martedì 25 aprile 2017

fatevi i gatti vostri n. 682 "Il Fantasma del Vicolo" audiolettura


 

Premessa: prima è comparso il raccontino in forma scritta con una mezza promessa di metterlo anche in audio. Dani m'aveva lasciato istruzioni chiare su come fare ma ci sono riuscito solo al terzo tentativo e dopo un giorno intero. La lettura è un po' scadente perche mi raspa la gola ma si dovrebbe potella capì
Dante.

Il fantasma del vicolo


Torno dall' aeroporto dove ho accompagnato Bobby, lui in Inghilterra continuerà a tornacci tutta la vita e, probabilmente, appena troverà n'ingresina 'olle zampe un po' meno diacce di vell'altre  ci s'accaserà. 

Peccato! Fossi stato io il regista dele sorti umane avrei messo Bobby co Zanzara e 'r Tafano co Dani, che poi so 4 ragazzi così belli che Hitlere n'avrebbe fatti studià da su dottori pe facci na razza nova. Bobby somiglia un po' a Dino quand'era giovane, alto magro, riservato ma sveglio quando serve e poi trovalo te oggi un ragazzo nteligente come lui che un se la tira per niente!
Dani è doventata no schianto di.... ragazza che a mandalla a giro sola c'è da avè paura. Dala parte di là ir Tafanino, se un si perdesse troppo ne tatuaggi, credo che ale donne ni potrebbe dà 'r numerino come danno ala mutua pe mettesi in fila. Zanzara è d'una bellezza particolarissima perchè e molto magra ma con du pormoni (sinonimo livornese di poppe) come la su mamma e la su nonna e poi cià 'n viso ovale abbronzato anche di Gennaio che sembra n'incrocio di cento razze che ognuna ci abbia messo dentro il meglio che aveva a disposizione. Così io e Holly si ridacchia e si commenta vedendoli. Zanzara come sa che c'è Bobby a Venezia piglia il treno anche se c'ha da fa più di quello che morì di notte e lasciò tutto da fa. Bobby però sembra un se n'accorga. Dani dal canto suo un gli poi rammentà Livorno che ti chiede di Riccardino. Io credo che Riccardino un' avvortolata gniene darebbe anche ma è sempre fidanzato e Dani non è una da na botta e via, specie se pe uno ci sente. Nzomma la speranza d'allargà famiglia evapora come l'acqua al foco quando ce la mette Dino che s'addormenta a guardalla fissa e si sveglia quando 'r tegamino puzza di acciaio fuso.
Così Holly è a casa che pulisce tutto perché a sentì lei erano mesi che non spolverava. Non è vero ma a lei serve un inputte tragico per affrontare le cose con la grinta da combattimento. Dani, Zanzara e Dino sono andati a Livorno 'n treno. S'aspettavano che andassi anch'io e dopo i revaivalse musicali e le sonate dal vivo, pareva che una tappa al Bar Nado fosse scontata. Invece 'n ce l'ho fatta. Più che s'avvicinava la partenza e più che mi pigliava un malessere allo stomaco. "Sarà 'r vino" dicevo ma lo sapevo che un era 'r vino, così ieri sera mentre programmavano la partenza pe oggi dopo pranzo n'ho fatto: "ragazzi io un vengo". Se a Dani e a Zanzara n'avessi dato un cazzotto 'n bocca credo n'avrebbe fatto meno male. E così loro due giù a tirammi pe la camicia e a dimmi tutti i programmi che avevano fatto e come la trasferta senza me sarebbe stata come na pastasciutta senza sugo, un biccchiere coll'acqua nvece der vino, un gatto Balena senz' appetito. Io mi lasciavo tirà ma più mi tiravano e più sentivo che non ne avevo voglia e meno male che ala fine Dino ha detto:" bimbe lasciatelo sta luilì! Io ne so quarcosa di quello che sente Dantino. Un è che non voglia venì ma non ha la disposizione d'animo adatta e da Nado un pole finge d'esse allegro se un se lo sente.
Io perché non me la senta non lo so. Sarà che quando vado laggiù mi pare di rivedecci 'r mi babbo e Don Luigi, sarà perché vedo la gente che invecchia a vista d'occhio sarà per qualche cazzo di motivo che non voglio ammette a me stesso ma ala fine so rimasto quassù e mi sento meglio così. Ora cosa c'entri con tutto questo il fantasma del vicolo. C'entra C'entra. "A voglia se c'entra!" come disse la meglio topa di Madam Sitrì (noto casino) a un esagerato di Shangai (noto quartiere di Livorno) che decantava d' avere un "problema" tanto grosso che ni sortiva dal collo dela camicia.
E c'entra davvero il fantasma del vicolo. Il vicolo tanto pe cominciare non è una di quelle viuzze di Livorno vicino agli scali o alla Venezia ma è un vicolo di Monterey in California. Si chiama Cannery Lane e lo conobbi per caso alla fine del Liceo grazie alla penna di uno scrittore che fino ad allora avevo letto ma senza troppi entusismi.
Lo scrittore era John Steinbeck e il libro si chiamava Vicolo Cannery nella traduzione italiana. Io lo comprai all' edicola della stazione di Livorno  il 29 luglio del 1973
Avevo diciannovanni compiuti la mattina stessa. La maturità l'avevo data pel rotto dela cuffia il 22 quando a dare l'orali mi ciaveva tirato Dino pel colletto perché io m'ero innamorato d'una che si bucava e passavo giorno e notte a stagli dietro con progetti sadoumanistici che prevedevano la su redenzione e il vivere da figli de fiori in giro per il mondo. Il 18 di luglio seppi dal mi babbo che leilì c'aveva rubato in casa, mancavano i soldi dela rata dela televisione e i pochi ori dar cassetto dela mi mamma. Il mi babbo un mi rimproverò, mi dette un fogliolino colla lista di quello che mancava e aggiunse: " è meglio che te li faccia rende te perché se mi movo io e la trovo con chi m'immagino succede un casino e un posso permettemelo, lavoro solo io qui 'n casa. La trovai dal solito ricettatore e a tempo perso ricattatore, che raccattava tutto quello che i tossici raspavano qua e là. Tanto pe fammi convince meglio der fatto che avevo preso una bella cantonata, la trovai  mezza gnuda che si sbaciucchiava con quell'attrezzo lì, un omo viscido e orrendo che le puttane del porto  lo facevano pagà doppio. A lei un gli dissi niente ma mi feci dà tutti i soldi che aveva 'n tasca. A lui ni piantai du diretti ner muso e l'ori li ripresi da me. Ar mi babbo resi le trentamila lire dela televisione  e altre 120 pe le 4 rate dopo. Ala mi mamma ni ridetti l'ori. Poi  siccome pe soldi in più insistevano che li portassi ai carabinieri ni dissi: va bene. Ma me li misi in tasca e presi una di quelle briacature che per tre giorni sbagliai l'alba pel crepuscolo e la luna pel sole. Ai mia n'avevo detto che andavo con Dino 3 giorni a Follonica dala mi zia pe riprendemi un po' e studiare pegli esami. Dino mi tenne la parte e visto che abitava dirimpetto a me andò a dormire da Don Luigi cola promessa che un dicesse niente al mi babbo, pel suo un c'erano problemi perché era imbarcato. Quando Dino venne a ripescammi a Calafuria i fumi dell'alcole m'erano un po' svaniti e alla fine andai agli orali.
 Avevo fatto deli scritti sottotono e m'ero salvato colla versione di greco che finii in 12 minuti senza nemmeno rileggela. Agli orali mi difesi ma solo dialetticamente perché come scavavano un po' si vedeva chiaro che un avevo studiato na sega nulla. Dino avrebbe potuto fa un po' meglio ma disse al professore di filosofia che un filosofo non po' essere di parte e per peggiorare la sua posizione dimostrò con lucide e sprezzanti argomentazioni che il professore medesimo, nonostante fosse un fervente comunista, quanto alle teorie economiche di  Marxe aveva poche idee e confuse.
Indecisi su cosa fare all' università si pensò bene di trovare un lavoro per raccattare soldi almeno pell'acquisto dei libri e per prendere un buco in affitto a Firenze perchè noi su una cosa s'avevano l'idee chiare, A Pisa all'università un ci si sarebbe andati nemmeno morti.
Divisi tra me e Dino le centomila lire rimaste (n'avevo bevute venti e a quell'epoca con ventimila lire c'entravano almeno dieci bottiglie di whisky bono  oopure  una ventina  di velle di  cognacche tre stelle Bertocchini, quelloche i portuali ci si  imbenzinavano la mattina alle 5.
Mentre Dino oziava tra una scatola di sigari e l'altra io buttai l'occhi su libri e vidi sto volumetto sì proprio questo stesso  che da qualche giorno sto rileggendoe che mi ributta ndietro nell'anni.



Il riassunto non ve lo fo. Se qualcuno lo vole glielo mando in formato elettronico ma per me queste dugento o poco più pagine sono una sorta di elemento catartico.
Lo sfoglio rivedo i personaggi picareschi, rivedo anche me che lo leggo mentre troncato dalla fatica sto sdraiato a letto in una lurida pensione  dopo una giornata con Dino  a scaricare al porto di Genova. S'era trovato lavoro lì come aiutanti facchini, da non confondere con i camalli geneovesi, una potente e ricca corporazione di scaricatori. Noi si portava le peggio cose, acidi che ti bruciavano le dita gocciolando dai fusti, bitume che pesava 80 chili a confezione e se ti cascava su un piede restavi zoppo a vita. Si stava bene, si rideva, s'andava a vedere dov'era la Via del Campo cantata da Fabrizio De Andrè, si occhieggiavano le puttane ma senza andacci perché di topa s'era fatta l'indigestione, si beveva a sciacquabudella e pareva che i nostri corpi fossero inossidabili. S'era giovani. Nele pagine, a lato secondo una mia abitudine presa su libri di scuola, 
avevo scritto cor un lapisse pe non sciupallo, varie annotazioni ve le risparmio,metto solo quella  dell' ultima pagina vicino alle note relative alla stampa (si legge ancora luglio 73) "Bello! Pare d'esse al Bar Nado!"
 Spero di non avervi annoiato. Se mi dovesse venì l'ispirazione lo metterò in versione audio ma non posso fa una promessa vera e propria.
Un abbraccio a tutti i cari amici che ci leggano

Dante

2 commenti:

  1. Bello Dante! Ci è piaciuto un sacco! Pubblicane ancora! Un abbraccio Patty.
    Delle storie di Dante, siano esse vicende vissute o fiction amo il realismo. Un esempio: uno scrittorello dei nostri tempi avrebbe detto che le prostitute avevano ribrezzo per il ricettatore-ricattatore. Dante incornicia i personaggi per quali sono. In un mondo dove l'esistenza ruota intorno al denaro le puttane manifestano il disprezzo per il loso tipo facendogli pagare il doppio. Roba da professionisti!
    Un caro saluto, V aspettiamo a Roma, Tu e Dino, per una collegiale bevuta
    Valerio
    (ex bloggers: erprencentrence)

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  2. Allora. Ho letto con immenso piacere ma anche con grande fatica, chè i miei occhi peggiorano. Ora avevo acceso il pc per lasciare un commneto evdo che c'è l'audio. Lo ascolterò stasera, devo correre a scuola. Quel periodo che racconti, Dante, l'ho vissuto anche io. Non ho avuto morosi che si facevano ma quasi. Quando iniziò a bucarsi la mia migliore amica ci furono grandi liti, poi capii che dannarmi l'anima era inutile e mi allontanai proprio dalla compagnia, dove in tanti avevano preso quella strada. Se io non la presi fu, credo, questione di fortuna, fu il caso a non volere che mi trovassi in un determinato posto, un determinato giorno e basta. Scamapato pericolo. Grazie di questi regali che ci fai, Dante, non sai quanto ioli apprezzi. Buona giornata.

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