sabato 29 marzo 2025

fatevi i gatti vostri 2090 "col Dandolo o col prendendolo Venezia faceva de be danni"

Per il titolo sono ricorsa al consueto aiuto dello zione che al minimo stimolo esibisce lo spirito dei tempi migliori anche se questi, purtroppo non sono i migliori per la sua salute. Se si salva il Papa, spero di salvammi anch'io sennò spero si faccia il viaggio nella medesima corriera così si ragiona un poinino delle tante cose che ha detto e che ho apprezzato e di quarcheduna che nvece un m'è riescito di capilla.

Il libro inveve mi è arrivato dal fratellone che della storia di Venezia è un discreto estimatore. Io sono piuttosto ignorantella in materia ma prometto di aggiornarmi. Questa visione meno celebrativa delle molte che abbiamo in biblioteca dovrebbe avere robuste ragioni per indurmi alla lettura. Intanto è già sul suo palchetto. Ogni tanto, alla sera entro in punta di piedi nella biblio del Gatto, gli chiedo perdono se qualcuno dei tanti titoli in cartaceo che ormai riempiono le stanze, io lo leggo col kindle. E'solo  perché in pochi grammi di plastica posso stivare tanti libri,  ha le batterie che mi reggono mesi ed è comodissimo in viaggio. Però niente riuscirà a scalfire il mio amore per il libro di carta. Spesso, addirittura, se ho letto un libro col kindle, torno a risfogliarlo nella nostra biblio e la lettura mi pare  diversa, quantomeno più romantica.

Il fratello mi ha anche fatto omaggio di una guida sentimentale di Venezia ma non voglio mettere troppa carne al fuoco, per il momento

Buona giornata a tutti

Dani



1204: Costantinopoli, la regina delle città, brilla ancora della gloria dell’Impero romano. Sulle sponde del Bosforo, trecentomila anime fanno di Nuova Roma la più ricca e potente delle metropoli del Mediterraneo, quasi un’arca dell’antichità trasportata nel cuore del Medioevo. Eppure, da decenni il potere dell’Impero romano è in declino: i Turchi minacciano le sue frontiere orientali, le crociate ne hanno scalfito l’autorità, le guerre civili ne hanno scosso le fondamenta. Venezia, il suo lontano avamposto nelle lagune dell’Adriatico, ormai domina i mari in modo indipendente. Quando però Papa Innocenzo III decide di indire l’ennesima crociata per recuperare il Santo Sepolcro, nessuno a Costantinopoli può immaginare cosa è in procinto di accadere. Venezia non porterà l’armata dei barbari crociati a Gerusalemme, ma sotto le imponenti mura teodosiane, che da otto secoli proteggono la capitale dei Romani. Al comando della flotta veneziana ci sarà Enrico Dandolo, formidabile novantenne, cieco e geniale, determinato a fare della sua Serenissima Repubblica una grande potenza. Questa è la storia di come il tradimento, il fato, le bugie e l’ingordigia fecero piovere rovina sulla città imperiale, inaugurando ottocento anni di recriminazioni tra l’Occidente cattolico e l’Oriente ortodosso.

sabato 22 marzo 2025

Fatevi i gatti vostri 2089 Le monache di Venezia: qualcuna scopava (il chiostro) troppe piangevano

Almeno a detta delle molte testimonianze, alcune suore  parevan dedite a scopare senza requie il chiostro e non solo. Così pare succedesse a quelle cantate in versi da Pietro Aretino. Per tutte le monache dell'Aretino Pietro si ricordi quella tale suor Lucia di cui si legge:

Fotteva a potta ritta suor Lucia

un fraticello a tal mestier non uso

e nella fottitura fallò il buso

utrum fu sacrilegio o sodomia?

E sicuramente succedeva a quelle, ben ricordate dal Manzoni, che si davano da fare nel  600. Periodo in cui anche l'arte barocca se ne interessò, con produzioni pittoriche di questo genere:




Non per tutte, tuttavia, dovette andare così. Ne è  presente la testimonianza diretta negli scritti di Suor Arcangela Tarabotti.

 Abbiamo fortunosamente reperito una copia del suo "inferno monacale. I gatti guardiani non hanno opposto veto alcuno all'ingresso del tomo in biblioteca. Così ne diamo qui notizia, facendo seguire la sinossi ed anche un vasto lavoro integrale (non abbiamo toccato virgola) di Mariella Todaro comparso su 

https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/arcangela-tarabotti 

e dedicato appunto a suor Arcangela Tarabotti


Buon Weekend Dani




sinossi del volume

La testimonianza che ci ha lasciato Suor Arcangela Tarabotti (1604-1652) con il suo manoscritto finora inedito dell’Inferno monacale, ci rivela da vicino il mondo e la vita delle ”monacate per forza” Francesca Medioli ci dà la trascrizione del testo situandolo nel quadro della vita e delle opere di Suor Arcangela Tarabotti, e lo propone al lettore di oggi mettendo in luce la rilevanza socio-economica di una costrizione che, nell’Italia del Seicento, coinvolgeva moltissime giovani della nobiltà e dei ceti abbienti cittadini costrette a farsi monache per l’impossibilità di sottrarre al patrimonio familiare le somme esorbitanti in uso per la dote matrimoniale.

Alla luce di quest’opera si può senz’altro affermare che il fenomeno delle monacazioni forzate non è stato pensato solo dai moderni: Arcangela Tarabotti racconta con dettaglio e convinzione polemica quanto le donne monacate per forza avessero coscienza del proprio destino e delle proprie sofferenze, e anche delle cause sociali ed economiche che le costringevano a quell’ineluttabile passo.



A Venezia, nel Seicento, quando la città era una repubblica aristocratica, ortodossa in religione e autonoma politicamente, è vissuta Elena Cassandra Tarabotti, Suor Arcangela, che imparò a scrivere per proprio conto, esprimendo le sue idee e le sue difficoltà, e inventando uno stile adatto a far conoscere la vita quotidiana dentro e fuori il convento, fino a comporre dei libri che sono arrivati fino a noi. Delle sue consorelle del convento di Sant’Anna non abbiamo simili scritti.

Era nata nel 1604, in una famiglia attiva e numerosa, in ascesa sociale, forse di ebrei convertiti.
Era zoppa, come il padre – “Quel difetto col quale forse il mio genitore ha voluto contrassegnarmi come sua figliola” -, e pur essendo la primogenita fu destinata al convento. Il fatto che prese i voti definitivi a 20 anni ci dice che era incerta, forse non chiamata. Tuttavia li pronunciò, quei voti, ritrovandosi in una situazione dolorosa: si sentiva imprigionata – “Seppellire le innocentissime figliole fra l'onde di una stigia palude d'un monasterio” - e si ammalò di asma, noi diremmo psicosomatica, che chiamava "strettura di petto". Ma reagì e trovò nella lettura e nella scrittura uno sfogo e una soddisfazione che le permisero di andare avanti senza venir meno ai voti pronunciati.

Gabriella Zarri ci ricorda come il Concilio di Trento, per ristabilire l'ortodossia, avesse ribadito la clausura più stretta, mentre l'applicazione della direttiva trovava ancora resistenze e tentativi di vanificazione. Suor Arcangela per imparare a scrivere e per farsi leggere certo non poteva stare in stretta clausura; i lettori, le lettrici, li cercava fuori dal convento, utilizzando le relazioni con parenti propri e delle consorelle, mentre insegnava a pagamento alle bambine lettura, ricamo, cucito, disegno e faceva amicizia, in particolare con Regina Donati. Da Giovan Francesco Loredan, nobiluomo e letterato con importanti incarichi nel governo, ebbe libri interessanti e imparò a scrivere con l'aiuto di Gerolamo Brusoni, perché "Scrivere non significa fare la propria firma". Voleva esprimere sentimenti, giudizi, riflessioni, erudizione, progetti. E in modo da poterli pubblicare. Già era riuscita a raccontare come il padre l'avesse convinta con lusinghe, minacce, avvertimenti, preghiere, la temeraria “Crudeltà d'huomeni inhumani che non arrossiscono a servirsi di gridi e di minacce”.

E mentre scriveva questa "tirannia paterna", sfogava il suo dolore in un altro manoscritto dal titolo ancora più scandaloso Inferno monacale, e nella dedica alla Serenissima sottolineava l'importanza sociale del problema: “Voi concedete a qual si sia natione della vostra bella metropoli libertà non circoscritta, ….vi dedico questo mio primo parto come capriccio d'intelletto femminile... è ingratitudine verso la Vergine ingannare e privare di libertà con forza le sue vergini e donne”.

La pubblicazione dei due manoscritti era impossibile, Loredan glielo espresse chiaramente; secondo l'uso del tempo, li fece circolare fra i letterati della sua Accademia degli Incogniti. Lui non era un genio letterario: di nobile famiglia, libero pensatore, quindi poco clericale, faceva parte del governo della Serenissima, era un "Superiore", attento alle necessità dei veneziani, fu Magistrato alle Pompe, e addirittura Inquisitore dei Monasteri. Venezia aveva un proprio inquisitore accanto a quello del Papa, e il registro dei libri proibiti veniva gestito da Magistrati della Repubblica con criteri politici e non di ortodossia religiosa. Loredan era promotore di novità letterarie, in particolare di narrazioni in linguaggio leggibile da un pubblico non specializzato. Amori, avventure, viaggi, ironie, critiche, i romanzi veneziani si vendevano benissimo, ne era consapevole.

Se gli Incogniti potevano apprezzare gli scritti di Arcangela, senza la pubblicazione tutto restava nell’ambiente letterario, con poca soddisfazione dell’autrice, che era consapevole di non avere approfondito la cultura classica, e spesso lo dichiarava, anche nelle lettere. Forse era anche un modo per difendersi, visto che le regole dell’ordine prescrivevano di allontanare una monaca dall’attività troppo prediletta per evitarle la superbia. Ma non per superbia scriveva, ma per necessità e per testimoniare la propria realtà; le era essenziale la pubblicazione.

Su consiglio del patriarca - dedicato a Federico Baldissera Bartolomeo Cornaro, Patriarca di Venezia – accettò di scrivere un volume sulle consorelle con vocazione, le chiamate. Fu pubblicato con una decina di sonetti di autori famosi, perfino uno di Moderata Fonte, e in una veste sontuosa, con dorature. Ancora oggi lo possiamo ammirare nella Biblioteca Marciana. Ebbe molti complimenti – Ammiro lo stile... i concetti sono di gran rilievo, propri, eruditi, vivaci. Non sono stirati dall'arte, né mendicati dalla lucerna, ma pronti, naturali e ben disposti...come un panno tessuto su cui la vagheza dei fondi fa spiccar vieppiù i fiori e la bellezza dei fiori aggiunge lustro ai fondi. Si rinfrancò: era riuscita a farsi sentire, perché se esaltava la buona situazione delle consorelle chiamate, era per paragonarla a quella dolorosa delle forzate, con relative descrizioni.

Si era preparata in Parlatorio un vero e proprio salotto: madri, sorelle, zie, cugine, amiche come Betta Polani (che già matura uscì dal convento per sposarsi) i parenti delle pute a spese, padri, fratelli, scegliendo i maschi illustri, rispettabili per professione, notorietà o ricchezza. Con l'aiuto della Madre Ascoltatrice e con il permesso della Badessa, attenta al prestigio del convento, si riunivano ricche mercantesse, avvocati, letterati, autrici di poesie come Guidascania Orsi, bolognese, nobildonne, virtuose di canto o di strumenti, poeti, musicisti, capitani di mare e perfino stranieri, ambasciatori francesi (come Gremonville, uno che stimava le donne) o frati famosi. Il gruppo delle signore era il fulcro e le malefatte degli uomini l’argomento, tanto che Arcangela scrisse un Purgatorio delle Malmaritate, oggi disperso.
Le portarono una Satira menippea, breve e apparentemente giocosa: con la scusa di criticare la mania del lusso donnesco, in realtà prendeva in giro le donne con la pesantezza di certe nostre barzellette. “È vanità il credere di dissuadere alle donne la vanità del vestire, se prima non le spogliamo dell'ignoranza”. Lei rispose con una “Antisatira”, sottolineando la crudeltà, il cinismo – “le insidie diaboliche tese all'honestà donnesca” -, la violenza nascosta dei riferimenti osceni, e esaltando la bellezza, la bontà, la indispensabile attività femminile:

“Povere donne, quel sesso ch'è tutto benignità e placidezza, con tutta la vostra giustizia e santità femminile siete escluse da' Fori e vilipese …. eppure sanno gli uomini che “la donna a l'uomo è sol vero ristauro, dolce riposo e opportuna aita ….non satire in biasimo, ma esaltazione è dovuta al lusso donnesco, tanto conveniente e necessario quanto son convenienti alle cose sacre, e necessarie le donne e la loro bellezza alla conservazione del mondo.”

Il volumetto non aveva precedenti; anche le poche scrittrici famose del tempo avevano difeso le donne, con assennate riflessioni sulla realtà quotidiana; la monaca non segue modelli letterari, parte dalla vita comune per arrivare a considerazioni generali, il linguaggio è immediato, coinvolgente, molto lontano dai canoni prescritti, dai gusti letterari del tempo. E il contenuto sferza le vanità maschili, le convenzioni, ribalta il sarcasmo in ironia:

“Dopo aver stancato una mezza dozzina di pettini con la zazzera, eccoli con una capigliatura non riccia ma arricciata, ogni crine della quale sta ordinato come meglio nol disporrebbe il pennello di Apelle.”

Il libretto fu firmato DAT (Donna Arcangela Tarabotti: sia lei che Regina sono ormai Madri, nel convento, ma lei preferisce farsi appellare Suora o Signora) , si giustificò dicendo che le dame l’avevano spinta e poi avevano pubblicato a sua insaputa. Un successo: le signore sapevano leggere... Alcuni letterati si inferocirono, in particolare un frate giramondo, forse un provocatore mandato a mettere ordine fra i troppo esuberanti autori veneziani. Questi organizzò una vera e propria persecuzione, probabilmente servendosi di quelle “scrittorie” che copiavano a mano e rapidamente “zucchette, consegi, brogetti”. Incitò altri a denigrarla e scrisse una risposta astiosa, noiosissima ma pericolosa, perché rivelava il nome dell’autrice. Arrivarono ad affermare che il Paradiso non l’aveva scritto lei, dopo che si erano espressi in lodi e riconoscimenti poco tempo prima, citavano la differenza di stile, lei rispose ironizzando sulla loro ignoranza: con argomenti diversi occorrono stili diversi, se si è capaci.

Ma i tempi cambiano, Venezia doveva affrontare "la Grande Minaccia dell'Ottomano" ed era cambiato anche il Papa. Nasce una alleanza difensiva, con i suoi prezzi, "la letteratura deve cedere alle armi". Suor Regina muore, Suor Arcangela ancora una volta cerca sollievo dal dolore nella scrittura. Lagrime di Arcangela Tarabotti per la morte dell'Illustrissima Signora Regina Donà racconta le virtù di carattere, la capacità di adattamento, la dignitosa modestia –“Non ebbe mai bisogno di mendicar splendori da gli Antenati suoi” -, l'intelligenza, l'autentica bontà: “Non mai quella benedetta bocca mandò un accento in pregiudizio a veruno”.

I visitatori in Parlatorio diminuiscono, ma l'ambasciatore francese Gremonville e la moglie, sinceri amici, conducono a trovarla Gabriel Naudè, bibliotecario del Cardinale Mazarino che viaggia in Italia per raccogliere le migliori espressioni di ogni tipo di arte. Oltre a chiederle consiglio sulle novità, il francese chiede le sue opere da inserire nella collezione del Cardinale, un riconoscimento importante. E per bilanciare la spregiudicatezza, ecco opere devozionali come Contemplazione dell'anima errante, Via lastricata per andare in cielo, Luce monacale (solo menzionate, oggi smarrite). Per rafforzare la propria reputazione letteraria pubblica nel 1650 Le lettere familiari e di complimento, opera interessante per capire gli intrecci e le aspirazioni che stanno alla base della vita e dell'attività della monaca. Lo scambio di lettere era a quel tempo una usanza necessaria, viste le distanze sia geografiche che culturali, un piacere, un utile passatempo, una verifica delle proprie convinzioni. Molte corrispondenze venivano pubblicate, in volumi e volumi di cui sono strapieni i nostri Fondi Antichi.

La raccolta di Tarabotti si inserisce in questa dinamica e ancora una volta a favore delle donne, insegnamento, sprone, falsariga su cui fare affidamento. E in molteplici situazioni: richieste e ringraziamenti ai "Superiori" (atti a mostrare le proprie alte relazioni e il proprio status), notizie quotidiane ai parenti e alle amiche, complimenti per nozze, nascite o successi professionali, pareri matrimoniali, accordi per affidamento di lavori, sfoghi di amicizia o di inimicizia, racconti di eventi, istruzioni riguardo ai suoi scritti. Una varietà di stili, di argomenti e di personaggi: Tarabotti mostra consapevolezza e volontà di far parte di una società anche stando in convento.

Nonostante i peggioramenti in salute, sta preparando un'altra puntata a favore delle donne in risposta a un nuovo trattato misogino dove ci si chiede se le donne hanno un'anima, adducendo argomenti filosofici e religiosi. Questa volta non si tratta di barzellette, ma di noiosissime citazioni e dispute dottrinali e la monaca risponde adottando lo stesso stile, Inganno versus Disinganno (un duello verbale) e piega la dottrina a precisazioni e interpretazioni per asserire l'esatto contrario, con un linguaggio quotidiano vivace ed efficiente. Le controcitazioni, numerose e continue, appesantiscono la lettura, ma la consueta vena ironica conforta il lettore. Le polemiche favorirono il successo, anche firmandosi Galerana Barcitotti (come d'uso, adottò talvolta uno pseudonimo, mai però al maschile).

Ma la malattia non perdona e nel 1652 Elena Cassandra Tarabotti cessa di vivere. Comparirà postumo il suo manoscritto Tirannia Paterna con il titolo cambiato in Semplicità ingannata e finirà all'Indice dei libri proibiti.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Arcangela Tarabotti

Testi di Suor Arcangela Tarabotti
Tirannia Paterna – manoscritto disperso
Inferno Monacale – manoscritto del Settecento pubblicato in Francesca Medioli, L'Inferno Monacale di Arcangela Tarabotti, Torino, Rosemberg & Sellier, 1990
Paradiso monacale libri treCon un soliloquio a Dio di Donna Arcangela Tarabotti Antisatira- D.A.T.
Che le donne siano della spetie degli uomini. Difesa delle donne di Galerana Barcitotti, contra Horatio Plata....
Lettere familiari e di complimento della Signora Arcangela Tarabotti....
Sermplicità ingannata di Galerana Baratotti (postumo)
Bibliografia
Emilio Zanette, Suor Arcangela monaca del Seicento Veneziano, Roma-Venezia, Istituto per la collaborazione culturale,1960.
Ginevra Conti Odorisio, Donna e Società nel Seicento, Roma, Bulzoni, 1979
Francesca Medioli, L'”Inferno monacale” di Arcangela Tarabotti, Torino, Rosemberg&Sellier, 1990
Gabriella Zarri, Monasteri femminili e città (secoli XV-XVIII) in Storia d'Italia. Annali 9, Torino, Einaudi, 1986
Emilia Biga, Una polemica antifemminista del '600,Ventimiglia, Civica Biblioteca Ambrosiana, 1989
Elissa Weaver, e Satira Antisatira, Roma, Salerno 1998


domenica 16 marzo 2025

Fatevi i gatti vostri n.2088 "Serpens Infamis Sic Movet Inopinato"


Il titolo lo ha scritto lo zio Dant. Da due giorni però non è molto in sé. Ha la febbre e la solita bronchite primaverile che lo accompagna dai primi anni di vita di questo blog. Io ho espresso i miei dubbi sulla locuzione latina di cui sopra. Mi pareva con fondate ragioni .Contraddire una colonna del tempio di Nado è tuttavia azione forierà di grandi calamità. Se da qualche parte nell'orbe terracqueo ci leggesse ancora il prof. Martinelli, si faccia vivo. Non solo per godere dell'arguzia e della fondatezza dei suoi commenti ma soprattutto per l'immenso piacere che produrrebbe in noi l'avere sue notizie. Quando mi sono permessa di rilevare che almeno stilisticamente sarebbe stato assai meglio "inopinato movet" mi ha risposto come suo solito, bestemmiando: "Così*** ****** mi sbudelli tutto l'acronimo de servizi segreti". Di fronte a tale argomento, come si suol dire, " ubi maior minor cessat"  che Balena, che riposi in pace nei suoi prati eterni, traduceva "quando il gatto grosso s'incazza prende quello più piccolo e lo infila nel cesso"

Ovviamente il libro è già nella biblioteca di Esserino debitamente poggiato sullo scaffale nel palco italia, alla voce "giornalismo".

Buona domenica
Dani

i


Una lettura appassionante, che nasce dall’esigenza di fare luce sulle operazioni oscure e spesso controverse che hanno caratterizzato l’attività dei servizi segreti italiani nel corso della loro storia. Attraverso una dettagliata analisi di eventi storici, scandali e misteri, questo testo, dunque, si propone di offrire una visione completa e critica del ruolo che i servizi segreti hanno giocato nella politica e nella società italiana. L’obiettivo è quello di informare il lettore, stimolare una riflessione attuale, critica e contribuire a un dibattito più trasparente e informato possibile. Altresì, questo libro si propone di effettuare una indagine ex novo, ricostruendo come un puzzle i tantissimi casi misteriosi della recente storia italiana, come omicidi e stragi di Stato, mafie, bande criminali, estremisti, terroristi, servizi segreti stranieri, infiltrati, collusi, poteri occulti, casi, storie, fatti vari ed eventuali. Riaprendo i libri di storia, le inchieste e ogni possibile prezioso contributo, ricostruiremo in modo più lucido e obiettivo possibile, ciò che è successo, navigando nella melma di tanti eccellenti casi irrisolti, relativi a vicende a dir poco traumatiche e scabrose. Ogni volta che si apre una scatola nera, i suoi contenuti possono apparirci in modi diversi ed il ruolo dello storico è quello di ricomporre le tessere in modo sempre più preciso possibile. Questo libro, ancora, non si propone di essere una mera cronaca di eventi, ma un’analisi critica che tenga conto delle implicazioni politiche, sociali e morali delle operazioni dei servizi segreti italiani. Attraverso la lente della storia, cercheremo di capire non solo cosa è successo, ma anche perché è successo e che impatto ha avuto sul presente e sul futuro del nostro paese. Perché intitolare il libro proprio ai Servizi Segreti? Perché crediamo, lungi da ogni forma di complottismo, che essi abbiamo recitato nella storia d’Italia un ruolo primario, fungendo da Stato Ombra e braccio occulto non solo della politica. Come degli anticorpi che entrano in funzione per garantire la salute di un organismo, così i servizi segreti sono stati la mano longa del potere ma non il potere stesso. Piuttosto un super potere capace di accedere invisibilmente ovunque, per vedere e ascoltare fatti e cose come nessuno, segnando anche in modo traumatico e deviante la nostra storia. Ma questo non è solo un libro sui servizi segreti. È anche un libro sulle Brigate Rosse, sul caso Moro, sul delitto Pecorelli, sulle Stragi di Piazza Fontana, della Stazione di Bologna, sulla P2 di Licio Gelli, sui poteri occulti del Vaticano , ecc. Per ricostruire dalle macerie e riflettere.

sabato 8 marzo 2025

fatevi i gatti vostri 2087 "Il professore non se li fa proprio"


No, non se li fa proprio ed anzi traduce e presenta un lato assai giocoso della letteratura medievale. Visto che è l'8 Marzo festa di noi donne le Trombanti e Samatta mi hanno fatto questo dono aggiungendo maliziosamente "senza allusioni". In versione audio. Appena depositato in biblioteca di Esserino. Scusate la brevità dovuta alle ben note ragioni di barre. Auguri a tutte le donne lettrici di questo blogghe.

Bon weekend

Zanza 




Da Alessandro Barbero, il professore più amato d’Italia, una raccolta di “racconti” da leggere con il sorriso sulle labbra, che ci mostra un Medioevo diverso da come lo abbiamo sempre immaginato.


Il Medioevo francese ci ha lasciato circa centocinquanta fabliaux, brevi poemetti di contenuto erotico. Una materia che nelle mani di Alessandro Barbero, provvisto della giusta ironia e arguzia, si è trasformata in un volume modernissimo, ricco di trovate sorprendenti e valenza letteraria.


Una scoperta per tutti coloro che non conoscono il lato giocoso e godereccio del Medioevo! 

sabato 1 marzo 2025

Fatevi i gatti vostri 2086 : "doppia cifra al perfettino"

 E dire che lo facevo uno di quei "perfettini"  che non sbagliano una virgola . Di quelli nzomma che quando parlano pare  abbiano davanti la cattedra anche se son seduti in mezzo a un campo. Intendiamoci ho sempre apprezzato  i su punti di vista e le relative argomentazioni a sostegno, sia in campo politico che sociale. 

Nello scrivere non è davvero  malaccio. Inutile cercare tra le su righe l'asciuttezza ironica di un Montanelli, l'aplombe di un Biagi o il trasudo di erudizione di un Eco. Talvolta gli sorte fori dala camicia anche il tatuaggio lasciato dalla carriera in magistratura. 

Ma un bell'otto pieno per me lo merita davvero  e in alcuni suoi lavori anche l'otto e mezzo. 

Stavolta però il bon Giarrico mi costringe alla doppia cifra. Sono pel 10! Da assegnare a questo elogio dell' errore e dell' ignoranza. 

Non ce l'avrei visto a fare l'apologeta dell'imperfezione ma in fondo lo capisco.

Io presempio ho il nasone, na quinta di poppe  che mi ciondola sulo stomaco, il culo largo e le caviglie grosse. Ma finché so io a scrivelo va bene. E affermo d' essere da sempre una decente apologeta di tutte le imperfette come me. Se però qualcuno entra al barre e mi dice "hai messo su qualche chiletto Zanza? Ecco allora mi ci piglia una rabbia....



Metto in biblio la versione audio e quella cartacea. In omaggio a chi di errori ne fa tanti, anche troppi. Un vi confondete, però, une sto parlando dell'intimi dela Georgia. Co loro bisogna fa r segno sul calendario quando fanno qualcosa di normale.

Bon week end

Zanza



Biasimare gli errori e stigmatizzare l’ignoranza sono considerate pratiche virtuose. Necessarie. Ma le cose, forse, non stanno proprio così. Prendendo spunto da aneddoti, dalla scienza, dallo sport, da pensatori come Machiavelli, Montaigne e Sandel, ma anche da Mike Tyson, Bruce Lee e Roger Federer, Gianrico Carofiglio ci racconta la gioia dell’ignoranza consapevole e le fenomenali opportunità che nascono dal riconoscere i nostri errori. Imparando, quando è possibile, a trarne profitto. Una riflessione inattesa su due parole che non godono di buona fama. Un’allegra celebrazione della nostra umanità. Fin da bambini ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è “fallire”. Per l’ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora più netti: l’ignoranza relega alla marginalità. E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all’espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell’offesa. In realtà, l’errore è una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita, e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Così come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell’arte, della natura

sabato 22 febbraio 2025

fatevi i gatti vostri n. 2085 "Boiadé e siamo 'n un labirinto di nulla!"

Prencipiamo dal labirinto più famoso, quello di Creta.

La storia, come la so io, sòna più o meno così.

Poseidone aveva regalato a Minosse, re di Creta,  un toro bianco e bellissimo che Minosse avrebbe dovuto sacrificare. Considerata la bellezza dell'animale, però, Minosse un volse sacrificà il toro e  prencipiò a usallo come bestia da monta pe le molte vacche di Creta. Poseidone, quando seppe che Minosse non aveva sacrificato l'animale, decise di punillo e fece in modo che il toro montasse la più vacca di Creta: ossia la moglie di Minosse, Pasifae. Lì per lì a Pasifae  il toro un gli faceva né cardo né freddo e puzzava di bestia che appestava. Ma quando questi gli sdindellò davanti un uccellone bianco degno d'un supertoro lei disse a se stessa: "O quando lo ritrovo un popò d'affare in cotesta maniera". Così  gliela dette senza troppi ndugi. Gonfiò subito però, che pareva lievidata e partorì na specie di mostro cor capo da toro e l corpo da omo. 

Minosse chiamò Dedalo e gli commissionò un labirinto dal quale un si sortisse e ci rinchiuse r Minotauro. A sentì le cronache dell'epoca luilì un aveva la possanza del su babbo toro ma dai diari dela su sorellastra Arianna s'evince che sto mezzo omo e mezzo toro un era proprio da buttà via e anche lei, che aveva r sangue rimbudellito di su mà pare c'abbia fatto le su prime esperienze erotiche.




Teseo era figliolo del re Egeo e, visto un quadro che ritraeva Arianna gnuda, se n'era subito innamorato. A onor del vero Teseo era un ber giovanotto e ad Arianna gli vienze l'acquolina in bocca al solo guardallo. Così lo portò subito a letto pe provallo. Teseo gli piaceva e parecchio ma abituata com'era ar mezzo toro e gli pareva d'avé un dito mignolo fra le zampe. D'animo gentile com'era però un fece osservazioni antepatiche e resto a letto co lui. Solo mise na condizione al matrimonio che Teseo, precipitoso gli richiedeva. Ni disse" Ti sposo se liberi ir mi fratellastro Minotauro e si tiene nzieme a noi. Tanto luilì un rompe le palle, basta dagni da mangià dela ciccia umana". E aggiunse: "Dal labirinto un si sorte perché l'ha fatto quel rompicoglioni di Dedalo ma io ti darò un filo da svoltolare man mano che progredisci, così ritroverai la strada del ritorno e sortirai nzieme a lui. Penzava dentro di sé di avè risorto i su probremi esitenziali, un ber marito principe e futuro re e querche trombatella di straforo cor mezzo toro. Poi si messe a dormì non tanto perché Teseo l'avesse sfiancata ma perché gli pareva d'ave avuto na bella penzata. Sfortuna volle che Teseo vide sur comodino d'Arianna r su diario segreto e lesse anche di quarche prodezza amatoria avvenuta tra la bella e la mezzabestia. Col cuore che gli bolliva di rabbia e di delusione, penzando che Arianna era un bel tegame, budello e quant'altro, la mattina dopo entrò nel labirinto senza digni le su ntenzioni trovo r Minotauro e l'ammazzò.



Quando sortì, ad Arianna disse che l Minotauro gli s'era fogato contro e lo stava pe incornà e lui aveva dovuto difendesi. Arianna penzò che tanto qualche toro a giro l'avrebbe trovato e accettò lo stesso di parti in nave collui ala volta di Atene. Ma in mezzo ar mare Teseo prencipiò la su vendetta e abbandonò Arianna sull'isola deserta di Nasso dicendole: "E ora arrangiati cole mani budello perché qui un c'è un cazzo di nessuno". Arianna piangeva disperata 



ma na bella topa un resta mai sola e Dioniso che la vide propio così, come se la immaginò il nostro Guido Reni (in questo dipinto), disse "è un po' maiala ma unnè mica da buttà via" e la porto con sé.

Poseidone, infuriato con Teseo per aver abbandonato la ragazza, fece scoppiare una tempesta che squarciò le vele bianche della nave di Teseo, costringendo quindi il ragazzo a issare le vele nere. 

Il re Egeo, prima che Teseo partisse, aveva chiesto al figlio di issare le vele nere solo in caso di sconfitta.

Egeo, vedendo avvicinarsi una nave con le vele nere, decide quindi di togliersi la vita, gettandosi nel mare che ha poi preso il suo nome: il Mar Egeo. Anche Teseo un fenì mica tanto bene: venne ucciso dal re di Sciro, Licomede, che lo gettò con un tranello da una scogliera della sua isola, accordatosi con Menesteo che aveva usurpato il trono di Atene durante l'assenza dell'eroe.


E ora che v'ho ntrattenuti cola mitologia come s'usava al Bar Nado (questa l'ho ascoltata che ro ragazzotta dal viva voce di Don Luigi) ecco la presentazione d'un bel libro sui labirinti che ho comprato pela biblioteca d'Esserino. Anderò a vedenne alcuni sperando ovviamente di trovacci dentro un bell'eroe che se anche un fosse proprio ncrociato col toro mi basterebbe che lo ricordasse un poinino.

Bona domenica

Zanza


Un viaggio alla scoperta di luoghi misteriosi e ricchi di simboli nascosti


Quello del labirinto è uno dei simboli più antichi della storia dell’umanità. Negli ultimi decenni c’è stata una vera e propria riscoperta di questi luoghi affascinanti, nati nel corso dei secoli con fini diversi, spesso intrecciati gli uni agli altri: artistici, terapeutici, archeologici, spirituali, ludici. Questo libro guida il lettore alla scoperta di oltre cento labirinti delle più varie tipologie e dalle differenti tecniche di realizzazione, sparsi per l’Italia e raggruppati per regione. Un modo inedito per conoscere non solo le vicende e i significati simbolici e allegorici che si celano dietro la realizzazione di ogni sito, ma per indagare anche la storia dei luoghi che li ospitano e dei personaggi storici noti e meno noti che li hanno attraversati. Seguendo i percorsi dei labirinti – a volte semplici e lineari, altre arzigogolati, complessi, intricati – è possibile scoprire un mondo sconosciuto, misterioso e pieno d’incanto.

domenica 16 febbraio 2025

fatevi i gatti vostri 2084 "Se son nere sanguinano"

Anche per questa settimana restiamo in tema di rose regalando alla biblioteca di Esserino & Balena un nuovo giallo che ho appena finito di leggere. Giuttari me lo consigliò lo zio tanti anni fa dicendomi semplicemente: "Lui in mezzo ai delitti c'è stato di persona, sa di cosa parla". Laconico ed esaustivo allo stesso tempo. Così ricercai qualcosa per mio conto e scoprii che Michele Giuttari aveva iniziato a indagare sul caso del Mostro di Firenze nell'ottobre del 1995, quando venne nominato capo della squadra mobile di Firenze. All'epoca dei delitti, avvenuti tra il 1974 e il 1985, si trovava lontano dalla Toscana, in Calabria, impegnato nella lotta contro i sequestri di persona. Poi le indagini sugli attentati del '93 in via dei Georgofili a Firenze, Roma e Milano, riferibili a una strategia del terrore di Cosa Nostra. Il procuratore Piero Luigi Vigna riconosce in lui l'investigatore giusto per affrontare il processo d'appello contro Pietro Pacciani, condannato all'ergastolo nel 1994, quale responsabile degli orribili duplici delitti compiuti sulle colline toscane. Giuttari sa poco o niente della vicenda del Mostro, quindi si immerge subito in questo delicato lavoro di archeologia investigativa. Da allora, sino al 2007, dedicherà ogni suo sforzo per raggiungere la verità. Ma è proprio alla vigilia della verità che viene fermato. Dopo il pensionamento, Giuttari (1950) si è dedicato all'attività di scrittore ed ha iniziato una lunga serie di interventi televisivi di commento degli episodi criminosi di attualità. A proposito dei suoi romanzi afferma: «Non ho dovuto cercare lontano. Parlo sostanzialmente di me stesso». 

A seguire copertina e sinossi del libro.

Buona Domenica a Tutti Voi

Bobby





Una bellissima giovane dell’alta borghesia fiorentina soffocata nel suo appartamento, deposta nuda sul letto con una rosa nera tra le gambe; una donna uccisa e lasciata bruciare in una chiesetta sconsacrata, forse durante un rito satanico; un extracomunitario marocchino freddato a colpi di pistola sul Ponte Vecchio. È appena iniziata l’estate del 2004 e Firenze assiste scioccata a un’assurda escalation di violenza che sembra non avere un filo conduttore. Gli investigatori intanto si interrogano: bisogna dare la caccia a un serial killer che porta avanti un suo piano o a un sicario che agisce su commissione? E se invece si trattasse di un maniaco desideroso di rievocare l’orrore del Mostro? Il commissario Michele Ferrara, appena rientrato dopo il suo trasferimento a Roma, conosce bene il volto oscuro di Firenze, ma la verità non può emergere se qualcuno, dietro le quinte, si adopera per allontanarla. Forse un burattinaio influente pronto a tutto pur di rimanere nascosto. Deciso a stanare il colpevole, Ferrara sarà costretto ad affrontare l’indagine più insidiosa della sua carriera. Accettando la sfida dovrà però fare i conti con i fantasmi del passato e finirà per mettere in gioco addirittura la sua vita. Michele Giuttari, maestro del thriller italiano, costruisce in questo suo nuovo romanzo una detection serrata, nella quale niente è come sembra, e ogni certezza può crollare nel giro di poche ore. E ci suggerisce che la verità, a volte, è più sconvolgente degli incubi.