spiraglio nelle indagini e a riaprire una pista che sembrava ormai compromessa. 
Amaro, irriverente, con un finale coinvolgente e tragico, questo nuovo romanzo di Marco Vichi non ha solo tutti gli ingredienti classici dell'Hard Boiled chandleriano, ma ha anche la forza dirompente delle immagini dell'Istituto Luce e la malinconia di chi, ancora immerso nei ricordi nella guerra, ha visto crescere una nuova generazione di giovani "capelloni". Tra gli ideali tramontati della borghesia decadente e il boom consumistico degli anni Sessanta, Marco Vichi non trova né mediazioni né compromessi. La brama di potere è un peccato che ha accomunato negli anni i ricchi cittadini fiorentini ma anche i loro figli, è una poltiglia che invischia ogni cosa e contro cui il commissario Bordelli, forse, non ha più voglia di lottare.



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