domenica 26 maggio 2019

fatevi i gatti vostri 1287 " Il Gatto Mammone con foto, un racconto di Dante e il Tenente"


 Intanto questo è il vero Gatto Mammone che sorveglia le piccole e le fa dormire al caldo del suo pelliccione.
Il post odierno lo abbiamo scritto a sei mani. Io col ricordo, Zanza traducendo alla tastiera il mio improbabile livornese, Bobby con le addende e il film domenicale
Dani


 
Sebbene all' arrivo dello zio Dante a Venezia Bobby fosse già grandicello e nemmeno io fossi proprio più una bambina, molti dei suoi racconti, che per ambientazione e contenuto morale erano certo nati per un auditorio più giovane, non mancavano di affascinarci. Tra le varie quella che destava il nostro maggior interesse era la storia del Gatto Mammone che zio Dante si premurava di arricchire con date luoghi e riferimenti che rendevano il tutto ancor più verosimile.


 



Di solito cominciava così:

Miga lo so io quanto c'entri la psichiatria con tutto questo fatto sta che all' università di Pisa proprio nel dipartimento di psichiatria già dall' anni venti si studiava ir fenomeno der Gatto Mammone e un pezzo dela mi storia s'articolò proprio lì.
Ora mi dirrete voi o un si dovrebbe studià a zoologia una roba di cotesto genere? Eh nooo cari belli riprendeva lui, dandosi la risposta prima che noi opotessimo interloquire, perchè la leggenda vole che ir Gatto Mammone sia un Gattone che ingolla anche ciccia umana ma in realtà si prencipia tutto da na storia che ricorda ir dottor gecchille e mister aide che di certo voialtri conoscerete.
Così mentre noi cominciavamo a smarrirci nei suoi tanti rimandi letterari lui proseguiva.
Esistano e soprattutto esistano nele citta di mare come Livorno e anche Venezia (ecco perché ho accettato di stacci quassue) de fenomeni che rasentano ir magico o ir soprannaturale. Don Luigi sostiene che dipenda dar fatto che nele citta di porto si mescolano leggende di culture variegate e così i falegnami e calafati che a Livorno spesso scendano dall' Abetone e a Venezia dal Friuli portano le leggende dei boschi e dei grandi silenzi montani. I siciliani che amano ir sangue e ir cortello portan racconti che grondano sangue peggio der maiale a Natale. I napoletani poi che quando c'è un porto lo riempiano ala sverta come mosche sula merda hanno tutto un repertorio di leggende d'amore morte e magia e poi un ci dimentichiamo tedeschi, olandesi, affricani, arabi! Insomma invece delle mille e na notte, in un porto si sentan dì le diecimila di giorno.
Allorché Dani impaziente lo sollecitava a riprendere il filo conduttore della storia lui portava alle labbra il bicchiere di rosso, succhiava faceva schioccare la lingua sul palato con un suono di frusta che io non ho mai imparato a riprodure e riprendeva:

"alloooooraaaa alloraaaa c'era a Livorno na donna, nel rione der Pontino, che è vicino a quello dela Venezia indove siamo nati e cresciuti Dino e io, c'era dicevo na donna che faceva i piatti e cavava ir maldocchio e si chiamava Giulia ma tutti noi si chiamava la strega. Dato che il marito un l'aveva mai avuto e un lavorava, si sostentava leggendo il destino dela gente nei piatti in cui versava acqua e olio per interpretare poi il tutto sulla base della disposizione delle varie bolle che si formavano. Pel mald'occhio adoprava un grossa moneta d'argento colla quale quale ti faceva tante croci sulle parti che ti dolevano o se eri ciuco a scola te le faceva sul capo e sula mano perché tu capissi di più e scrivessi meglio. Dunque  sta Giulia aveva, tra i molti suoi altri, un figliolo che era un gatto mammone e qui averete bell e capito che quando c'è quarcosa di marvagio il gatto da solo un pole esse. Dunque sto giovanotto di giorno lavoricchiava al porto ma concludendo poco perché aveva addosso de rimasugli d'un rachitismo infantile che lo rendevano zoppo e un po' gobbo e quindi inadatto alle fatiche degli scaricatori. Si limitava a spazzare e andà a comprà il tabacco e le cartine all' operai e quarche vorta na birra quando questi erano in aria di festa. Come sempre c'era chi lo compativa come r mi babbo che ni lasciava sempre il resto dele compere che faceva per lui e chi lo pigliava per culo con quel sadismo tipico che le merde esercitano sui deboli e sugli infelici (infelice a livorno non si dice delle persone tristi ma di quelle che hanno quarche endicappe fisico). A detta der mi babbo quando ni rompevano le palle Primo che si chiamava così perché Giulia aveva forse in mente di fanne altri quando nacque e in effetti l'aveva fatti ma con dell' altri babbi differenti da quello di Primo che un s'era mai saputo chi fosse e da dove venisse tant'è che molti avanzavano l' ipotesi che  da brava fattucchiera avesse trombato cor un diavolo e ni fosse sortito quell' affare lì dar buzzo.  E qui D'ante si era perso un' altra volta e pertanto  ricuciva la trama del racconto con un altra bevuta e un sonoro "Donque sto Primo dela Giulia der Pontino quando ni davan noi li guardava con dell' occhi che un avevano dell' umano ma un replicava mai s'ingobbiva di più e iniziava na litania incomprensibile tipo quella che il frate eretico Salvatore dice ner nome dela Rosa d'Umberto Eco.
Stai attento dicevano i più vecchi al bullo che di volta in volta aveva deriso Primo perché luilì è un gatto mammone e se ti ripiglia di notte so cazzi tua.  E li finiva la storia perché a Livorno tutti conoscevano la potenza dei Gatti mammoni cosicché a luilì smettevano di rompeni coglioni.
Nessuno infatti ignorava  quei passi della ninna nanna che dice  
 Ninna nanna ninna ò 
vesto bimbo a chi lo do?
 lo darò ala befana che lo tenga na settimana 
lo darò ar gatto Mammone 
che lo mangia n' un boccone.
In realtà Primo né spaventò né mangiò mai bimbi o adulti rompipalle, solo nele notti di lunapiena forse anche per dassi importanza, si metteva ar davanzale dela finestra e gnaulava come un gatto in amore. Ala fine i membri d' un equippe dell' università di Pisa venuti a sapere delo strano fenomeno offersero a Giulia di studiallo, ovviamente in cambio di un po' di soldi pel disturbo. Pare che Giulia abbia detto che per lei, se volevano, lo potevano anche tené per sempre perché a casa un faceva na sega e cola su nomea di Gatto mammone ni spaventavale clienti che andavano a fassi legge ir destino. Primo fu studiato a lungo ma i cervelloni arrivarono solo a dire che non era affetto da schizofrenia, il che avrebbe giustificato lo sdoppiamento di personalità come in mister gecchille, bensì soffriva di turbe psichiche e del comportamento dovute probabilmente al manifesto senso di inferiorità che gli produceva quel corpo accartocciato. La cosa era piuttosto evanescente, si penzi che anche  Dino pe un fa ir militare si fece appioppà l'articolo che lo bollava come affetto da turbe psichiche e personalità abnorme. Ala fine dele ricerche comunque forse pe fa contenta la su mamma o pe riavello disponibile se ni fosse venuta varche idea nova, lo messero  ar manicomio di Volterra dove stiede fino al 1978 quando, co la legge Basaglia, i malati non gravissimi furono rimandati a casa. Primo era nato nel 38 e dopo aver passato 15 anni in manicomio tornò a gironzolare per Livorno raccattando i cartoni dormendo all' albergo popolare e bevendo tutto quello che ni veniva offerto. Quand'era briaco girava col triciclo su cui portava i cartoni  urlando all' indirizzo della mamma: Accidenti a te tegame sfondato, budello malidetto che m'hai fatto chiude all' inferno da vivo'. Del Gatto Mammone non si parlò più ma i racconti che faceva in merito ai padiglioni del terribile manicomio facevano accapponare la pelle assai più di quanto facesse a suo  tempo la favola del gatto.

Zanza che ha trascritto per me tutta la parte in dialetto mi ha informato che
Primo è morto l'anno scorso a 80 anni, che per uno vissuto per lo più allo sbando non son pochi e  zio Dante ha  detto:" un giorno scriverò la storia d'un angelo peloso col viso tondo e i baffoni  che miagola quando l' Onnipotente ni comanda quarcosa che un gli fa a genio.

Mi permetto adesso  una parentesi chiarificatrice ad uso dei lettori perché lo zio era capacissimo di andare avanti due ore senza poi spiegarti il vero senso della sua favola. Chiamato anche Re Dei Gatti, il Gatto Mammone è una creatura magica della tradizione popolare conosciuta in molte regioni italiane, il cui aspetto assomiglia a un enorme gatto dai connotati terrificanti. Un grande felino che spaventa le mandrie al pascolo, predatore malefico di bambini, il cui nome si riferisce chiaramente a“Mammona”, un demone originario delle civiltà mesopotamiche. Viene generalmente descritto come un gatto completamente nero, ma a volte è caratterizzato dalla presenza di una “emme” bianca sul muso.
Anche se viene inteso come una creatura malvagia, in alcuni racconti il Gatto Mammone viene invece descritto come uno spirito positivo, una sorta di famiglio protettore capace di resistere ai malefici e alle stregonerie: fin dall’antichità, infatti, il gatto è stato di sovente accomunato a credenze esoteriche, come se fosse capace di collegare il mondo dei vivi a quello dei morti, fedele compagno di maghi e fattucchiere.
Il Gatto Mammone non è comunque un semplice gatto, ma presenta elementi magici molto marcati. È una creatura potente, presente nella tradizione fiabesca italiana, in cui viene evocato come monito per spaventare i bambini e per non farli allontanare dai luoghi considerati sicuri. Lo spauracchio è sempre il solito: se non ci si comporta bene saremo puniti da questa creatura. Compare spesso anche nella letteratura italiana (Il Milione di Marco Polo) e in quella tedesca (il Faust di Goethe), addirittura nelle leggende arturiane, come accompagnatore dei cavalieri della tavola rotonda.
 Oggi il post è stato vasto terminiamo  dunque con Colombo 
augurando a tutti Voi una Buona Domenica 
Dani Zanza e Bobby

4 commenti:

  1. A R E A __ C O M U N I C A Z I O N E__ R E D A T T O R I __B L O G
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    Le risposte a questo primo commento sono riservate allo staff. I nostri lettori possono commentare seguendo le consuete modalità.
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    Danie Zanza da Venezia e Bobby da Londra on line fino all' ora di pranzo

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  2. Comincerò a profondermi nei complimenti con un certo ordine. Mi inchino di fronte alla saggezza, all' equilibrio e al profondo senso di solidarietà dimostrato da Balena, molte mie amiche hanno avuto difficoltà svariate nel far accettare nuovi gatti a quelli presenti in casa. Non sono la sostituzione del grande Esserino ma sono due batuffoli nuovi coi quali condividere casa e tempo!
    Il racconto sul gatto mammone di Livorno mi ha riempito di nostalgia per i tempi in cui dante ci sfornava due novelle a settimana.
    Bravissima Zanza a restituirlo se non nello stesso stile almeno nello stesso dialetto.
    Bravi infine a Dani e Bob che han tenuto in piedi la baracca e promettono di allietarci ancora per tanto tempo.
    Vi abbraccio tutti includendo ovviamente Holly e Dante

    Patty

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  3. Non avevo dubbi che Balena si sarebbe lasciato conquistare dalle gemelline! Non si può resistere a due meravigliose tenerine come loro! È un'emozione vederli così!
    Figura strana quella del Gatto Mammone...non la conoscevo! Da piccola, i miei spauracchi erano il lupo cattivo, altrimenti detto "Babau", e l'uomo nero! Mi ha incuriosito davvero! E la Giulia del Pontino? Alla compagna di mio papà é stato spiegato come vedere se porti il malocchio, usando un piatto con dell'acqua e dell'olio. Ripetendo l'operazione tre volte di fila, lo toglie anche. È un metodo che passa di madre in figlia e solo in determinate occasioni. Grazie per questi doni letterari :)

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